Tolleranza zero. È lo slogan che negli anni scorsi abbiamo sentito ripetere sui casi di abusi pedofili all’interno della Chiesa. Uno slogan dietro cui, come varie vicende hanno evidenziato, spesso la realtà è diversa.
Tre anni fa il primo report della CEI fu oggetto di pesanti critiche e la realtà dietro il paravento delle apparenze fu smontato da Rete L’Abuso, Coordinamento ItalyChurchToo e alcune inchieste giornalistiche indipendenti.
In questa videointervista Federica Tourn decostruì e analizzò le strutture di potere, patriarcali e clericali, di questa strutturale e sistemica violenza rappresentata dagli abusi sessuali nella Chiesa, l’omertà e come vengono letteralmente nascosti e inabissati ogni anno migliaia e migliaia di abusi in quel che è stato definito un clericale «clan di soli uomini». Clan e omertà, parole che rimandano alle mafie, alle strutture criminali organizzate. E un sacerdote, ci racconta Federica nella videointervista, una volta le espresse un paragone affermando che «non è che possiamo chiedere alla mafia di giudicare sé stessa».
Il “Rapporto annuale sulle politiche e procedure della Chiesa”, relativo all’anno 2024, della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori ha sollevato molte critiche e indicato svariate azioni che mancano nelle Diocesi e all’interno della CEI. Colpisce, tra i dati, la totale assenza di dialogo con la Commissione e di interventi da parte di molte Diocesi.
Rete L’Abuso lo scorso 23 ottobre ha diffuso il secondo Report, inviato per conoscenza a tutti i Garanti regionali per l’infanzia. In questi giorni stiamo ripubblicando a capitoli il report. Dopo aver riportato i dati di Abruzzo, Molise e delle altre regioni in quest’articolo riproponiamo il confronto tra i dati della stessa CEI e quelli di Rete L’Abuso e l’analisi della situazione elaborata da Francesco Zanardi, fondatore e presidente di Rete L’Abuso.
Dato dichiarato dalla Conferenza Episcopale Italiana, cronologicamente coincidente al nostro, a partire dall’anno 2000.
- Il 25/5/2010 Monsignor Mariano Crociata (Segretario Generale della Conferenza Episcopale) dichiarò 100 processi canonici avviati in dieci anni. Ignoto il numero di sopravvissuti prodotti.
- Il 3/2/2022 la Diocesi di Bolzano dichiarerà altri 100 casi censiti nella sola Diocesi. Ignoto il numero di sopravvissuti prodotti.
- Il 28/5/2022 è il neo eletto Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il Cardinale Matteo Maria Zuppi, ad annunciare e rivelare in una conferenza stampa, l’avvio di una commissione d’inchiesta della Chiesa che analizzerà un arco temporale che va dal 2000 al 2022. In quella occasione dichiarerà 613 casi dal 2010, già in mano alla Congregazione per la Dottrina della Fede (oggi Dicastero). Ignoto il numero di sopravvissuti prodotti.
- Il 17/11/2022, in attesa della Commissione annunciata dal Presidente Zuppi, la Conferenza Episcopale rilascerà il 1° report CEI che censirà nei due anni precedenti, un totale di 68 casi e un prodotto di 89 sopravvissuti di cui; 73 minorenni e 16 adulti vulnerabili. Di questi 37 sono donne e 52 uomini.
- Il 16/11/2023 verrà reso noto il 2° Report CEI riferito all’anno 2022 che conterà 32 casi e un prodotto di 54 sopravvissuti di cui, 25 sono minorenni, 29 adulti vulnerabili. Le donne sono 44 e gli uomini 10.
- Il 20/1/2025 la Diocesi di Bozano rilascia un secondo report riguardante la sola Diocesi che conterà questa volta altri 67 casi con un prodotto di 75 sopravvissuti. Di questi 51 minorenni, 24 adulti vulnerabili di cui 51 sono le donne e 24 gli uomini.
- Il 28/5/2025 verrà reso noto il 3° report CEI che raccoglierà i dati del 2023 e del 2024 provenienti questa volta, dagli sportelli diocesani. I casi sono 69 con un prodotto di 115 sopravvissuti. Di questi sono 35 i minorenni, 51 sono donne e 64 uomini.
(Trovate il dato completo e tutti i dettagli QUI )
Un totale di 1.049 casi dichiarati dalla CEI, conto i 1.106 censiti dall’Osservatorio della Rete L’ABUSO, un disavanzo di soli 56 casi, verosimile tenendo conto che come dichiarato dalla stessa CEI, dal 2022 hanno tenuto conto solo dei casi denunciati agli Sportelli diocesani, escludendo quelli denunciati all’Autorità Giudiziaria italiana e alle Associazioni.
La CEI inoltre sottolinea, che NON passerà i nominativi dei casi denunciati agli sportelli, all’Autorità Giudiziaria italiana. Questo malgrado gli ancora odierni autoacclamati appelli di trasparenza; l’apertura degli archivi voluta da Papa Francesco; la così detta “facoltà morale” della chiesa a denunciare. Nel dato CEI risulta assente il numero delle vittime prodotte dal 2000 fino al primo report del 2022, che in questo caso abbiamo stabilito con il massimo ribasso, una ogni caso per un totale di 1.146 sopravvissuti. Dato che comprende anche i sopravvissuti dichiarati nei tre report della CEI e quello dichiarato dalla sola diocesi di Bolzano.
Ma questa non è l’unica carenza nei dati che dichiara CEI
Nei tre report infatti non è circostanziato il nome dell’offender o presunto tale, la diocesi dove i crimini sarebbero stati commessi, dove la chiesa lo abbia reintegrato, se sia stato ridotto allo stato laicale o invece riabilitato e nel caso, quali le cure per poter garantire che la sua reintegrazione non vada incontro alla recidività.
Per i sopravvissuti invece, non è noto il sostegno ricevuto, quale assistenza medica o psicologica sia stata loro offerta, se siano state indennizzate come hanno fatto le altre conferenze episcopale e via dicendo.
Nella fumosità del dato CEI è impossibile reperire persino da quali Sportelli diocesani provengano i dati esposti nei tre report. Dati che negli anni sono andati tuttavia pari passo con quelli pubblicamente esposti o dichiarati dall’Associazione e di ciò, onestamente, non sappiamo se compiacerci per quanto siamo stati attenti, o farci sorgere qualche ragionevole dubbio sull’analogia.
Completamente scomparsi i 613 casi che l’annunciata Commissione della CEI (mai realizzata e di cui non si ha più notizia) avrebbe dovuto analizzare unitamente a quelli raccolti dagli sportelli diocesani.
La “Tolleranza ZERO”
Tornando ai dati censiti dall’Osservatorio della Rete L’ABUSO, l’ultima analisi che potremmo dire provenga “direttamente dalla bocca degli stessi sopravvissuti”, riguardante gli effettivi progressi in materia di prevenzione e sostegno ottenuti in più di un decennio di “Tolleranza ZERO”. Quale è l’apprezzamento da parte dei sopravvissuti su quanto CEI ha realizzato oltre gli sportelli diocesani, il sostegno che hanno ricevuto, l’effettiva applicazione di tutte quelle norme vaticane a detta della CEI e dei media “risolutive”, introdotte nel pontificato di Francesco.
In Italia le Diocesi sono 226, di queste 130 hanno attivato al loro interno quanto prevede “La via italiana”, avviata dal Cardinale Matteo Maria Zuppi, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana CEI. Per esattezza parliamo in realtà di 103 sportelli per 130 diocesi, il 58%.
Dei 1.049 casi, comprendenti oltre il pregresso anche il dato dei 3 report CEI, non un solo caso risulta esser stato denunciato dall’Autorità Ecclesiastica, all’Autorità Giudiziaria italiana.
Dei casi trattati, soli 76 registrano l’avvio di un processo presso il Tribunale canonico, per 59 invece non c’è stato alcun processo in sede canonica, mentre per gli altri 971 non ci sono notizie.
(Trovate il dato completo e tutti i dettagli QUI )
Dei 1.106 casi censiti dall’Associazione di cui risultano 76 processi avviati dalla giustizia canonica, 17 si sono conclusi con una temporanea sospensione, in 7 casi invece i sacerdoti sono stati spostati impuniti in altra parrocchia, ne sono invece stati ridotti allo stato laicale o hanno presentato spontanee dimissioni 18 sacerdoti, in 5 casi il sacerdote si è suicidato mentre per i restanti 1.056 casi, non risulta avviato nessun procedimento a carico.
Risultano anche 44, tra vescovi e cardinali sul solo suolo italiano, che negli anni in analisi – stando prima alla “facoltà morale”, poi al Motu proprio Vos estis lux mundi – a risultare aver dichiarato o aver omesso ai propri doveri canonici e morali.
(Trovate il dato completo e tutti i dettagli QUI )
Sul versante delle 4.621 vittime sopravvissute di cui 2.414 sono nella disponibilità dell’associazione, da quanto noto, 2 hanno ottenuto giustizia canonica, soltanto 1 è stato risarcito spontaneamente dalla chiesa, mentre in tutti i restanti casi, quando c’è stato un indennizzo, questo è arrivato dalla Giustizia italiana.
Nessuna avrebbe ricevuto alcun sostegno medico o psicologico adeguato, mentre in 15 casi la chiesa avrebbe stipulato con la vittima, accordi con il vincolo della riservatezza, obbligandola al silenzio. Si tratta di 25.000€ (in genere) elargiti come “aiuto alla vittima”, omettendo dall’accordo il motivo reale, in tutti i casi vincolando la stessa vittima a non poter rendere pubblico l’accordo, l’abusatore o rivalersi per quanto subito.
Per i rimanenti sopravvissuti nulla.
Contrariamente alle vittime, sul solo suolo italiano risultano ben 22 strutture terapeutiche per i sacerdoti.
Nessuna di queste è destinata ai loro sopravvissuti.
(Trovate il dato completo e tutti i dettagli QUI )
Nell’ottica della chiesa, la campagna di “Tolleranza ZERO” è stata proposta come preventiva per il futuro, riparativa per chi oramai sopravvissuto, di rassicurante trasparenza verso i fedeli, protettiva nella Giustizia Canonica e nella collaborazione con la Giustizia italiana.
A rafforzare ulteriormente il tutto, “La via italiana” della CEI con l’apertura dei così detti “sportelli diocesani per le vittime” e l’annuncio di una Commissione d’inchiesta comprendente 613 casi nelle mani della CDF.
A contornare tutto l’umiltà di queste parole; “Ci prenderemo le botte che dobbiamo prenderci e anche le nostre responsabilità.”
(Card. Matteo Maria Zuppi – 28 maggio 2022)
Ma alla fine le botte, chi le ha prese? E le responsabilità, chi se le è assunte?
Guardando le cifre, 1.106 casi da noi censiti, risultano processati in sede canonica soltanto 76 casi di cui; 17 sanzionati con una temporanea sospensione; 7 di questi invece sono stati trasferiti ad altra parrocchia quasi sempre all’insaputa dei fedeli che nei pochi casi emersi si sono opposti, come accaduto recentemente per don Giorgio Carli della Diocesi di Bolzano.
In 18 casi si è giunti alla riduzione allo stato laicale, senza però denunciare all’Autorità Giudiziaria italiana, riducendo tecnicamente il tutto ad un offender che prima era prete, a un offender ora laico, impunito e libero di poter continuare a predare, all’insaputa di tutti.
In 5 casi il sacerdote si è suicidato, per i restanti 1.056 casi non è noto alcun provvedimento a loro carico.
Dal lato dei sopravvissuti il Grande BLUFF che li rende per la seconda volta vittime, questa volta però della chiesa che le ha usate ancora una volta per mera propaganda, facendo credere alla società di essersi attivata in loro soccorso, attraverso leggi della chiesa che le avrebbero risarcite quanto meno sotto l’aspetto umano e morale, sportelli proprio per le vittime, che sorge il dubbio essere più utili alla chiesa, che in quella sede, acquisisce informazioni che come abbiamo visto poi gestisce internamente, per tutelare se stessa e non per fare prevenzione o dare sostegno concreto ai sopravvissuti.
Molti di questi infatti, delusi arrivano in ultima istanza a chiedere aiuto all’Associazione.
…E anche qui i numeri purtroppo confermano.
Infatti, delle 2.414 che sono nella disponibilità dell’Associazione, risulta che solo 2 hanno ottenuto giustizia canonica e solamente 1 sia stata risarcita. Un caso che risale a ben 20 anni fa, è quello di Marco Marchese (Diocesi Agrigento) che si è concluso proprio con un accordo tra le parti con il vincolo della riservatezza.
A tal proposito si registrano 15 casi di Accordi tra le parti con il vincolo della riservatezza.
Tuttavia, stando all’iniziale preoccupazione del Cardinale Zuppi direi che “grazie a Dio” la CEI non si è fatta un solo graffio rispetto alle botte previste.
Doverosa anche un’ultima riflessione sull’efficacia della Giustizia Italiana.
Anch’essa, se pur molto più efficiente di quella canonica, vede sole 155 condanne definitive su 1.106 casi noti. Questo non per colpa della Magistratura che di fatto ha il limite di applicare le leggi e qui, abbiamo una serie di vuoti legislativi che rendono estremamente difficoltosa la giustizia stessa; la prevenzione e la stessa segnalazione preventiva “nell’interesse superiore del minore”, praticamente inesistente; la possibilità per lo stesso sopravvissuto di denunciare entro i limiti della prescrizione, dal 2012 modificati da 10 anni ai 20 anni attuali, tuttavia ancora insufficienti in quanto statisticamente, la media degli anni necessari ad una vittima per maturare il trauma, esternarlo e riuscire a denuncialo, è di 25 – 30 anni.
L’Osservatorio permanente – Rete L’ABUSO Francesco Zanardi




