L’Italia ferita dall’assenza di valori e dal silenzio delle istituzioni
Mala tempora currunt, sì. E non è una frase ad effetto, ma il ritratto fedele di un Paese che ha smarrito il proprio orizzonte etico, pubblico e privato, fino a trasformare la quotidianità in un territorio dove la bussola morale sembra essersi rotta da tempo.
La radice di questo lento tramonto affonda in un male antichissimo, ma oggi diventato pandemia sociale: la povertà educativa, la povertà affettiva. Due fratture profonde che attraversano soprattutto le nuove generazioni e che cominciano nelle famiglie, per poi esplodere nella scuola. Crescere senza riferimenti, senza figure adulte solide, senza un sistema di valori chiaro significa camminare senza rete in un mondo che ti chiede tutto e subito, mentre ti spinge a desiderare non ciò che sei ma ciò che possiedi.
È qui che il desiderio si trasforma in bramosia: dei beni, delle persone, perfino delle relazioni.
Criminalità minorile e adulti deviati: una spirale che contagia
La conseguenza è sotto gli occhi di chiunque voglia vederla: una criminalità minorile in aumento, aggressiva, sfrontata, imitativa. Giovani che assorbono i modelli peggiori non solo dalle organizzazioni criminali, ma anche — e qui fa male dirlo, ma bisogna farlo — dal mondo degli adulti, inclusi politica, imprese, pubblica amministrazione.
I quartieri abbandonati, quelli storicamente dimenticati, diventano incubatoi di devianza: lì dove lo Stato è assente, lo Stato parallelo prospera. E a molti minori viene negato perfino il diritto all’educazione, base minima per sperare in una vita diversa.
La deprivazione psicologica produce frustrazione, rabbia, desiderio di rivalsa. E quella sensazione dolciastra di impunità alimenta la convinzione che tutto sia possibile, anche delinquere.
Politica, professioni, affari: gli adulti che danno il cattivo esempio
E poi ci sono loro: gli amministratori della “res publica”, coloro che dovrebbero essere fari, esempi, guide. Sempre più numerosi, invece, sono quelli che partecipano al grande gioco della distorsione delle regole. Trasferimenti illeciti di ricchezza dal pubblico al privato, favori, corsie preferenziali, clientele.
Urbanistica, lavori pubblici, contributi, forniture, contratti, appalti, concorsi: è lungo l’elenco dei settori in cui la torsione delle regole è diventata la norma. Una normalità tossica, capace di contagiare la società intera. Un sistema delle illegalità talmente pervasivo da infiltrarsi nelle coscienze più fragili e condizionare anche quelle che fragili non erano.
L’Italia nella città dolente: l’immagine dantesca che calza alla perfezione
All’ingresso dell’Inferno, Dante scriveva:
“Per me si va nella città dolente… lasciate ogni speranza voi che entrate.”
Mai metafora fu più adatta al nostro Paese di oggi. Una nazione dove, troppo spesso, la speranza sembra un lusso e il futuro una strada chiusa.
Ma non si può — non si deve — indulgere nella rassegnazione. Perché ogni epoca buia ha le sue crepe, e da quelle crepe passa la luce. La consapevolezza, la denuncia, il rifiuto del silenzio sono ancora armi potenti. E sì, nonostante tutto, esiste ancora una speranza capace di opporsi al declino morale, di ricostruire ciò che è stato demolito, di restituire dignità ai luoghi e alle persone.
La speranza non è ottimismo ingenuo: è resistenza. È credere che si possa invertire la rotta. È l’urgenza di ricominciare a parlare di valori, responsabilità, giustizia, educazione.
Perché è da lì che rinascono i Paesi. Sempre.
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