Questo non è un commento esterno, né un’analisi accademica. È la testimonianza diretta di un partecipante al concorso PNRR3 per la scuola, una di quelle migliaia di persone che hanno affrontato il percorso selettivo con una vocazione sincera, con anni di studio alle spalle e con la determinazione di chi ancora crede nella scuola pubblica e nel valore del merito.
E ciò che emerge da questa voce interna è un grido lucido, durissimo, profondamente umano: il concorso PNRR3, così come è stato gestito, ha scoraggiato un’intera generazione di aspiranti docenti.
Un viaggio di sacrifici che si è trasformato in un calvario
Chi parla non è un osservatore, ma qualcuno che ha vissuto ogni tappa sulla propria pelle. Un candidato che, come tanti altri, ha percorso centinaia di chilometri, ha lasciato la propria regione, ha affrontato spese importanti per presentarsi alla prova nella propria classe di concorso. Un viaggio carico di speranza, di fiducia, di sogni accumulati nel tempo. Un viaggio che avrebbe dovuto portare verso un futuro professionale, e che invece ha aperto le porte a un labirinto di disorganizzazione e frustrazione.
Il racconto è chiarissimo: i quesiti della prova scritta erano mal formulati, pieni di errori grammaticali. Una situazione che ha lasciato i candidati interdetti e indignati.
Come valutare seriamente la preparazione dei futuri docenti con strumenti tanto approssimativi?
Come pretendere eccellenza da chi viene valutato se chi valuta non mostra la stessa cura?
Domande che bruciano, perché nascono dalla voce di chi c’era.
La domanda che resta sospesa: così vogliamo selezionare i docenti di domani?
Se un concorso gestito in questo modo diventa la norma, chi avrà il coraggio di rimettersi in gioco? Quanti sogni verranno bruciati nei meccanismi della burocrazia? Il partecipante che ci consegna questa testimonianza non parla solo per sé: parla per un’intera comunità di aspiranti docenti.
E la testimonianza ce lo ricorda con forza: dietro una persona esclusa non c’è un numero, ma una vita.
Ci sono anni di studio. Stipendi investiti in manuali, corsi, spostamenti. Famiglie che hanno sostenuto, incoraggiato, aspettato. Notti di ansia. Mattine di speranza. E c’è soprattutto una passione profonda per l’insegnamento, che non è mai stata in discussione.
Il racconto di un partecipante al concorso PNRR3 scuote, smuove. E obbliga a una riflessione urgente: la scuola italiana non può permettersi di perdere persone così. Non può accettare che un sistema contraddittorio tagli fuori professionisti che avrebbero potuto cambiare la vita degli studenti. Serve una riforma vera. Serve trasparenza. Serve rispetto. Serve un reclutamento che valorizzi davvero il merito.
Perché di una cosa siamo certi: se le istituzioni continuano a deludere queste persone, a pagarne il prezzo sarà il futuro della scuola stessa.




