C’è una frase che Luigi De Magistris ripete da trent’anni, come una promessa fatta a sé stesso più che agli altri: “Prima la legge e la Costituzione, mai la paura e il conformismo”.
Oggi quella frase torna a risuonare davanti al procedimento n. 110, l’ennesimo fascicolo aperto – dice l’ex sindaco – in una vita passata “a difendermi per aver fatto il mio dovere”.
È una storia lunga, iniziata nel 1995, quando indossò la toga di pubblico ministero. Da allora, racconta, non ha mai smesso di trovarsi sotto attacco per aver toccato fili scoperti, per aver agito “secondo coscienza e nell’interesse pubblico”.
Oggi la contestazione arriva dalla Procura regionale della Corte dei Conti: l’accusa riguarda il tentativo – giudicato dalla magistratura contabile come potenzialmente non possibile – di salvare CTP, l’azienda della mobilità dell’ex Provincia di Napoli.
“Ho salvato aziende, non le ho fatte fallire”
Nel suo lungo intervento, De Magistris ripercorre gli anni più duri della sua amministrazione a Napoli:
– il 2011, quando arrivò a Palazzo San Giacomo trovando “zero euro in cassa”;
– le aziende partecipate sull’orlo del fallimento;
– l’emergenza rifiuti che soffocava la città;
– la necessità di reperire fondi, investire, ricostruire da capo.
Rivendica di non aver scelto la via più semplice: “Sarebbe stato facile dichiarare il dissesto, nessuno mi avrebbe accusato”.
E invece no: la sua strada fu la più impervia, quella dell’intervento pubblico, del risanamento, della messa in sicurezza dei conti, del salvataggio dei posti di lavoro.
È questo il passaggio più politico, più personale, quasi lirico:
“Abbiamo salvato migliaia di famiglie dal baratro. Senza quelle azioni coraggiose non avremmo risolto l’emergenza rifiuti, né acquistato i nuovi treni della metropolitana.”
E non è solo storia del Comune: anche in Città Metropolitana, a suo dire, la linea fu identica.
Il caso CTP: la battaglia mancata
La vicenda CTP è il cuore del nuovo procedimento.
Si stava arrivando – sostiene De Magistris – a un salvataggio possibile, sostenuto da:
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direttore generale
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segretario generale
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ragioniere capo
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dirigenti competenti
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revisori dei conti
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intero Consiglio metropolitano, trasversalmente politico
“Dovevo forse ignorare tutti questi pareri e far fallire un’azienda pubblica?”, domanda.
Poi la parte amara: il suo mandato termina, subentra la nuova amministrazione, la Regione Campania e la scelta cambia rotta: privatizzazione, stop alla messa in sicurezza.
È lì che – secondo la Procura contabile – si configura il problema.
Ed è lì che De Magistris ribatte con forza: “Agire per salvare un’azienda pubblica può essere considerata un’illegittimità?”
“In un Paese di predatori di Stato, si processa chi difende il bene comune?”
Il passaggio più politico del testo è un pugno nello stomaco, un grido trattenuto per troppi anni:
“In un Paese dilaniato da predatori di Stato, corruzioni e mafie istituzionali, come è possibile che chi ha agito sempre per il bene comune sia costretto a difendersi per tutta la vita?”
Qui De Magistris torna uomo oltre che ex magistrato ed ex sindaco:
– ricorda il suo stipendio “più basso d’Italia”,
– il conto corrente con “poche centinaia di euro”,
– il suo rifiuto di cedere alle convenienze politiche.
C’è un tono poetico, quasi tragico, un senso di solitudine civica che però non sfocia mai nella resa.
“Sono amareggiato, ma non mollo: la mia fiducia nelle istituzioni resta”
L’ultima parte del suo intervento è una dichiarazione di guerra, ma anche un atto d’amore verso lo Stato che rivendica di aver sempre servito.
Nonostante l’amarezza, nonostante l’ennesimo procedimento, De Magistris afferma:
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di avere piena fiducia nella magistratura
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di voler affrontare il processo con la consueta determinazione
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di non aver alcuna intenzione di cambiare il proprio modo di agire
Un finale che sembra scolpito più che scritto:
“Anche in questo procedimento verrà dimostrata la totale correttezza formale e sostanziale del mio operato.”
Il caso CTP non è solo un fascicolo contabile.
È un nuovo capitolo del rapporto tormentato tra Luigi De Magistris e il sistema istituzionale che – a suo dire – non ha mai digerito fino in fondo la sua autonomia.
È una storia che intreccia politica, legalità, amministrazione pubblica, responsabilità contabile e coscienza civile.
E, mentre il procedimento n. 110 muove i suoi primi passi, De Magistris rilancia ancora una volta il suo messaggio:
“Non arretrerò mai dalla Costituzione. Mai.”




