Non è una rissa. Non è un “momento di tensione”. È un’aggressione in tre contro uno, avvenuta durante l’aria, dentro un istituto che dovrebbe reggere proprio quando la pressione sale. All’Istituto Penale per i Minorenni di L’Aquila un poliziotto penitenziario è stato aggredito fisicamente da tre detenuti. Dopo l’episodio, l’agente ha dovuto ricorrere al nosocomio locale per cure e accertamenti: la prognosi è di 15 giorni.
A darne notizia sono Giuseppe Merola e Mauro Nardella, Segretari Nazionali FSA CNPP-SPP, che esprimono solidarietà al collega e una condanna netta per quanto accaduto. Ma soprattutto mettono l’episodio in fila con un quadro più ampio: quello di un sistema minorile che, dicono, sta diventando più affollato, più fragile e più rischioso.
Un’aggressione durante l’aria: quando salta la “normalità”
Il punto è proprio questo: l’aria non è un reparto di isolamento, non è una perquisizione, non è una traduzione. È un momento ordinario. Se lì esplode la violenza, significa che l’ordinario non regge più.
E quando la “normalità” si spezza, a pagare per primo è chi garantisce la sicurezza con organici e strumenti spesso al limite.
Il contesto: istituti minorili in crescita e più custodia cautelare
Nei giorni scorsi, al Comune di L’Aquila, i sindacati sono stati ascoltati in terza commissione consiliare. La FSA CNPP-SPP ha descritto un quadro nazionale “in costante peggioramento”, richiamando i dati dell’associazione Antigone: al 15 gennaio 2024 negli IPM italiani erano presenti 496 ragazzi (minori e giovani adulti), di cui 254 stranieri. Il trend è in crescita per il secondo anno consecutivo, dopo una fase lunga in cui il ruolo degli IPM si era ridotto.
Nel quadro richiamato dal sindacato emergono anche altri elementi critici: aumento dei minorenni (57,7% del totale); crescita dei detenuti in custodia cautelare (68,5%), con punte dell’88,8% tra i minori; incremento degli ingressi per violazioni della normativa sugli stupefacenti (+37,4% in un anno); un trend che, secondo la FSA CNPP-SPP, sarebbe stato ulteriormente rafforzato dalle misure del decreto Caivano.
Tradotto: più ingressi, più precarietà giuridica, più instabilità emotiva, più pressione sul personale. E il rischio che la custodia diventi soltanto “contenimento”, senza il tempo e gli strumenti per essere davvero recupero.
Le criticità dell’IPM di L’Aquila: risorse, organici, logistica
Il caso dell’IPM aquilano viene indicato come uno dei punti caldi. In sede istituzionale sono state evidenziate criticità organizzative e logistiche e soprattutto problemi di risorse organiche. Anche la consigliera Stefania Pezzopane avrebbe richiamato queste difficoltà nel corso dei lavori.
Merola e Nardella ribadiscono una linea già nota: disponibilità alla collaborazione, ma senza più rinvii. “Continueremo ad offrire la nostra contraddistinta collaborazione istituzionale – sottolineano – ma chiediamo ogni intervento urgente a tutela della comunità penitenziaria aquilana”.
Il punto: sicurezza e rieducazione non sono nemiche, ma senza personale vincono i muri
Qui non è questione di slogan. Un carcere minorile non si governa con le frasi fatte né con l’illusione che basti “inasprire” per far sparire i problemi. La sicurezza è la base minima. Se manca, il resto diventa letteratura: saltano le attività, si taglia la relazione educativa, crescono frustrazione e conflitto. E a quel punto comandano solo i muri.
L’aggressione di L’Aquila è un fatto preciso, con conseguenze concrete su un lavoratore. Ma è anche un segnale: quando la macchina è tirata al massimo, basta un attimo per rompere tutto.





