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L’evoluzione delle Mafie

La relazione della Direzione Investigativa antimafia del secondo semestre del 2023

by Antonino Schilirò
11 Gennaio 2025
in Mafie
Reading Time: 5 mins read
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Le organizzazioni mafiose hanno da tempo trasformato i propri tratti distintivi adattando, ai mutamenti sociali, nuovi modus operandi criminali mediante competenze più razionate, ma sempre finalizzate al controllo del territorio.

Se da un lato i sodalizi hanno mostrato la tendenza a rinunciare, se non in casi strettamente necessari, all’utilizzo della forza di intimidazione intesa come manifestazione di violenza, dall’altro si è assistito all’evoluzione della strategia mafiosa verso contesti economico-imprenditoriali, specie nei territori caratterizzati da un tessuto imprenditoriale fortemente sviluppato, avvalendosi sempre più spesso di compiacenti professionisti finanziari e tributari.

In questo senso l’infiltrazione silente dell’economia da parte dei sodalizi ha come scopo anche quello del controllo dei settori economici più redditizi al fine di facilitare le attività di riciclaggio dei capitali illeciti e al contempo aumentare, in un circolo vizioso, le possibilità di incrementare i profitti derivanti dai canali legali dei mercati. L’interesse delle mafie si rivolge principalmente all’aggiudicazione di appalti pubblici e privati, subappalti, forniture di beni e servizi vari, talvolta mediante l’avvicinamento di funzionari infedeli della Pubblica amministrazione sensibili alle proposte corruttive, soprattutto in un contesto di crescita economica. Sotto questa prospettiva, l’attuale quadro economico positivo rappresenta per i sodalizi mafiosi un ulteriore fattore attrattivo.

Andando ai numeri negli appalti pubblici nel secondo semestre del 2023 la DIA ha svolto approfondimenti specifici sull’esecuzione diretta dei lavori pubblici e sulle diverse attività collegate, concludendo 797 monitoraggi nei confronti di altrettante imprese, effettuando 7.837 approfondimenti sulle persone fisiche collegate, a vario titolo, alle suddette imprese.

Per quanto riguarda le richieste di verifiche antimafia pervenute dalla struttura per la prevenzione antimafia del Ministero dell’Interno, ha proseguito nell’esecuzione degli approfondimenti funzionali all’iscrizione nell’Anagrafe antimafia degli esecutori degli operatori economici interessati alla realizzazione di interventi cd “post sisma 2016“, con 4.560 accertamenti antimafia a carico di 5.581 imprese e di 23.694 persone fisiche ad esse collegate a vario titolo. Una componente essenziale del sistema di sorveglianza antimafia per gli appalti sono i Gruppi Interforze, presieduti e coordinati dalle Prefetture e in cui la DIA svolge un ruolo essenziale, finalizzati all’emissione della documentazione antimafia, interdittiva o liberatoria.

Tra le procedure di verifica i Gruppi effettuano gli accessi ai cantieri per verificare eventuali tentativi di infiltrazione anche durante la fase operativa della realizzazione di un’opera pubblica. Le informazioni raccolte durante le ispezioni vengono poi inviate alle Prefetture competenti e utilizzate per alimentare il Sistema Informatico Rilevazione Accessi ai Cantieri sempre gestito dalla DIA. Gli accessi ai cantieri eseguiti hanno interessato 44 cantieri con il contestuale controllo di 1.227 persone fisiche, 338 imprese e 950 mezzi d’opera.

Andando nelle organizzazioni criminali presenti in Sicilia ne coesistono eterogenee e non solo di tipo mafioso. Nelle province di Palermo, Trapani e Agrigento opera in modo preponderante cosa nostra. Al riguardo va innanzitutto riportato il decesso di Matteo Messina Denaro avvenuto il 25 settembre 2023, evento che non si esclude possa essere in grado di generare ripercussioni nel panorama mafioso di questo territorio, con particolare riferimento – evidentemente – alla provincia di Trapani, segnando la fine di una stagione per cosa nostra, che si troverà inevitabilmente ad attraversare una fase di transizione e di riorganizzazione. Grazie alle operazioni di polizia, cosa nostra non riesce a ricostruire un organismo di vertice ma al suo interno la matrice criminale si mostra comunque compatta, ed eventuali straripamenti di competenza tra territori limitrofi si concludono con la ricomposizione di convergenze interne guidate dai vertici delle rispettive articolazioni mafiose. Accanto a cosa nostra si conferma la presenza della stidda e, in particolare nell’area di Agrigento,

“registriamo la nuova presenza di esponenti della vecchia organizzazione criminale e di nuovi soggetti che si avvicinano al fenomeno stiddaro per ricostruire un‘organizzazione in qualche modo dialogante con cosa nostra”

afferma il Procuratore di Palermo Maurizio De Lucia.

La criminalità organizzata operante sul territorio della Sicilia orientale, è storicamente caratterizzata dalla coesistenza di molteplici aggregati stanziali distinti a seconda della riconducibilità o meno a cosa nostra ovvero delle aree geografiche di insistenza. In particolare, nella città di Catania la peculiarità del fenomeno mafioso è dato dalla presenza contestuale di plurimi sodalizi: quelle costituenti vere e proprie articolazioni di cosa nostra (che al suo modello fanno riferimento sotto l’aspetto strutturale, funzionale e motivazionale) e altre, con la medesima connotazione mafiosa, ma distinte da cosa nostra. Evidente inoltre è la propensione dei catanesi ad espandere la loro zona di influenza nelle provincie vicine.

Nelle provincie di Siracusa e Ragusa, tangibili sono le influenze di cosa nostra catanese e, in misura minore, della stidda gelese nel solo territorio ibleo. L’assenza dunque di configurazioni rigidamente strutturate determina la presenza di organizzazioni diverse che coesistono, condividendo spesso i medesimi spazi territoriali, in funzione del perseguimento dei comuni scopi illeciti. Il settore criminale che costituisce la spina dorsale dell’azione criminale si conferma quello del traffco di droga.

Al riguardo cosa nostra mantiene aperto un canale preferenziale di negoziazione con le ‘ndrine calabresi, soprattutto per l’acquisto di cocaina. In considerazione della fondamentale importanza del settore degli stupefacenti, non può escludersi che cosa nostra possa aspirare a riconquistare posizioni di leadership nella gestione dei canali di approvvigionamento della droga. Le organizzazioni mafiose siciliane prediligono forme di attività estorsiva organizzate in modo da garantire il pagamento generalizzato di piccole somme in maniera trasversale da parte di grandi e piccoli operatori economici.

Nell’ambito di tale “atteggiamento” meno violento emergono inoltre modus operandi alternativi in base ai quali le organizzazioni criminali tenderebbero a prediligere forme più subdole e più persuasive, “limitandosi” ad esempio all’imposizione di forniture di beni, servizi, anche a prezzi leggermente al di sopra di quelli di mercato, nonché ad assunzioni anche fittizie. Pertanto le organizzazioni criminali di tipo mafioso, nel loro incessante processo di adattamento alla mutevolezza dei contesti, hanno implementato le capacità relazionali sostituendo all’uso della violenza, oramai residuale, strategie di silenziosa infiltrazione e azioni collusive e corruttive.

Nella provincia catanese sono presenti famiglie mafiose riconducibili a cosa nostra:

  • i Santapaola-Ercolano e i Mazzei a Catania;
  • La Rocca a Caltagirone nel comprensorio “Calatino-Sud Simeto”, mentre a Ramacca l’omonima famiglia.

Oltre alle famiglie già elencate, risultano attive organizzazioni di tipo mafioso, ma non appartenenti a cosa nostra, rappresentate dai clan Cappello-Bonaccorsi, Laudani, Pillera-Di Mauro, Sciuto, Cursoti, Piacenti e Nicotra. In provincia – laddove non vige una gestione diretta – la famiglia Santapaola-Ercolano si impone sul territorio grazie ad altri gruppi locali quali

  • il clan Assinnata ed il clan Alleruzzo operanti nel territorio del comune di Paternò;
  • il clan Santangelo-Taccuini nel territorio del comune di Adrano;
  • il clan Tomasello-Toscano-Mazzaglia nel territorio del comune di Biancavilla;
  • il clan Puglisi-Pulvirenti nei territori dei comuni di Maniace, Mascalucia, Belpasso e su quello di Lineri e San Pietro Clarenza (frazioni del comune di Misterbianco);
  • il clan Brunetto nei comuni della zona ionica etnea di Giarre, Mascali e Fiumefreddo di Sicilia.

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Antonino Schilirò

Appassionato di politica e lotta alle mafie conduco, insieme al giornalista Giuseppe Notaro, la rubrica online sui social "Informazione Antimafia". Responsabile comunicazione dell'associazione Dioghenes Aps, con sede distaccata aperta a Maletto (CT). Inviato dell'emittente televisiva siciliana Telemistretta

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