Una lunga battaglia. Una voce solitaria che, da vent’anni, urla nel silenzio assordante della politica e della rassegnazione civica. La quattordicesima puntata di “30 minuti… con Word News” — condotta da Paolo De Chiara con la partecipazione di Antonino Schilirò — ha ospitato un testimone diretto: il dottor Lucio Pastore, già primario del pronto soccorso di Isernia, medico, attivista e voce lucida nella notte della sanità pubblica molisana e nazionale.
Un’ora e mezza di denuncia, memoria, proposta e consapevolezza: un atto di resistenza civile davanti allo smantellamento sistemico di quello che una volta era “il miglior sistema sanitario al mondo”.
Una sanità ridotta a merce
Secondo Pastore, il processo di privatizzazione non è una deriva recente né un imprevisto. Ha radici profonde, addirittura nella Legge 833 del 1978, quando fu introdotta la possibilità per i privati di accedere ai fondi pubblici attraverso le convenzioni. Quello fu “il cavallo di Troia” — come lo definisce Pastore — che ha permesso di drenare risorse dal pubblico al privato, costruendo un modello predatorio, sostenuto e protetto da decenni di politica clientelare.
«Il Molise è un laboratorio», denuncia il medico, «un microcosmo dove si osserva meglio il meccanismo che si sta replicando ovunque: si chiudono ospedali pubblici mentre si aprono cliniche private. E tutto avviene con soldi pubblici».
Dal Molise all’Italia: la disgregazione è sistemica
La fotografia impietosa che Pastore traccia del Molise è solo il riflesso di un progetto nazionale: sei ospedali pubblici per 300.000 abitanti ridotti a strutture fantasma, depotenziate, svuotate di personale e servizi. Pronto soccorsi trasformati in “zone di guerra”, con pazienti lasciati in attesa anche per una settimana, mentre i medici italiani emigrano e vengono sostituiti — malamente — da colleghi stranieri in difficoltà con la lingua.
«Le aggressioni al personale sanitario sono solo l’effetto di un imbuto che esplode: niente medicina territoriale, carenza di posti letto, scelte politiche scellerate. Ma i cittadini, invece di protestare, continuano a votare i responsabili di questo sfascio».
Tra i punti più gravi denunciati, c’è la normalizzazione delle assicurazioni sanitarie come “seconda gamba” del sistema. Una contraddizione esplosiva: i cittadini pagano le tasse per avere un servizio pubblico, ma poi sono costretti a stipulare polizze private per poter accedere alle stesse prestazioni.
«Anche i sindacati come la FIOM e la CGIL hanno accettato nei contratti questa logica, contribuendo — consapevolmente o no — alla privatizzazione», denuncia il medico.
Ampio spazio è stato dedicato al caso della Fondazione Giovanni Paolo II di Campobasso, nota come “la Cattolica”: struttura privata nata con soldi pubblici e oggetto di una vendita opaca per 30 milioni di euro, senza che sia stato chiarito né a chi sia stata venduta, né cosa effettivamente sia stato venduto. Una “misteriosa metamorfosi” da ente non-profit a società profit, oggi ancora convenzionata con la Regione.
«È normale che una Regione firmi convenzioni milionarie con una società di cui non conosce neanche l’azionariato?» chiede Pastore con sconcerto.
Un altro capitolo oscuro riguarda il debito sanitario molisano, oggi stimato in oltre 600 milioni di euro. Un buco nero che nessuno sa spiegare e che, incredibilmente, non viene analizzato dalla Regione ma da una società privata incaricata di fare chiarezza. Un paradosso tutto italiano, con uno Stato che da 15 anni commissaria la sanità molisana senza ottenere alcun risanamento.
«Non solo il debito aumenta, ma anche le tasse e il numero di convenzioni con il privato. Eppure, nessuno si prende la responsabilità. È una farsa che dura da troppi anni».
E ora? Esiste una via d’uscita?
Alla domanda finale — se esista ancora una speranza — Pastore risponde con lucidità e amarezza: «La soluzione è politica. Ma oggi non esiste nessuna forza realmente alternativa al sistema. Serve un nuovo pensiero, nuovi valori, una visione del futuro. Serve una massa critica che abbia il coraggio di dire basta».
Il grido di Lucio Pastore non è solo la denuncia di un medico, ma il grido di una società che si sta smantellando pezzo dopo pezzo, mentre le persone guardano altrove.
«Stanno bollendo la rana», dice. «E quando ce ne accorgeremo, sarà troppo tardi. Siamo già a buon punto di cottura».
Nel buio crescente di un’Italia che svende i diritti e dimentica la Costituzione, la puntata di “30 minuti con” è stata una chiamata alle armi civili, per chi ancora vuole difendere un’idea semplice, profonda e rivoluzionaria: che la salute non è una merce. È un diritto. E va difeso. Con ogni mezzo necessario.
GUARDA TUTTE LE PUNTATE DELLA PRIMA STAGIONE