Una ovazione pubblica, fuori da ogni logica, ha accolto Luigi e Fiore D’Avino a Somma Vesuviana dopo il violento pestaggio ai danni di Giovanni D’Avino, figlio di Fiore ed erede di un nome che continua a muovere dinamiche criminali, vendette e silenzi.
E non si parla solo di pregiudicati: molti cittadini comuni li hanno salutati, osannati, applauditi come fossero vecchie glorie o martiri della strada. Un copione già visto, nauseante e pericolosamente tollerato.
Secondo diverse testimonianze, gli occhi di Luigi D’Avino brillavano di rabbia. La presenza compatta della famiglia D’Avino sul territorio, subito dopo l’aggressione al nipote, non è passata inosservata: una dimostrazione di forza, un segnale, un avvertimento.
Tutti riuniti, tutti “presenti”, come a voler dire: “siamo ancora qui”. Ma le parole più dure, riportate da più fonti, sono state quelle di Luigi D’Avino, che si sarebbe rivolto ad alcuni cittadini e presenti con toni durissimi:
“Siete gente di merda, vedete picchiare mio nipote e non muovete un dito. Per rispetto nostro dovevate intervenire, invece siete rimasti fermi. Ora vi prenderete le conseguenze.”
Al centro dell’aggressione a Giovanni D’Avino c’è una figura ben nota in zona, che temeva di essere picchiato da Giovanni. Per timore ha deciso di confidarsi con Nicola Mocerino, detto ‘a Papera, vecchio sodale della famiglia D’Avino, ma oggi riconosciuto come “nuovo reggente” di Somma Vesuviana. Un tempo fedelissimo, ora rivale.
Per non esporsi direttamente con Giovanni D’Avino, Nicola Mocerino avrebbe incaricato un pregiudicato noto come “lo Sfaldista” (Antonio Capasso) di dare “una lezione”. Lo Sfaldista si è presentato in via Aldo Moro con altri due soggetti già noti alle forze dell’ordine.
“Sei solo un figlio di un pentito. Dovete andare via da Somma Vesuviana.”
Il silenzio di chi guarda, l’omertà che copre i clan
All’aggressione hanno assistito in molti. Non una parola, non un intervento, solo il silenzio. Nel quartiere si respira di nuovo il clima di tensione, intimidazione e complicità silenziosa. I D’Avino hanno voluto fare ritorno per riaffermare un controllo sul territorio che credevano perso. Un territorio che, ancora una volta, sembra accettare senza fiatare.
E mentre la giustizia arranca, il muro dell’omertà si fa sempre più spesso. Chi ha parlato finora – Gennaro Ciliberto, testimone scomodo – lo ha fatto controcorrente, denunciando pubblicamente ciò che a Somma Vesuviana in molti sussurrano, ma in pochi scrivono.
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