Ignoti hanno forzato il portone del Museo Civico della Memoria e della Storia di Isernia e hanno sottratto merletti a tombolo di immenso valore, alcuni risalenti all’Ottocento. Un bottino che, a una prima stima, sfiora i duecentomila euro. A rimanere intatti sono invece gli oggetti bellici custoditi in un’altra sezione: segno evidente che il furto non è stato casuale, ma mirato.
Quando i ladri scelgono cosa rubare e cosa lasciare, quando puntano solo a un patrimonio unico e difficilmente reperibile altrove, allora la domanda diventa inevitabile: chi li ha mandati? Il sospetto di un furto su commissione aleggia tra le mura del museo. Non è la logica della razzia, ma quella della richiesta precisa.
Isernia non è una città qualunque. È la città del tombolo, un’arte che nasce secoli fa e che ancora oggi definisce un’identità. Non si tratta di semplici fili intrecciati: è il racconto di generazioni di donne chine sui cuscini, con i fuselli che danzano tra le mani. È la pazienza tramandata di madre in figlia, è la capacità di trasformare un filo sottile in bellezza immortale.
Chi ha portato via quei pezzi non ha rubato solo oggetti da museo: ha tentato di cancellare una storia collettiva. I merletti di Isernia non sono un lusso, sono la testimonianza di una comunità che si riconosce in un’arte, che ancora oggi porta il suo nome nel mondo.
Rubare un merletto non è come rubare un gioiello. Il merletto non luccica, non abbaglia, ma possiede una luce discreta, intima. È fatto di tempo e di mani. È fragile e resistente allo stesso tempo. Ogni punto, ogni nodo, è un atto d’amore e di resistenza. Portarli via significa colpire la radice più profonda di un popolo.
Questo furto è una doppia offesa: alla città e al suo patrimonio immateriale. Non si tratta soltanto di un danno economico, ma di una violazione culturale. È un sacrilegio, una profanazione che lascia dietro di sé non solo vuoti nelle teche, ma soprattutto un vuoto nell’anima della comunità.
Chi conosceva il valore di quei merletti? Chi poteva sapere dove erano custoditi, come entrare, cosa cercare? La domanda resta sospesa e inquietante: siamo di fronte a un furto su commissione?
Le indagini diranno. Ma intanto resta un’amarezza che non si misura in euro: resta la consapevolezza che qualcuno ha violato non solo un museo, ma la storia viva di Isernia.