Leopoldo Di Filippo, membro del direttivo dell’associazione Dioghenes APS e presidente Auser Venafro. Il Molise ha ospitato la prima edizione del premio Pier Paolo Pasolini. Quanto è importante per questa terra?
Il Molise che ospita la prima edizione del premio Pier Paolo Pasolini manda un segnale chiaro: questa terra non è solo periferia o cronaca minore, ma può diventare centro di cultura e riflessione. Pasolini non è un nome qualsiasi: è stato un intellettuale che ha pagato a caro prezzo la sua libertà di parola, un uomo che ha avuto il coraggio di dire ciò che molti non volevano ascoltare. Portare qui la sua memoria significa anche dare dignità al Molise, che troppo spesso si sente dimenticato. È un modo per dire che anche da qui si può parlare al Paese intero, con voce forte e senza complessi di inferiorità.
Nella giornata dell’11 settembre si è fatta memoria, si sono ricordati personaggi legati alla storia d’Italia e non solo. Quanto è oggi importante continuare a fare memoria e ricordare persone come Pasolini, Allende, Gramsci e altri?
L’11 settembre, con tutte le memorie che porta, ci ricorda una cosa fondamentale: non possiamo vivere solo di presente. Allende, Gramsci, Pasolini e tanti altri sono figure che hanno segnato la storia perché hanno scelto di non piegarsi. Ricordarli oggi non è un esercizio retorico, ma un dovere. Perché, se dimentichiamo, lasciamo campo libero all’indifferenza, alla rassegnazione, al conformismo. La memoria è scomoda, ma serve proprio a questo: a non farci diventare spettatori muti.
Io credo che per il Molise, e non solo, coltivare memoria e cultura sia un atto di resistenza e di crescita. Senza memoria non c’è identità, senza cultura non c’è futuro. Portare avanti questi valori significa assumersi una responsabilità verso chi verrà dopo di noi. E questo premio è un piccolo grande passo in quella direzione