È scattata a Pescara alle prime luci del giorno “Game Over”, una maxi operazione antimafia di Polizia di Stato e Guardia di Finanza in esecuzione del decreto emesso dal Tribunale di L’Aquila – sezione Misure di prevenzione in via d’urgenza.
La divisione anticrimine della questura di Pescara e i militari del locale nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza hanno sequestrato, ai sensi della normativa antimafia, beni immobili, beni mobili, quote societarie, patrimoni aziendali, terreni e autovetture, per un valore di un milione di euro a sei soggetti appartenenti allo stesso nucleo familiare di origine serba e di etnia rom.
Questo il comunicato stampa emesso dalla Questura al termine della conferenza stampa.
«Il provvedimento, eseguito con il supporto della locale Squadra Mobile e del Reparto Prevenzione Crimine Abruzzo, scaturisce da una puntuale e articolata attività svolta dalla Sezione Misure di Prevenzione della Divisione Anticrimine della Questura e dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Pescara confluita nella proposta avanzata dal Questore di Pescara Carlo Solimene per l’applicazione della misura di prevenzione del sequestro dei beni finalizzato alla confisca, previsto dal Codice Antimafia, nei confronti di un nucleo familiare composto da 6 persone, legate da rapporto di parentela e di affinità. In particolare, sono finiti nel mirino della Questura e del Comando Provinciale della Guardia di Finanza quattro appartamenti A Pescara, un frutteto in provincia di Chieti, quote societarie e interi patrimoni aziendali riconducibili a tre esercizi commerciali di cui due attivi nel settore della ristorazione e uno nell’abbigliamento e profumeria. Inoltre sono state sequestrate otto autovetture tra cui un suv Porsche e una Mercedes, nella titolarità dei sei soggetti o di familiari conviventi. L’attività condotta per oltre un anno, oltre ad evidenziare la particolare pericolosità sociale dei soggetti coinvolti, tutti denunciati e condannati nel corso degli ultimi anni per reati contro la persona, contro il patrimonio e soprattutto per reati di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, ha consentito di ricostruire interi patrimoni illecitamente accumulati con i proventi delle attività delittuose nonché di documentare l’elevato tenore di vita dei medesimi nonostante la scarsa situazione reddituale. Il Tribunale di L’Aquila-Sezione Misure di prevenzione, condividendo in pieno le argomentazioni della Questura di Pescara e del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, ha ritenuto sussistere tutti i presupposti per l’emissione, in via di urgenza, del sequestro preventivo dei beni finalizzato alla successiva confisca, rilevando, anche, la pericolosità sociale dei proposti e la prospettata sproporzione tra la capacità reddituale dei sei soggetti e il valore dei beni immobili, beni mobili e le società nella loro titolarità. L’analisi dei dati forniti e la progressione criminosa di ciascuno dei proposti inducono a considerare che ci si trovi di fronte ad un’articolata organizzazione particolareggiata dall’appartenenza al medesimo gruppo familiare».
Sono almeno due le operazioni delle forze dell’ordine, prima di oggi, a cui è stato dato lo stesso nome – “Game Over” – e che portarono al sequestro di ingenti patrimoni.
Nel settembre di nove anni fa furono sequestrati beni per oltre un milione di euro ad una famiglia di origine Rom, residente nella Marsica, con numerosi precedenti penali per reati contro il patrimonio e spaccio di sostanze stupefacenti. Le indagini furono portate avanti da Divisione Anticrimine della Questura dell’Aquila, Guardia di Finanza di Avezzano, il Commissariato di Avezzano, le Questure di Frosinone, Milano, Siena e Bologna, e la Polizia Stradale dell’Aquila.
Nel giugno 2020, dopo una sentenza della Corte di Cassazione, la Guardia di Finanza diede esecuzione ad un decreto di confisca definitivo, furono sequestrati beni e valori per oltre 22 milioni di euro a soggetti ritenuti affiliati ai clan dei Casalesi e dei Guarnera. Operazione “Game Over” a cui dedicò attenzione la Direzione Investigativa Antimafia (DIA) nel successivo rapporto semestrale. La DIA sottolineò i rapporti tra clan di camorra con il territorio abruzzese riciclando denaro e rifornendo le piazze di spaccio. Piazze in cui è attiva la criminalità straniera, gruppi slavo-albanesi, sudamericani, clan nigeriani, e famiglie di etnia rom radicate sulla costa. A forte rischio, scrisse la DIA, erano in provincia di Chieti le zone di Francavilla e Vasto.
Negli ultimi mesi diverse sono state le operazioni antidroga che hanno stroncato sodalizi in cui erano attivi malavita locale, clan albanesi, delle mafie romane e di altra provenienza criminale. Mentre nei giorni scorsi è stato condannato a 18 anni Massimo Ballone, ex appartenente alla Banda Battestini, attiva nel mondo criminale pescarese soprattutto negli anni ottanta e novanta ma mai uscita del tutto dalle cronache. Ballone era in affari con il clan calabrese Mammoliti, attivo nel traffico di droghe, ed è stato condannato «in un processo che fa la storia del narcotraffico in Italia, gestito da alcuni dei clan più potenti e con ramificazioni solide fino al Sud America» ha sottolineato Patrizia Pennella su Il Messaggero Abruzzo. «Secondo il gip Antonino Fotia, almeno a leggere il peso delle condanne, in questo mondo di broker di grandi partite di stupefacenti Massimo Ballone non era un paria, ma un elemento di spicco» ha sottolineato Pennella.
Mentre chi anima il mondo di mezzo continua ad essere disarticolato nelle innumerevoli operazioni delle forze dell’ordine nel mondo di sotto lo spaccio continua a dilagare. Segnando territori e devastando vite. A Vasto nel popoloso quartiere San Paolo, noto come “zona 167”, da tantissimi anni alcuni residenti protestano anche per la mancanza di sicurezza. Dovuta alla presenza di ragazzini che si lasciano andare a gesti violenti o alla diffusione dell’uso di sostanze stupefacenti. Nella villa Falcone e Borsellino accade spesso che vengono trovate siringhe abbandonate, da lì fino a diversi altri angoli del quartiere irrompe lo spaccio, quasi alla luce del sole e fiorente, e non solo.
Il 20 settembre scorso il consigliere comunale di Pescara Domenico Pettinari ha pubblicato un video definito shock realizzato in via Tavo «nello slargo della vergogna, davanti al civico 187, attaccato all’ex ferro di cavallo, dove i bambini residenti sono costretti ogni giorno a vivere» un inferno. «Qui, ogni giorno, a tutte le ore, spacciatori, drogati e criminali spadroneggiano creando il caos infernale sotto casa dei cittadini inermi e disperati – aveva già denunciato Pettinari una settimana prima – A tutte le ore del giorno e della notte sono costretti a vedere giovani prostitute tossicodipendenti spogliarsi e rimanere nude, senza neanche le mutande, per decine e decine di minuti, sotto lo sguardo inorridito dei bambini, in attesa di trovare la vena “buona” dove iniettare la dose di morte . A pochi passi, nella vicinissima Via Imele, a tutte le ore, si trova ogni tipo di droga in quello che rappresenta il più grosso centro commerciale della droga d’Abruzzo». «Lo spaccio H24, quella che vedete nel video, è una realtà quotidiana – ha denunciato Massimiliano Di Pillo, consigliere comunale a Pescara in una lista a sostegno di Pettinari pubblicando un altro video che documenta lo spaccio attivo in pieno giorno nella zona – Abbattere gli scheletri su Via Tavo sarà solo un palliativo se non si interviene sul sociale, ma ancor più investendo sulle periferie. Quello spazio oggi vuoto dove sorgeva il famigerato “ferro di cavallo” dovrebbe essere occupato da un promotore di economia, da uno sviluppatore di nuove attività. Quale miglior soluzione quella di portare la “regione Abruzzo”, è tutto quello che gira attorno ad un ente che inevitabilmente interloquisce con il territorio. Ad oggi la realtà è quella dello “slargo della vergogna”, un terreno del comune proprio accanto al cantiere che prima ospitava il “ferro di cavallo”. Anche Don Max da poco reinserito sul territorio nella sua parrocchia, proprio ieri palesava l’inutilità dell’abbattimento se il territorio non sarà presidiato dalle forze dell’ordine e da un nutrito gruppo di associazioni e assistenti sociali che possano accompagnare in un nuovo percorso tutti coloro che consumano ma soprattutto spacciano».