Il 1° ottobre 2025, in acque internazionali, Israele ha intercettato la Global Sumud Flotilla, impedendo la consegna di aiuti umanitari destinati alla popolazione di Gaza. Tra le navi bloccate figura anche l’italiana “Alma”, simbolo di una missione civile e pacifica che trasportava cibo, miele, biscotti, marmellate e medicine per un popolo allo stremo.
L’intervento armato israeliano – con uso di spray chimici, sequestri arbitrari e detenzione degli attivisti – rappresenta una palese violazione del diritto internazionale e un crimine contro l’umanità, come denunciato da ONU, Amnesty International e Human Rights Watch.
Secondo la IV Convenzione di Ginevra (art. 55) e il diritto del mare, Israele è tenuto a:
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Ispezionare le navi senza violenza, garantendo controlli rapidi, proporzionati e non aggressivi.
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Permettere il passaggio degli aiuti umanitari, soprattutto se si tratta di beni alimentari e medicinali essenziali, indispensabili alla sopravvivenza dei civili.
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Evitare punizioni collettive, vietate dalle Convenzioni internazionali: non si può affamare una popolazione intera per colpire un gruppo politico o armato.
Questi principi non sono opinabili: rappresentano obblighi giuridici vincolanti per ogni Stato membro delle Nazioni Unite.
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Blocca tutto, da anni. Dal 2007, e in modo ancora più brutale dal marzo 2025, Israele impedisce l’ingresso di cibo e medicine a Gaza, spingendo oltre due milioni di persone verso la fame.
Secondo i rapporti ONU e Amnesty International 2025, la popolazione vive una carestia artificiale, con bambini che muoiono di malnutrizione. -
Usa la violenza e la propaganda. Durante l’intercettazione della Sumud Flotilla, le forze israeliane hanno usato forza e spray chimici contro civili disarmati, deviazione delle navi verso Ashdod e arresto degli attivisti internazionali, tra cui italiani. Tutto giustificato, come sempre, in nome della “sicurezza”.
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Viola il diritto internazionale umanitario. Ignorando le accuse di crimini di guerra da parte di Human Rights Watch e OMS, Israele continua a limitare anche gli aiuti “non essenziali”, controllando perfino biscotti, marmellata e giocattoli destinati ai bambini.
L’obiettivo è chiaro: usare la fame come arma di controllo e spezzare la resistenza civile del popolo palestinese.
È tempo di rompere il silenzio e la complicità.
Ogni cittadino, ogni istituzione democratica, ogni Paese che si dichiara civile deve:
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Sostenere le missioni umanitarie come la Global Sumud Flotilla, che rappresentano il diritto alla solidarietà internazionale.
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Chiedere all’Italia un’azione diplomatica forte, inclusa la sospensione degli accordi militari con Israele.
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Boicottare economicamente e culturalmente chi sostiene o giustifica il blocco e la fame.
Non è un effetto collaterale della guerra: è una strategia deliberata, un crimine contro l’umanità.
E quando la fame diventa un’arma, il silenzio diventa complicità.
Unirsi alla solidarietà con Gaza significa difendere il diritto universale alla vita, il principio che nessuna bandiera o religione può violare impunemente.
Solidarietà con Gaza. Libertà per la Flotilla. Giustizia per la Palestina.





