Maria Concetta Riina, figlia del defunto boss Salvatore detto Totò, si è consegnata presso la stazione dei Carabinieri di Villagrazia a Palermo. La notizia è stata battuta dalle agenzie lo scorso 17 ottobre. Accusata di estorsione aggravata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze il giorno prima la Cassazione aveva respinto il ricorso contro la decisione del Tribunale del Riesame di disporre il carcere per la donna e per il marito Antonino Ciavarello.
Giovanni Riina, secondo figlio del boss, è stato condannato all’ergastolo, arrestato nel 1996. Mantiene il ruolo diretto del padre, confermato il regime del 41bis dal tribunale di sorveglianza di Roma, è notizia del maggio scorso. Provvedimento confermato il 12 settembre scorso dalla Corte di Cassazione che ha respinto il ricorso dei legali di Riina. Giovanni Riina «era, infatti, divenuto un punto di riferimento strategico per la consorteria mafiosa, nonché l’ispiratore di larga parte delle iniziative criminali dell’epoca, assumendo un ruolo di assoluto rilievo anche in costanza di detenzione. In quel momento, invero, anche attraverso l’investitura paterna, egli aveva esercitato poteri decisori sia quanto alla direzione da imprimere alle diverse attività illecite, sia quanto ai destinatari pro quota dei proventi raccolti attraverso tali attività, interloquendo in modo attivo — e sempre in una posizione di riconosciuta leadership — con altri segmenti dell’associazione mafiosa, in quell’attività di ridefinizione organizzativa che, in quel momento, aveva caratterizzato tale sodalizio mafioso e, in particolare, il gruppo dei corleonesi dopo l’arresto di Salvatore Riina» si legge nelle motivazioni, depositate nei giorni scorsi, riportate da IlSole24Ore.
Il secondogenito del defunto Salvatore detto Totò ha intrapreso «un graduale percorso introspettivo, che lo ha reso consapevole delle dinamiche che lo hanno condotto ad assumere un ruolo significativo all’interno di Cosa Nostra» ma «il suo percorso trattamentale è stato comunque caratterizzato da aspetti assai negativi, in grado di gettare una luce assai poco rassicurante sul piano prognostico», sono assenti gesti di riconciliazione con i familiari delle vittime e si rifiuta di svolgere le attività lavorative previste nel regime carcerario in cui si trova detenuto (“portavitto” e “scopino”) per «mantenere inalterato il suo ruolo carismatico, che verrebbe sminuito dalla prestazione di attività lavorative umili come quelle propostegli». C’è quindi, secondo i giudici, persistenza del pericolo di riattivazione dei canali di collegamento con l’esterno.
Nelle scorse settimane è tornato all’attenzione dell’opinione pubblica la puntata di un podcast in cui è stato “intervistato” (virgolette non casuali) Giuseppe Salvatore Riina, terzogenito del defunto boss, detto Salvo. La puntata del podcast era stata rimossa dal web dopo l’ondata di indignazione suscitata da alcune dichiarazioni di Salvo Riina. Ma è stata ripristinata e l’autore del podcast ha rivendicato quanto fatto con il terzogenito di Totò Riina che, nella puntata, ha ripetuto il copione che porta avanti ormai da dieci anni o quasi: Totò Riina “padre amorevole”, infanzia segnata (che ha paragonato ai bambini di Gaza) dalla lontananza dal “padre affettuoso”, u curtu uomo di sani valori e tante altre vergognose esternazioni.
Era il 17 gennaio 2020 quando per la prima volta abbiamo dedicato un articolo alle imprese, allora quasi esclusivamente social, di Salvo Riina. Il rampollo della Riina family era sparito da Casalbordino da oltre un mese e, improvvisamente, dopo un lungo periodo di frenetica attività social, si era dedicato al silenzio più assoluto. Già quel giorno abbiamo sollevato una questione che dovrebbe essere fondamentale. Ma, in questi cinque anni, abbiamo ripetutamente registrato che invece è sempre passato sotto silenzio. Fino a quando, come abbiamo chiesto in vari articoli, Salvo Riina vuole abusare della pazienza collettiva non lo sappiamo. Ogni volta alza l’asticella, senza risparmiare la memoria del giudice Terranova e della verità storica, giudiziaria, civile, umana. Ma non ci si può fermare a ciò, già cinque anni e otto mesi fa ponemmo alcuni interrogativi. Negli anni le domande sono solo aumentate. Risposte nessuna. Torniamo, quindi, oggi a porle, a metterle tutte in fila, a ripeterle in questo nuovo articolo e a ricordare alcune sue esternazioni. A partire dall’asta social del 2019, chiusa pochi minuti prima dell’anniversario della strage di via D’Amelio.
Qualcuno crede che sia stata casualità? Noi no. E ci domandiamo cosa volesse trasmettere, quale messaggio era indicato in quella precisa scelta cronologica. Sei anni fa, meno di mezz’ora prima del minuto esatto in cui esplose l’autobomba in via D’Amelio che assassinò Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Claudio Traina e Vincenzo Fabio Li Muli (li citiamo e ricordiamo tutti, li nominiamo tutti, perché la loro memoria deve essere eterna, la loro memoria va esaltata, non quella di chi fu protagonista di quella stagione criminale), Giuseppe Salvatore Riina detto Salvo concluse un’asta social. In palio c’era una cover per cellulari del suo libro «Riina family», quello in cui esaltava il ricordo del padre, lo decantava e raccontava come porello gli è stato strappato quando era piccolo. Piccino, lui si lamenta che non ha potuto più avere amore, coccole, abbracci, stare insieme al padre. E le vittime che dovrebbero dire? I familiari di chi è stato assassinato dalle mafie che dovrebbero dire? Do you remember Santino Di Matteo? E che Cosa Nostra sparò anche di fronte una donna incinta?
Ad aprile salvo riina ha pubblicato la foto di un quadro del padre annunciando, tra il tripudio e il plauso della memoria del padre tra i commenti, che verrà messo all’asta. Nel post menziona il carcere San Pietro di Reggio Calabria, perché? Quale messaggio intende dare con quella menzione colui che l’anno scorso (tanto per ricordarne una), tornato a Corleone anche se da oltre dieci anni dichiarato persona non gradita dall’Amministrazione Comunale, calpestò la memoria del giudice Cesare Terranova?
Sono almeno sei anni, dal periodo abruzzese cancellato dai suoi profili social (perché?) che oggi è documentato solo dai nostri screenshot, che vediamo un netto aumentare di livello delle esternazioni social di salvo riina. E non ci sembra certamente casuale. Ad ogni post tripudio di commenti esaltanti. E negli anni, tra i “mi piace” e i commenti stessi, ogni tanto son sbucati personaggetti abruzzesi, che lui ha frequentato nell’anno e mezzo qui, che ben conosce chi da cinque anni frequenta queste pagine.
Tra le tante domande, interrogativi mai evasi, che abbiamo posto in questi anni sull’attività social di Riina c’è anche quella sulla possibilità (balenata in alcuni post) che dal libro “Riina family” possa essere tratto un film. Domenica 24 novembre 2024 tra i commenti al post con la foto del libro e la didascalia in francese «Niente è mai finito per sempre» (messaggio rivolto a chi? Per esprimere cosa? E cosa non è finito per sempre?) si legge un commento in cui si torna ad evocarlo. Sei giorni prima, all’indomani delle polemiche per il post nell’anniversario della morte di Tòtò Riina, il terzogenito scrittore celebrante ha pubblicato un video musicale con la didascalia «La lingua più parlata nel mondo è “a VANVERA”».
Che sia una risposta all’indignazione e alla rabbia delle ore precedenti, e che si riferisca a chi non china la testa e non accetta le celebrazioni del defunto boss di Cosa Nostra, è conclusione che appare più che spontanea. Anche questo un comportamento che si ripete negli anni. L’immagine di suo post, che abbiamo riportato in un nostro articolo il 10 ottobre scorso, è di due mani che si stringono e un ramoscello d’ulivo. Chi rappresentano le mani che si stringono e perché si stringono, cosa rappresenta il ramoscello d’ulivo (simbolo universale di Pace tradizionalmente, tra chi e perché?) sono domande che abbiamo aggiunto alle tante che ripetutamente continuiamo a pubblicare e che torniamo a porre anche in quest’articolo.
La casa editrice che stampò “Riina family” è fallita da anni, ora come è possibile che Salvo Riina continua a vendere il libro su Facebook ed Instagram? E come è possibile che venga stampato e distribuito persino all’estero?
Due anni fa comparve sui profili social del rampollo un video che pare il trailer di un film, come abbiamo documentato in alcuni nostri articoli. È così? Dopo il libro avremo anche un film per celebrare Totò ‘U Curtu e la sua famiglia?
L’intensa attività social di Salvo Riina si è improvvisamente interrotta nel dicembre 2019, quando sparì da Casalbordino e da allora non si è mai più visto, e di cui oggi l’unica traccia rimangono i nostri articoli, i nostri screen e quanto precedentemente pubblicato sulle pagine Facebook (profilo non più perché Facebook cancellò al sottoscritto un profilo mentre mai nulla ha compiuto nei confronti dei post di questo soggetto e di pagine e gruppi osannanti mafie e mafiosi) e il profilo Instagram curate dal sottoscritto. Sulla pagina «ufficiale» Facebook e sul profilo Instagram «ufficiale» di Salvo Riina non c’è più nulla, tutto sparito, tutto cancellato, non c’è più traccia. Perse esattamente come la grande attività sociale e benefica sbandierata nel maggio 2019 da lui e dal suo legale. Cosa è successo? Come mai? Perché?
Viste le dichiarazioni sulla stampa e sui social di sei anni fa quale «nuova vita» ha mai proposto Riina jr? Il tenore di vita, compresa la vacanza in un luogo extralusso documentata anni fa sui suoi profili social, appare più che alto. Da quali entrate e quali ricchezze è permesso?
Perché Salvo Riina era tornato a Corleone? E perché, come ha riportato l’Adn Kronos, ora pare si sia trasferito in Spagna? Prima del ritorno a Corleone è vero che un periodo è vissuto in Romania? Perché vi era arrivato e perché poi si è trasferito altrove?
La vicenda di Licata, di cui abbiamo parlato in vari articoli tra cui questo https://wordnews.it/2020/01/17/il-figlio-del-boss-dei-boss-in-abruzzo-e-riina-diventa-un-brand/ di quattro anni fa quali sviluppi ha avuto? E quali conseguenze e attenzioni sul periodo vastese-casalese del rampollo della Riina family?
Mesi in cui Salvo Riina è stato visto varie volte intrattenersi pubblicamente con appartenenti alla famiglia più nota alle cronache, e nella vita di paese, di Casalbordino e larga parte dell’intero Abruzzo come tra le più attive nel narcotraffico e in altri reati. Uno degli esponenti della famiglia De Rosa – legata ed imparentata con altre famiglie come Spinelli, Di Rocco, Ciarelli, Di Silvio, Spada, Casamonica ed altre – varie volte arrestato per spaccio, usura e violenze negli anni, come abbiamo riportato quattro anni fa, è stato attivo sulla bacheca di Salvo Riina. E negli anni ogni tanto sono sbucati tra i commenti e i mi piace autoctoni di questo lembo d’Abruzzo. Quanto assidua la frequentazione di Riina con certi “personaggi” durante il suo soggiorno abruzzese? Quali rapporti sono rimasti?
Visto il tenore di vita che appare dalle foto su Facebook ed Instagram (certamente ben pochi residenti in Romania possono pagarsi una vacanza in luoghi extra lusso a Valencia, in Spagna), il rampollo vorrà magari mai raccontare qualcosa di dove sono finiti e come si potrebbero rintracciare i capitali del padre?
In un nostro articolo del gennaio 2020 pubblicammo la foto, in piena Gomorra style, postata sulla bacheca facebook di Salvo Riina nel periodo casalese in cui campeggiavano la copertina del libro, altri oggetti, un paio di manette e quella che appare una pistola. Era effettivamente una pistola? E, soprattutto, la foto era di repertorio o scattata in quei giorni?




















