Le classi dirigenti del pianeta sembrano aver perso ogni bussola morale. Quella che doveva essere la riunione della “svolta”, il momento storico in cui si annunciava la fine del genocidio a Gaza, si è rivelata per quello che è: una sceneggiata mediatica.
Un copione scritto per le telecamere, utile solo a spostare l’attenzione, a manipolare la comunicazione, a trasformare l’orrore in propaganda.
Intanto, la strage continua.
Le bombe cadono, i civili muoiono, e l’ONU – per la prima volta con parole inequivocabili – parla apertamente di genocidio. Ma se tutto questo continua, è perché gli Stati Uniti lo permettono. Israele non si ferma perché sa di avere il via libera. Il suo vero obiettivo è chiaro: annettere la Cisgiordania. E se ciò avverrà, sarà solo perché il cosiddetto “Occidente democratico” avrà guardato altrove.
L’ipocrisia dell’Occidente e il silenzio dell’ONU
La scena internazionale è un teatro di ipocrisia e impotenza.
Le élite politiche e finanziarie non cercano la pace: recitano la pace.
Mettono in scena riunioni, dichiarazioni, comunicati, mentre nei fatti continuano a finanziare, giustificare e coprire una guerra che non ha più alcuna giustificazione morale.
Quello che accade a Gaza è la prova del fallimento di un sistema.
Il mondo occidentale si è incartato nei propri errori, nelle proprie contraddizioni, nella sua ossessione per il controllo geopolitico. E ora, prigioniero della sua impotenza storica, sembra convinto che una nuova guerra mondiale possa servire a “risolvere” i problemi che ha generato da sé.
Il boicottaggio come forma di resistenza
Davanti a questa barbarie del terzo millennio, non bastano più gli appelli o le indignazioni virtuali.
Se i cittadini vogliono davvero reagire, devono organizzarsi per un boicottaggio sistematico e capillare di tutti i prodotti, le aziende, le banche e i marchi che traggono profitto – diretto o indiretto – da questo genocidio.
È l’unico linguaggio che il potere capisce: quello economico.
Finché il dolore dei popoli non incide sui bilanci delle multinazionali, resterà solo una voce nel deserto.
Verso una nuova rappresentanza politica
Serve un risveglio collettivo, una rappresentanza politica degna di questo nome, capace di rompere con la complicità e con le sceneggiate delle élite.
Serve una politica che non si limiti a condannare a parole, ma che agisca, che isoli i carnefici, che tagli i flussi di denaro e armi verso chi perpetra crimini contro l’umanità.
Mentre il genocidio continua, la comunicazione globale viene dirottata altrove: sull’Ucraina, su nuove tensioni, su un’altra guerra che sembra funzionale a una gestione suicida del potere mondiale.
E così si torna a evocare lo spettro della guerra mondiale, come se la catastrofe fosse una via d’uscita.
Ma c’è un dettaglio che i potenti fingono di dimenticare: oggi esiste l’atomica.
E un conflitto globale non sarebbe più solo l’ennesimo errore della storia, ma la fine della storia stessa.





