La Calabria è entrata in una fase nuova. Più cupa. Più feroce. Più pericolosa. Mercoledì 12 novembre avevamo denunciato l’ennesima rapina armata ai danni di un gruppo di cacciatori, nella zona di San Calogero. I banditi non si sono limitati a rubare le armi: hanno massacrato un uomo. Gli hanno rotto il setto nasale. Hanno sparato contro il motore della sua auto per impedirgli la fuga. Non è più criminalità spicciola. Non è più “rapina”. È un assalto paramilitare.
Una storia che WordNews racconta da settimane
Questo nuovo episodio non arriva dal nulla. È il tassello successivo in una sequenza di violenza che WordNews.it ha documentato per primi e con continuità.
- 12 ottobre – Primo assalto armato sulla provinciale Rosarno–Laureana:
Kalashnikov, armi puntate, cacciatori bloccati all’alba.
https://wordnews.it/2025/10/12/calabria-assalto-sulla-strada-per-laureana-cacciatori-rapinati-dei-fucili-per-alimentare-una-faida/
- 16 ottobre – Intervista al politico calabrese che, di fronte ai fatti, evita di pronunciare la parola ’ndrangheta.
https://wordnews.it/2025/10/16/solidarieta-ai-cacciatori-e-sicurezza-in-calabria-lintervista-a-stefano-princi-fratelli-ditalia/ - 20 ottobre – L’editoriale: “Come si può sconfiggere la ’ndrangheta se la politica non la nomina?”
https://wordnews.it/2025/10/20/come-si-puo-sconfiggere-la-ndrangheta-se-la-politica-non-la-nomina/ - 26 ottobre – Testimonianza esclusiva del cacciatore che ha subito l’agguato col kalashnikov:
un racconto agghiacciante, parola per parola.
https://wordnews.it/2025/10/26/calabria-lagguato-con-kalashnikov-sulla-provinciale-la-testimonianza-del-cacciatore-rapinato/ - 12 novembre – La rapina di San Calogero: le “bestie” tornano a colpire.
https://wordnews.it/2025/11/12/calabria-nuova-rapina-armata-a-san-calogero-la-paura-continua-queste-bestie-non-hanno-paura-di-nessuno/
E ora, l’ennesimo episodio, ancora più grave.

Il pestaggio: non più solo armi puntate, ma violenza fisica feroce
Il cacciatore, questa volta, non è stato solo minacciato. È stato colpito in pieno volto, fino alla frattura del setto nasale. Un pestaggio feroce, gratuito, intimidatorio. Seguito da qualcosa di ancora più inquietante: gli aggressori hanno aperto il fuoco contro il motore dell’auto, colpendo parti vitali del veicolo a distanza ravvicinata.
Questi dettagli parlano da soli. Questa non è la tecnica di un ladro. Non è l’azione di un improvvisato. È la firma di chi vuole mostrare controllo, dominio, territorialità.
Un colpo al motore è un messaggio:
«Qui comandiamo noi. Tu non ti muovi. Tu non scappi. Tu non conti un cazzo». È un linguaggio di potere, non di rapina. È una modalità che deriva da un’unica matrice: chi si muove con queste armi e con questa freddezza conosce perfettamente il territorio e non teme le conseguenze.
Il testimone del primo agguato l’aveva detto: una profezia ignorata
Nel racconto esclusivo, raccolto da WordNews.it, del 26 ottobre, il cacciatore che aveva guardato negli occhi un kalashnikov aveva detto una frase che oggi è diventata una condanna:
«Oggi è toccato a me, domani può succedere a un altro.
Se non si prendono posizioni vere, finirà in tragedia».
Oggi l’altro c’è stato. Oggi la tragedia ha iniziato a prendere forma.
E ancora una volta, a pagare è un cittadino.

La politica? Ancora silenziosa
Di fronte a questa escalation, le istituzioni continuano a ripetere parole generiche: “sicurezza”, “solidarietà”, “attenzione”, “monitoraggio”. Ma nessuno, o quasi, osa pronunciare il nome del problema. Nessuno indica il nemico. Nessuno afferma ciò che tutti sanno. Nessuno urla che la ‘ndrangheta è una montagna di merda e i suoi appartenenti sono dei pezzi di merda.
E quando il linguaggio della politica si svuota, il linguaggio delle armi diventa più forte.
Finché lo Stato resta ai margini, la violenza continuerà
Questa non è una sequenza di episodi. Questa è una traiettoria. Una crescita. Un’escalation. Una degenerazione che chi vive quei territori sente sulla pelle. Se non si interviene ora, con serietà, decisione e coraggio, il prossimo titolo potrebbe non parlare di un setto nasale rotto. Ma di qualcosa di molto peggio.
La Calabria non può permetterselo. E nemmeno l’Italia.
Immagine IA






