Viviamo dentro un meccanismo che non respira: accumula. È la sua legge sacra.
Un esempio su tutti: Elon Musk ha ricevuto 1000 miliardi di dollari in compensi dagli azionisti delle sue società. Una cifra che non ha nulla a che vedere con i bisogni umani. È il simbolo di un mondo in cui l’1% degli italiani detiene il 23% della ricchezza nazionale, mentre la maggioranza arranca.
Il resto è contorno: strade, televisioni, radio, giornali, social… tutto intriso di pubblicità, un flusso incessante pensato per creare desideri nuovi, per spingere al consumo, per orientare comportamenti. Se vuoi vedere un film o ascoltare musica senza interruzioni, devi pagare una tassa al sistema. Non per avere di più, ma per non essere disturbato.
La mente contemporanea è trattata come un campo da coltivare: riempita, stirata, riscritta.
Immagini, suoni, micro-contenuti: un bombardamento continuo che serve a resettare, guidare, plasmare. L’obiettivo è semplice: mantenere attivo il meccanismo dell’accumulo, giustificare la concentrazione della ricchezza, perpetuare la visione neoliberista secondo cui tutto — anche le relazioni umane — è misurabile in profitto.
Questo modello non distribuisce ricchezza: la polarizza. E nel frattempo divora il Pianeta.
La corsa al profitto è fra le cause principali del collasso ecologico, della devastazione ambientale, dell’aumento delle disuguaglianze.
Quando le tensioni sociali crescono, la storia lo insegna, si cerca uno sfogo: le guerre.
E oggi assistiamo proprio a questo: riarmo globale, scontro fra blocchi geopolitici, nervi tesi. Ma rispetto al passato c’è un dettaglio che dovrebbe frenare i deliri di onnipotenza: l’arma atomica. Una corda che non si può tirare troppo.
Una famiglia nel bosco e il “pericolo” del pensiero libero
In questo scenario si inserisce un caso emblematico: una famiglia che ha scelto di vivere nei boschi dell’Abruzzo, fuori da ogni circuito di consumo, connessione, saturazione mentale.
Un gesto consapevole, non un ripiego.
I bambini appaiono sereni, non isolati, non abusati, semplicemente non esposti al frullatore mediatico.
Ed è proprio questo a creare allarme nel sistema: l’idea che qualcuno possa sottrarsi al controllo delle menti. Che possa vivere senza partecipare al flusso del consumo e dell’accumulo.
Una scelta del genere diventa automaticamente un problema. Perché se il modello contagiasse altri, l’ingranaggio perderebbe forza. Ed ecco che parte il meccanismo: criminalizzare, ridimensionare, limitare l’esperienza.
Dobbiamo interrogarci su come superare una società che considera l’accumulo il suo unico orizzonte.
Non è facile: economia e finanza comandano, la politica obbedisce. Non decide più, ratifica.
Ma se la politica non recupera il suo ruolo — controllare la finanza, non esserne schiava — il futuro avrà contorni molto scuri. Disuguaglianze più forti, tensioni più acute, un Pianeta più fragile, una democrazia più esposta.
Non siamo ancora oltre il punto di non ritorno, ma il cammino è già inclinato.
Serve coraggio, visione, una nuova grammatica sociale.
E serve adesso.
Immagine AI






