Napoli non può più aspettare. Non può più fingere di non vedere. Di non sentire. Non può – soprattutto – continuare a seppellire i suoi figli nel silenzio.
L’appello lanciato da IOD Edizioni al nuovo Presidente della Regione Campania arriva come una scossa elettrica in una città ancora una volta ferita. È un messaggio che non vuole guastare una festa, ma che pretende di ricordare una realtà spietata: la violenza minorile armata è diventata un tratto strutturale dell’area metropolitana di Napoli. E ignorarla, ormai, sarebbe complicità.
Il contesto è noto e drammatico: sabato 22 novembre un altro ragazzo è stato ucciso da un coetaneo, riaprendo la lista delle tragedie che scandisce – da anni – l’adolescenza napoletana.
Un bollettino di guerra tra ragazzi: i nomi che Napoli non può dimenticare
Gli ultimi quattro anni raccontano una spirale di violenza senza tregua:
Francesco Pio Maimone (18 anni), Giovanbattista “Giogiò” Cutolo (24), Giovanni Guarino (18), Emanuele Tufano (15), Santo Romano (19), Arcangelo Correra (18).
E, solo negli ultimi mesi, Pasquale Nappo (18) e Marco Pio Salomone (19), ucciso da un quindicenne.
Questi nomi non sono cronaca: sono il volto spezzato di una generazione che cresce tra pistole, quartieri militarizzati dai clan, famiglie che non fanno da argine e un sistema istituzionale incapace di produrre anticorpi.
Numeri che parlano più di mille discorsi
I dati sono un pugno allo stomaco:
-
Napoli è l’area peggiore d’Europa per uso di armi da fuoco da parte di minorenni, livelli paragonabili solo ad alcune zone dell’America Latina.
-
Un’arma sequestrata ogni tre giorni.
-
Minorenni usati come sentinelle, corrieri, stese, agguati, estorsioni.
-
Recidiva al 63% negli Istituti Penali Minorili campani.
Una tragedia che non è episodica, ma sistemica. Una guerra tra giovanissimi che vivono sotto il dominio della camorra, che diventa identità, destino, orizzonte.
L’appello: “Serve un cambio di rotta. Ora.”
IOD Edizioni chiede al nuovo Presidente un atto politico radicale, fondato su sei assi strategici:
1. Nuove competenze e nuova classe dirigente
Basta con gli stessi nomi e gli stessi tavoli che, per anni, non hanno prodotto risultati. Servono pedagogisti, criminologi, educatori di strada, operatori sociali che conoscono i quartieri dall’interno.
2. Piano Regionale Straordinario contro la violenza minorile armata
Interventi continui, non progetti spot. Presenza nelle scuole, negli spazi sportivi, nelle parrocchie, nei quartieri più esposti.
Programmi di allontanamento per i ragazzi più a rischio, sul modello delle comunità educative.
3. Reinserimento e lotta alla recidiva
Una riforma vera degli Istituti Penali Minorili, con formazione professionale reale, tutoraggio, lavoro, giustizia riparativa.
Coinvolgendo università e terzo settore.
4. La Regione nelle periferie, non solo nelle stanze dei palazzi
Assessori, dirigenti, esperti devono entrare fisicamente nei quartieri dove si spara. Ascoltare chi vive il quotidiano della paura, non solo le conferenze.
5. Università come strumenti operativi, non teorici
Ricerca applicata, mappature territoriali, monitoraggi costanti, valutazione dei progetti.
Una alleanza stabile tra accademia e associazioni.
6. Sostegno vero alle associazioni che lavorano sul campo
Meno passerelle, più fondi e riconoscimento.
Modelli concreti come La Casa di Paolo, nata dalla memoria del giudice Borsellino e guidata da Roberta Gatani, esempio nazionale di prevenzione vera, quotidiana, senza contributi pubblici ma con volontari e cittadini.
Non un rituale, ma una scelta politica misurabile
La lotta alla camorra, troppo spesso ridotta a passerella o strumento di autopromozione, deve tornare ad essere una priorità politica reale, con obiettivi misurabili:
-
meno armi in mano ai minorenni,
-
meno reclutamento,
-
meno recidiva,
-
più opportunità di studio, lavoro, cultura, vita degna.
Napoli non può più permettersi altri funerali.
Non può più essere lasciata sola.
Allo sguardo del nuovo Presidente della Regione Campania viene chiesto un atto di verità.
Guardare questa realtà senza filtri.
Rompere con l’antimafia liturgica, quella delle cerimonie senza conseguenze.
Aprire finalmente una stagione di interventi concreti, rigorosi, misurabili.
Perché i ragazzi di Napoli meritano un avvenire, non un epitaffio.



