Caro Salvatore,
ci siamo conosciuti quarant’anni fa, quando ancora sognavamo una Catania diversa, libera, capace di rialzarsi senza paura. In questi decenni ci siamo incontrati tante volte, abbiamo discusso, condiviso, litigato persino — ma sempre camminando nella stessa direzione.
Molto spesso abbiamo concordato, solo in rare occasioni ci siamo trovati su posizioni differenti. Eppure, anche nei momenti di distanza, non è mai venuta meno la radice che ci univa: gli stessi valori, lo stesso orizzonte, lo stesso progetto di liberazione da una mafia che soffoca e da una politica che troppo spesso tradisce.
Oggi sono stato al tuo funerale.
E, mentre ascoltavo le parole che tanti ti hanno dedicato — sui social, nelle piazze, nei corridoi della memoria — mi sono sentito attraversare da una commozione profonda. Hanno ricordato il tuo impegno da sacerdote e da cittadino, la tua voce limpida in una stagione complessa, il tuo coraggio nell’indicare strade nuove quando molti preferivano tacere.
Non voglio scivolare nella retorica. Tu non l’amavi. Perciò mi limito a due considerazioni, semplici, dirette.
Catania non è ancora libera.
Lo sai bene, Salvatore. La città che abbiamo amato è ancora prigioniera di una mafia che cambia pelle, che si infiltra nelle istituzioni, nella politica, nelle economie e perfino nella società civile. Una mafia “di sistema”, radicata, fluida, capace di mimetizzarsi e di contaminare ciò che tocca.
E accanto a questa, una cattiva politica che troppo spesso non ha avuto il coraggio di guardare la verità negli occhi.
Per questo l’esperienza di CITTÀINSIEME non può fermarsi.
Il modo più autentico per onorarti non è un post, non è un ricordo fugace, ma un impegno rinnovato. Serve ripartire, senza esitazioni, con una determinazione che non accetti compromessi. Serve un movimento civico che torni ad essere coscienza critica, presidio, respiro collettivo.
Nei prossimi giorni — lo auspico, lo chiedo, lo prometto — dobbiamo ritrovarci e riflettere, insieme, su come riaccendere quella scintilla. Perché la tua storia, Salvatore, non appartiene al passato: è un invito al presente, è una responsabilità che ci attraversa.
E io, te lo dico con sincerità e senza veli: ci sarò.
Per continuare ciò che abbiamo iniziato.
Per Catania.
Per te.
Ti abbraccio spiritualmente.





