“Antonio Giuriolo – Pensare la libertà” è il nuovo progetto teatrale de La Piccionaia, in collaborazione con Istrevi, dedicato alla figura di Antonio Giuriolo (1912–1944), partigiano, intellettuale antifascista e medaglia d’oro al valor militare, maestro ispiratore dei Piccoli Maestri raccontati da Luigi Meneghello.
Il racconto scenico, che nasce all’interno della celebrazione per l’80° anniversario della Liberazione, intreccia parola, musica e immagini per riportare alla luce una figura luminosa e inquieta, capace ancora oggi di interrogare il nostro rapporto con la libertà, la responsabilità civile e il coraggio del pensiero critico.
Uno sguardo contemporaneo su un maestro dimenticato
Lo spettacolo, firmato da Carlo Presotto alla regia e ideazione, nasce dal desiderio di riportare nel presente una storia che rischiava di sbiadire: quella di un giovane professore vicentino che, rifiutando di aderire al fascismo, intraprese un personale percorso di emancipazione intellettuale, fino alla scelta della lotta partigiana e al sacrificio nel dicembre 1944.
“Antonio Giuriolo – Pensare la libertà” è più di una commemorazione: è una domanda aperta. A cosa servono oggi maestri “di simile tempra”? Perché il loro esempio continua a parlarci, in un tempo povero di passioni civili e di pensiero critico? In collaborazione con Istrevi, l’Istituto Storico della Resistenza e dell’età Contemporanea della Provincia di Vicenza “Ettore Gallo”, La Piccionaia conclude con lo spettacolo la celebrazione dell’80° anniversario della Liberazione.

Una narrazione in tre parti
Lo spettacolo si sviluppa in tre parti, accompagnando il pubblico in un percorso che intreccia ricostruzione storica, emozione poetica e riflessione etica.
Si parte da un paradosso: come è possibile che una figura così influente sia stata rapidamente dimenticata dopo il 1945? Attraverso testimonianze e documenti emergono le tracce di una rimozione lenta e profonda, che impone di interrogarsi sul nostro rapporto con la memoria e con le eredità scomode del Novecento.
È in un percorso nella Vicenza degli anni ’30, nell’esilio interiore di un giovane professore che rifiuta la tessera fascista e sceglie di compiere un percorso di emancipazione dall’omologazione culturale imposta del regime fascista, che viene tracciato il profilo di Giuriolo. Con i viaggi, la montagna, le letture, le amicizie, i contatti clandestini, lo spettacolo narra la costruzione paziente di un pensiero libero che matura fino alla scelta delle armi.
Il cuore pulsante dello spettacolo è il finale, la terza parte: la metamorfosi di Giuriolo da intellettuale solitario a maestro di libertà per un’intera generazione. La decisione di combattere, le esperienze partigiane e la sua apertura verso un socialismo liberale europeo, radicato in un nuovo umanesimo che oggi torna urgente e necessario.
Le voci in scena
A portare vita e spessore ai materiali originali sono tre interpreti che si incontrano in un equilibrio dinamico tra storia, teatro e musica.
Matteo Cremon, attore diplomato al Teatro Stabile di Genova, dà voce ai testi di Giuriolo e ad altri materiali letterari, restituendo la forza morale della testimonianza e la qualità umanissima del suo pensiero.
Renato Camurri, docente universitario, studioso di Antonio Giuriolo e della storia dell’antifascismo europeo, ricostruisce il profilo del protagonista dello spettacolo e i passaggi della sua maturazione intellettuale che lo portano ad un precoce antifascismo e alla scelta della resistenza armata dopo l’8 settembre 1943.
Rachele Colombo, cantante e compositrice, crea un paesaggio sonoro che intreccia tradizione popolare veneta e composizioni originali, evocando le atmosfere dell’epoca e l’immaginario emotivo della Resistenza.
La regia e l’impianto visivo sono firmati da Carlo Presotto, che integra materiali d’archivio, documenti storici e proiezioni multimediali per dare forma a uno spettacolo dove la memoria si fa esperienza sensibile e condivisa.
Pensare la libertà, oggi
“Antonio Giuriolo – Pensare la libertà” è un invito alla presenza. A restituire valore a una figura che ha incarnato l’unione tra pensiero e azione, cultura e vita morale. Ma soprattutto è un invito a riflettere sul nostro tempo, sulle nuove forme di oppressione, sulla necessità di rinnovare una pedagogia della libertà.
Perché ricordare Giuriolo significa ricordare che la libertà non è mai un’eredità acquisita, ma una conquista che richiede coraggio, vigilanza e responsabilità.

La figura di Antonio Giuriolo chiave della Resistenza veneta e nazionale è anche al centro del documentario La religione della libertà, diretto da Marco Zuin e Giulio Todescan, che mi permetto di segnalare a margine in quanto ho avuto l’onore di vedere in anteprima la scorsa primavera (il 19 maggio scorso al Cinema Odeon di Vicenza).
Un film forte di cui consiglio la visione: un atto dovuto verso chi ha saputo insegnare la libertà senza proclami, ma con l’esempio. Un messaggio forte per le nuove generazioni, perché — come scriveva un giovane Enzo Biagi su Patrioti, organo della 1a Brigata Giustizia e Libertà, il 15 febbraio 1945 — in lui trovavano vita quegli ideali che animano i sogni dei giovani, perché c’era nel suo gesto, nella sua frase, un inestimabile calore umano.





