L’interesse per un fatto passato è sempre in rapporto all’attualità del problema che esso affronta, mentre la sua importanza storica è relativa da un lato dalla partecipazione del popolo all’avvenimento stesso e dall’altro dalla incidenza da esso avuta nello sviluppo degli avvenimenti successivi. E le lotte per la terra nel Meridione è uno di quei capitoli della storia del nostro Paese che soddisfa i suddetti requisiti.
È attuale perché viviamo, sì, in un’epoca di apparente egualitarismo ma la realtà è ben diversa. La società a livello globale è lacerata da ingiustizie e da dicotomie drammatiche, basti pensare che a milioni di persone sono preclusi i due diritti sociali fondamentali: il diritto alla salute e il diritto all’istruzione, i capisaldi di una comunità civile.
E per l’appunto, la lotta per la terra è stata una battaglia per affermare i diritti calpestati di una classe sociale vessata, da secoli, dal latifondo.
I contadini del Mezzogiorno fanno delle rivendicazioni di carattere contrattuale, chiedendo di trasformare le aree agricole incolte, ma purtroppo il tradimento della politica ha impedito la piena realizzazione di quelle aspirazioni.
Una politica attenta a salvaguardare i privilegi dei proprietari terrieri, classe parassitaria e usurpatrice, volta a stroncare il movimento rinnovatore dei contadini e il loro impegno per la messa in coltura e la trasformazione delle terre. Un fallimento della politica che portò a disperdere milioni di lavoratori in tutti i paesi del mondo e a pagarne le spese fu il Meridione con la degradazione della sua economia e il dilagare della criminalità in cui la precarietà esistenziale è spesso sfociata.
Però quei contadini hanno dato impulso non solo alle trasformazioni economiche-produttive, ma soprattutto allo sviluppo dei rapporti sociali e politici, un segno di rottura rispetto al passato, quando i braccianti erano legati mani e piedi ai latifondisti in un rapporto di stampo feudale. Nell’ottica del Primo Maggio, e di ciò che questa giornata rappresenta, ricordiamo un paragrafo poco conosciuto di questa pagina di Storia: la strage di Casignana, uno dei momenti più drammatici del nostro Novecento e che Mario La Fava, scrittore calabrese, portò alla ribalta nazionale nel suo romanzo storico I fatti di Casignana pubblicato nel 1974 da Einaudi, sollevando non poche polemiche.
Lo scrittore subì anche minacce da parte di discendenti dei veri protagonisti che nel libro sono riconoscibili nonostante la trasfigurazione artistica.
A Casignana, piccolo centro nella provincia di Reggio Calabria, c’era stato un tentativo di occupazione di terre incolte da parte di contadini che si erano organizzati in cooperativa, conclusasi con una sanguinaria repressione, per mano di Luigi Nicita, custode di un feudo dei principi Carafa di Roccella Jonica, alleato al corpo di Polizia e al fascismo. Un evento che si consumò nel silenzio omertoso delle Istituzioni che stavano per assumere da lì a breve le vesti dittatoriali. Correva l’anno 1922.
I contadini del Meridione con la partecipazione alla Prima guerra mondiale avevano preso coscienza del loro ruolo politico, consapevoli di aver pagato un prezzo alto nelle trincee, dove avevano combattuto e difeso con coraggio la linea del Piave contro l’esercito austro-ungarico. Terminato il conflitto, si aspettavano di essere ripagati secondo giustizia sociale: il diritto di proprietà della terra, promesso dallo Stato. Ma i contadini ottennero lutti, oltraggi, disoccupazione e rincaro dei prezzi post-bellico. Nessun tributo di gloria, nessun riconoscimento, ma la solita vita resa ancora più grama dai turbamenti economici che la guerra causò.
È doveroso ricordare tali fatti con indignazione, così com’è d’obbligo non dimenticare i braccianti di oggi, i migranti, i nuovi ultimi della società che proprio nella nostra “terra di migranti”, rei di ricercare una vita più equa, hanno trovato soprusi e spesso anche la morte, costretti a vivere in una condizione che non può definirsi né civile e né umana.
La dignità delle persone va sempre tutelata e la prevaricazione sempre condannata, ovunque e sempre, e la garanzia dei diritti è il punto cardine, come il passato e il presente ci dimostrano.
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2020-05-01 12:12:54
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