"Oggi è la festa della mamma ma la mia potrò vederla solo portandole dei fiori al cimitero". Amarezza e rabbia nelle parole di Fabio che il 20 aprile scorso ha perso la madre Graziella a causa del Covid-19. 88 anni, in buona forma fisica, affetta da demenza senile. La signora era ospite da circa due anni del reparto Fornari del Pio Albergo Trivulzio di Milano.
Il figlio racconta come, fino all'esplosione della pandemia, non possa recriminare nulla alla struttura: "La mamma era trattata bene, c'era un buon rapporto con il personale e in alcune occasioni si era anche riusciti a portarla a mangiare una pizza… insomma tutto procedeva al meglio".
Una situazione quasi invidiabile fino al 15 marzo quando Fabio viene a sapere che la compagna di stanza della mamma aveva febbre molto alta e per questo motivo era stata spostata di camera. La signora è deceduta qualche giorno dopo e da quel momento è iniziato l'incubo. "Ho cominciato a preoccuparmi e chiamare mia madre anche due volte al giorno". Alla signora deceduta non è stato fatto il tampone, racconta Fabio, perché non disponibili se non dal 16 aprile: qualcosa non mi faceva stare tranquillo".
Un sentimento di impotenza, questa è la sensazione che lo pervade: "Parlavo anche con gli operatori della struttura che mi rassicuravano sulla stabilità della situazione di mia mamma". L'ultima volta in cui l'aveva vista era l'inizio di marzo, poi l'8, il lock down. In videochiamata la signora Graziella gli era subito parsa molto smagrita e con un affaticamento nel parlare dovuto al debole respiro. "Non smetterò mai di ringraziare l'operatore che il 13 aprile è stato sincero comunicandomi che mia madre era grave".
Il 19 aprile, finalmente, il tampone: troppo tardi. Graziella muore in solitudine il 20 aprile al Pat. L'esito del test rivela la sua positività al Covid-19. "Non posso certo dire che ad infettare la mamma sia stata la sua compagna di stanza perché nella Rsa le visite degli esterni sono state possibili fino alla prima settimana di marzo e gli operatori giravano senza protezioni da un reparto all'altro".
Fabio ammette di aver percepito da subito una difficoltà e un affanno nella gestione generale della situazione. "Il virus- dice- è stato sottovalutato e contrariamente a quanto indicato nel DGR XI/2906 i pazienti sopraggiunti non erano a basso rischio. So che, ad esempio, ne sono stati accolti 17 provenienti da Sesto San Giovanni (Milano, ndr) senza aver effettuato su di loro alcun tampone"
Come quella di Fabio e Graziella sono purtroppo tantissime le storie che non hanno avuto un lieto fine: un senso di impotenza e amarezza i sentimenti che si provano nell'ascoltare la testimonianza di un figlio che ha perso la mamma senza poterla salutare. "Mi sono fidato dei medici, mi continuavo a ripetere di non andare in paranoia, gli ho creduto anche quando mi hanno detto che era inutile spostare una persona di quell'età in ospedale. Non saprò mai quanto ha sofferto e cosa ha pensato negli ultimi istanti di vita. Si sarà sentita sola e abbandonata ".
Fabio si è unito al "Comitato giustizia e verità per le vittime del Trivulzio" sperando si possa far luce sulle mancanze che ci sono state, sulle precauzioni non adottate e sull'incapacità di gestire una situazione che è subito parsa chiara nella sua tragicità nei confronti delle persone in condizione di fragilità. "Straziante saperli da soli negli ultimi attimi di vita; mia mamma avrebbe compiuto 89 anni il 29 maggio e stavano già pensando ad una grande festa in famiglia "
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2020-05-10 13:32:25
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