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Le maschere spregevoli e colpevolmente incoscienti

by Alessio Di Florio
16 Agosto 2020
in Il Guastafeste
Reading Time: 8 mins read
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«Non possiamo continuare a farci umiliare, è necessario che il nostro Paese al completo, compresi gli imprenditori che lavorano con responsabilità, possa ripartire per uscire dal baratro nel quale è state fatta precipitare anche la nostra credibilità,dovremo essere in grado di mettere all'angolo un sistema marcio che ha permesso il crollo del Ponte. Vogliamo autostrade sicure e non vogliamo che siano i cittadini a pagarle». Frasi giunte dal Comitato dei familiari delle vittime del Ponte Morandi nel giorno dell’anniversario del crollo del ponte.

Sono passati due anni e, dalle fanfare e proclami, la realtà vera, quella non dei palazzi e dei suoi troppi cicisbei delle piazze fisiche e virtuali si è disvelata. Schiaffo ad ipocriti e menzognere, strappo di ogni velo a parole che valgono meno di niente. Due anni fa ci fu chi si gonfiò il petto affermando che gli applausi in chiesa ai feretri era un’accoglienza trionfale per lui, dal palazzo sceso come novello Messia tra il popolo. Abbiamo sentito diluvi di annunci e tanto altro. Cosa è rimasto ventiquattro mesi dopo? Nulla o poco più: le facce (fintamente) feroci sono scese a patti con il sistema (im)prenditoriale e non solo nulla è stato revocato ma, ora, quel sistema si trova a gestire il nuovo ponte e se uscirà deciderà come e da chi farsi pagare milioni e milioni.

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L’appello del Comitato dei familiari è sacrosanto ed è una delle poche tenui speranze che un giorno possa andare veramente tutto bene e si sarà migliori, oggi non è così come abbiamo visto ieri. Quel sistema marcio da Taranto alle terre dei fuochi, dalla miriade di industrie inquinanti e devastanti al malaffare tra interessi privati e politici serventi, troppo spesso si ritrova ad esser favorito e vedersi spianate nuove autostrade dal palazzo. Si sono inventati e decantano il «modello Genova», rapido e dalle sorti magnifiche e progressive: l’appello di oltre 160 associazioni, l’analisi di Verdi e Azione Civile e le pronunce di ANAC e Corte dei Conti ci raccontano una realtà ben diversa. Il grande modello si è mostrato tutt’altro che perfetto – l’abbiamo sottolineato lo scorso 21 luglio – e la parolina magica del momento nasconde ancora una volta favori a più non posso per privati interessi di ogni tipo.

«L’Italia – e non solo l’Italia del Palazzo e del potere – è un Paese ridicolo e sinistro: i suoi potenti sono delle maschere comiche, vagamente imbrattate di sangue: «contaminazioni» tra Molière e il Grand Guignol. Ma i cittadini italiani non sono da meno»

La tragedia di due anni fa fu preceduta da quella di Avellino e lì i giudici hanno accertato situazioni gravissime e messo sotto accusa una gestione sotto certi aspetti sconcertante. Indagini giunte, per esempio, anche in Abruzzo. Nella regione di Silone sono stati effettuati sequestri e, davanti alle conseguenze di quanto accaduto, i cittadini indignati e i politici tanto loquaci e sconcertanti dopo il 14 agosto 2018 si sono ritrovati in perfetta unità d’intenti: tutta colpa dei magistrati, ma che vogliono questi da tanto lontano (Avellino, non Honolulu …), ma che non rompessero con questi sequestri, possibile che in Italia non si può far nulla che subito arrivano questi? Cosa è accaduto e sta accadendo è lampante, è scolpito nella documentazione e nei fatti, ma il «paese ridicolo e sinistro» ha la testa troppo dura… Maggio, giugno e luglio sono tra i mesi maggiormente scanditi dalle ricorrenze, tutti pronti a ricordare Falcone e Borsellino, tutti belli, bravi e puri davanti a quel che è successo decenni fa.

Poi, i giudici in prima linea oggi vengono emarginati, isolati, perseguitati e disprezzati dai palazzi tra il plauso e la complicità delle folle. Uno dei depistatori istituzionali sull’assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin è tornato ad esser considerato dalle greggi belanti acefale l’avvocato del popolo e l’oracolo della giustizia. E che uno dei protagonisti negativi della stagione della gestione rifiuti campana che si alleò con gli imprenditori camorristici denunciati da Roberto Mancini l’abbiamo denunciato e riportato in pochi: a livello nazionale siamo stati quasi gli unici.  

«Li ho visti, li ho visti in folla a Ferragosto. Erano l’immagine della frenesia più insolente. Ponevano un tale impegno nel divertirsi a tutti i costi, che parevano in uno stato di «raptus»: era difficile non considerarli spregevoli o comunque colpevolmente incoscienti»

L’epidemia non esiste, siamo più forti, dobbiamo andare avanti perché non possiamo stare fermi, il virus non esiste e ce lo portano quelli che vengono da fuori. Leggiamo e ascoltiamo questo da settimane perché ammettere, come già scritto nel primo articolo, che non siamo diversi dagli africani che lottano contro epidemie e tragedie sanitarie da molto prima di noi non è concepito.

Chissà se i ripetitori di queste scempiaggini – omaggio in salsa nostrana spesso e volentieri ai deliri suprematisti e strumentali di macchine di propaganda e guerra sociale come QAnon (di cui ci siamo già occupati il 27 maggio) – si riferiscono ai pedofili tricolori e ai rampolli dell’alta borghesia e alle immagini «della frenesia più insolente» che è «difficile non considerarle spregevoli o comunque incoscienti» in giro per il mondo e scatenati in larga parte dello Stivale. In cui difesa, nonostante la mobilitazione del mondo sanitario, sgovernatori di ogni natura stanno alzando barricate. «Stiamo ricominciando i colloqui con le ragazze e molte sono spaventate dai rischi e consapevoli che non c’è mascherina o altro dispositivo di protezione efficace – ci ha raccontato lo scorso 6 giugno Irene Ciambezi (Comunità Papa Giovanni XXIII, campagna «Questo è il mio corpo») –  Rischi sanitari ampiamente presenti anche prima della pandemia: non c’è nessun dibattito e presa di coscienza per esempio sulla diffusione della sifilide, una delle malattie che si diffonde ad ampio raggio proprio a seguito dei rapporti sessuali nella prostituzione. Tra le altre malattie ci sono HIV ed epatite B. Rischi sanitari gravissimi di cui non si parla mai e che coinvolgono le donne costrette a prostituirsi, mentre ad alimentare la tratta sono gli uomini e a loro volta i familiari. Il nuovo coronavirus ha solo messo in maggior luce questo dramma sanitario».

La tratta della schiavitù sessuale non è mai andata in lockdown totale e, dall’avvio della fase 2, molte maxi operazioni delle forze dell’ordine hanno ricostruito e ci hanno ricordato che le reti criminali sono diffuse, capillari e massicce. E il rischio sanitario di cui parlava Irene Ciambezi il 6 giugno si è realizzato quasi immediatamente, con la diffusione di molti contagi anche in poche ore. Ma il «paese ridicolo e sinistro», le «maschere vagamente comiche» se ne fregano e girano la testa dall’altra parte indifferenti, omertose e sfruttatrici. Esattamente come, mentre si riempiono la bocca e le tastiere di sicurezza, business e parole simili, i branchi sfrenati fanno nei confronti delle migrazioni, degli accordi di tutti i governi dal 2007 ad oggi con i clan e i boss libici mentre favoriscono affaristi, delinquenti, approfittatori e comitati d’affari di ogni tipo. Chi ricorda più il Regina Pacis? Mentre Dino Frisullo e le reti solidali denunciavano e documentavano il ras con la tonaca veniva difeso da un arco politico e sociale larghissimo. E oggi, anche con soldi pubblici, qualche affare è ancora in piedi. Erano i tempi della legge Turco-Napolitano e della Bossi-Fini quando si cancellò ogni vera possibilità di accoglienza, gestione decente e sicura dei flussi e umanità. Nacquero i Cpt, i primi grandi centri.

Quelle leggi sono ancora oggi le leggi che regolano l’immigrazione in Italia, 22 anni e 11 governi dopo la prima, 18 anni appena compiuti (è diventata maggiorenne!) e 9 governi dopo la seconda. Il capo del Regina Pacis ha subito nei primi Anni Duemila diversi processi, la conclusione di uno di questi merita di essere ricordato per capire la situazione di allora e di oggi. Processato per peculato, l’accusa era di essersi personalmente intascato soldi pubblici, è stato assolto perché la legge Bossi-Fini non gli imponeva nessuna rendicontazione.

I cpt sono stati costretti a smantellarli anni dopo ma nel 2011 (governo Berlusconi, ministro dell’Interno Maroni) sono nati CARA e CAS, i loro degni eredi. Gestione accentrata ed emergenziale, calati dall’alto nei territori, mega strutture dove come avvoltoi sono attivi e prosperano multinazionali e grandi affaristi. Nella gestione la legislazione non riconosce nessuna voce in capitolo, come vediamo anche in queste settimane, ma quando si tratta di spartirsi affari, mazzette e fondi pubblici in maniera fraudolenta e delinquenziale un posto a tavola c’è anche per loro. E così negli anni abbiamo visto «scandali» e «inchieste» coinvolgere esponenti di tutto l’arco parlamentare (e tutto va inteso in senso letterale, vecchi e nuovi) dalla Lega a Fratelli d’Italia (cronaca calabrese di non molti giorni fa l’ultimo) fino al PD e ai suoi alleati. I «decreti sicurezza» del governo Conte 1 hanno, come denunciato e documentato negli anni da associazioni, comitati e organizzazioni non governative, rafforzato i mega centri. Le minime modifiche regolamentari delle circolari pre-pandemia del Ministero dell’Interno – denunciò Action Aid ad inizio anno – hanno peggiorato la situazione della trasparenza, adeguato il sistema «alle richieste dei grandi attori del mercato» e aperto «a grandi gestori e all’immissione di capitali esteri» spingendo «sugli oligopoli, sulle multinazionali del sociale, sui grandi centri che possono fare economia di scala».

Cambiano i nomi ma tutti, letteralmente, il business che dicono di voler combattere si son ritrovati a favorirlo. Mentre i decreti stessi, e nulla finora è cambiato negli ultimi dodici mesi, hanno smantellato gli SPRAR e le reti veramente efficaci, positive e che hanno coinvolto in circoli addirittura virtuosi i territori, dai sindaci all’economia locale. Questa gestione, questo favorire e sostenere mega centri incontrollabili in maniera totale e dove anche centinaia di migranti sono ammassati come nei peggiori carri bestiame hanno costruito la situazione di queste settimane. Su cui stanno fomentando il fuoco sociale gli stessi che ne sono responsabili e colpevoli trasformando – nella complicità attiva, spregevole e colpevolmente (in)consapevole delle folle e delle greggi belanti – chi ad inizio emergenza sanitaria ha denunciato in maniera precisa, puntuale e documentata quel che si stava rischiando.    

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Alessio Di Florio

Vicedirettore WordNews.it - È nato ad Atessa (Chieti), nel 1984. Attivista e volontario di varie associazioni e movimenti culturali, ambientalisti, pacifisti e di lotta alle mafie. Collaboratore della redazione abruzzese di Pressenza e di TeleJato.it. Ha collaborato con Adista, Primadanoi, Terre di Frontiera, Unimondo, Libera Informazione, Popoff Quotidiano e SocialPress. Ha curato, per oltre dieci anni, il sito personale del giornalista e regista RAI Stefano Mencherini, dove è stata curata la diffusione e la pubblicizzazione del documentario d’inchiesta «Schiavi. Le rotte di nuove forme di sfruttamento», con il quale è stata portata avanti la “Campagna di sensibilizzazione per l’informazione sociale”, in collaborazione con MeltingPot e Articolo21, e per la creazione di un Laboratorio permanente di inchiesta e documentari sociali in RAI, nata per rompere la censura televisiva del documentario d’inchiesta “Mare Nostrum”. Articoli su tematiche sociali e culturali sono stati pubblicati dal mensile Vasto Domani. Per contatti: redazione@wordnews.it

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