I sei campi erano Belzec, Sobibor, Treblinka, Chelmno, Majdanek e Auschwitz II (Birkenau) e la loro particolarità è che, a differenza di quanto avveniva nei campi di concentramento, qui l’uccisione dei prigionieri era pressoché immediata, non avveniva lo sfruttamento della forza lavoro fino allo sfinimento, ma si trattava di vere e proprie ‘macchine della morte’.
Solo pochi deportati venivano mantenuti in vita per essere assegnati allo smaltimento e alla cremazione dei cadaveri.
Si calcola che nel periodo in cui furono in funzione furono circa tre milioni i deportati morti in questi campi.
Il campo di Sobibor, costituito in questa data e attivo un paio di mesi più tardi, si segnala per essere stato l’unico campo di sterminio in cui sia avvenuta una rivolta che abbia avuto un parziale successo: il 16 ottobre ’43, circa seicento detenuti riuscirono a uccidere undici SS e a fuggire. Molti di loro vennero uccisi durante la fuga o catturati nei giorni successivi e sterminati subito dopo, ma alcune decine di prigionieri riuscirono a scappare e a mettersi in salvo.
La rivolta portò alla chiusura e allo smantellamento del campo di Sobibor.
Per approfondire:
R. Hilberg, La distruzione degli ebrei d'Europa, Einaudi, Torino, 1999;
E. Collotti, La soluzione finale. Lo sterminio degli ebrei, Newton & Compton Editori, Roma, 2005.
fonte: ANED – Associazione Nazionale ex Deportati nei Campi nazisti
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2022-03-16 17:02:25
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