Hanno smantellato gli accordi del dopoguerra, quelli che avevano permesso uno sviluppo democratico e una distribuzione più equa della ricchezza attraverso il keynesismo. Hanno imposto la globalizzazione neoliberista, liberalizzando il movimento dei capitali, concentrando la ricchezza in poche mani e lasciando in eredità precarietà, disuguaglianza e povertà diffusa.
Non essendoci più la necessità di distribuire ricchezza, è venuta meno anche quella della democrazia. E infatti, assistiamo da tempo a uno smantellamento progressivo degli strumenti democratici a favore di regimi oligarchici. Oggi, l’Occidente somiglia sempre più a quei regimi orientali che una volta criticava: con una differenza sostanziale. In Oriente sono le oligarchie a dominare la finanza, in Occidente è la finanza a dettare legge alla politica.
E ora, incapaci di risolvere le crisi generate da decenni di neoliberismo e globalizzazione selvaggia, ci trascinano verso le guerre. La Germania, con un partito neonazista in ascesa nei sondaggi, vuole trasformare il suo apparato industriale in crisi in una macchina bellica. Torna la leva obbligatoria. È un keynesismo bellico che troverà presto imitatori anche altrove, a scapito dello stato sociale e della pace.
Tutto questo accade mentre il 65% degli italiani si dichiara contrario al riarmo, e mentre decine di migliaia di persone hanno manifestato il 5 aprile per dire no alla guerra. Ma nel sottobosco del potere politico-finanziario si continua a marciare verso il riarmo, creando nemici immaginari per giustificare conflitti reali. Il rischio? Un disastro mondiale.
L’informazione mainstream, quasi completamente controllata dai poteri finanziari, amplifica senza spirito critico la narrazione bellicista, rinunciando al suo ruolo essenziale di controllo democratico.
Siamo di fronte a una valanga. E la colpa è del fallimento della globalizzazione. Avevano ragione i No Global di Genova nel 2001. Li hanno massacrati fisicamente e mediaticamente perché avevano capito – prima degli altri – dove ci stavano portando.
Dobbiamo dare continuità alla mobilitazione del 5 aprile. Organizzare risposte coordinate, continue, ferme. Non possiamo lasciare che cali il silenzio su questo putridume. Darla vinta ai signori delle armi sarebbe la fine di tutti noi.
Non possiamo permetterci passività o indifferenza: ci stiamo giocando tutto il nostro futuro.




