Non è stato un errore. Non lo è mai. Non quando i corpi sono bambini. Non quando stavano solo prendendo dell’acqua. Non quando li hai lasciati morire di sete, li hai terrorizzati coi droni, e poi li hai finiti con un missile. Questo non è un errore tecnico. Questo è sterminio. Freddo. Lucido. Programmato.
Basta con le parole morbide. Basta con la diplomazia pavida. A Gaza non si sta combattendo una guerra: si sta conducendo una pulizia etnica con l’approvazione tacita (e spesso esplicita) dell’Occidente. Sì, anche dell’Italia. Anche dell’Europa. Anche di chi si commuove solo quando a morire è chi “assomiglia” a lui.
I bambini uccisi mentre andavano a cercare acqua — acqua! — non erano “scudi umani”. Non erano “terroristi in erba”. Erano bambini. Assetati. Spossati. I loro corpi colpiti volutamente non sono un errore: sono il messaggio.
Il messaggio è: “non esisterete più”.
E sapete cos’è la cosa più vomitevole? Che qualcuno, con tono grave e pacato, abbia avuto il coraggio di dire: volevamo colpire un militante di Hamas. E allora? Allora i bambini si possono sventrare? Allora tutto è lecito? Davvero pensano che la gente continui a bersi queste giustificazioni militari da operetta?
Questa non è guerra. È punizione collettiva. È annientamento sistematico. E smettiamola con la favoletta del “diritto di difendersi”: nessuno ha il diritto di difendersi uccidendo 15.000 bambini. Nessuno ha il diritto di difendersi raderndo al suolo ospedali, ambulanze, panifici, convogli umanitari, rifugiati, culle. Nessuno.
Quello che Israele sta facendo a Gaza è genocidio. Punto. E chi continua ad usare giri di parole, a condannare “tutte le violenze”, a citare “la complessità del contesto”, sta solo cercando un modo elegante per voltarsi dall’altra parte mentre si compie un crimine contro l’umanità sotto i riflettori.
La verità, per quanto dolorosa è necessaria. Perché ogni giorno che passa in silenzio, ogni “non possiamo schierarci”, ogni “dobbiamo capire anche l’altra versione” equivale a una complicità. Equivale a spalare terra nella fossa comune.
E che non si parli di antisemitismo. Non si tiri fuori l’olocausto per giustificare un altro. Manca il diritto morale. Essere stati vittime non autorizza nessuno a diventare carnefice. Questo non è più un conflitto. È una vergogna globale.
A Gaza si muore con lentezza e crudeltà. Si muore di fame. Di sete. Di mancanza di cure. Di bombe. Di droni. Di burocrazia. Di menzogne. Si muore senza testimoni. E chi prova a parlare viene zittito, censurato, licenziato, cancellato. Perché oggi la verità dà fastidio. Ma noi — e intendo chi ancora ha una coscienza — non possiamo stare zitti.
Siamo nella Storia. Qui ed ora. O saremo quelli che hanno parlato. O saremo quelli che hanno guardato altrove. E non ci sarà perdono, dopo. Per nessuno.




