Le strutture sanitarie private accreditate e convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) sono tenute a rispettare rigorosamente i tetti di spesa fissati dagli accordi contrattuali. L’Avv. Vincenzo Iacovino, attraverso un’approfondita analisi giuridica e giurisprudenziale, mette in luce un principio fondamentale:
le prestazioni sanitarie extra budget, anche se urgenti o salva-vita, non sono a carico della finanza pubblica.
Cosa si intende per “extra budget”
Le prestazioni extra budget sono interventi sanitari che superano il limite massimo di spesa previsto dalla convenzione tra struttura privata e ASL. La legge (D.lgs. n. 502/1992, art. 8-sexies) parla chiaro: il finanziamento pubblico è predefinito, e le prestazioni sanitarie non previste nel tetto concordato non possono essere rimborsate.
La Suprema Corte di Cassazione, con orientamento costante e consolidato (sentenze n. 27608/2019 e n. 8014/2024), ha stabilito che:
“In regime di accreditamento, l’osservanza del tetto di spesa è un vincolo inderogabile. Il SSN non può essere obbligato a pagare prestazioni extra budget.”
Le strutture accreditate:
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non hanno l’obbligo di erogare prestazioni oltre soglia,
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devono informare il paziente che i costi sono a suo totale carico,
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non possono pretendere il pagamento dall’ASL o dalla Regione.
Accreditamento, convenzione e responsabilità
Il sistema sanitario distingue due elementi fondamentali:
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Accreditamento: la struttura privata è riconosciuta idonea ad erogare prestazioni pubbliche.
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Convenzione: accordo contrattuale tra ASL e struttura accreditata, che fissa tetti di spesa, prestazioni, modalità di rimborso.
Come ricorda l’Avv. Iacovino, la Regione ha un ruolo di programmazione e vigilanza, ma non stipula i contratti né gestisce i pagamenti diretti. Questo potere è affidato alle singole ASL, come confermato da numerose sentenze della Corte di Cassazione (tra cui la n. 7745/2020).
Clausole di salvaguardia: uno scudo per la sanità pubblica
Nei contratti tra ASL e strutture private accreditate vengono spesso inserite clausole di salvaguardia, che prevedono:
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il rispetto assoluto dei tetti di spesa,
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la rinuncia a promuovere contenziosi per prestazioni oltre budget,
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la non remunerabilità delle attività eccedenti.
Questo ha ridotto drasticamente i contenziosi e salvaguardato l’equilibrio economico del sistema sanitario pubblico.
E se la struttura accreditata riceve pagamenti per extra budget? La risposta è netta. Secondo la Corte dei Conti (sentenza n. 233/2024):
“Chi riceve fondi pubblici per prestazioni sanitarie non autorizzate incorre in responsabilità per danno erariale.”
Infatti, le strutture accreditate non sono semplici fornitori, ma soggetti inseriti in un sistema pubblico-privato con finalità costituzionali (diritto alla salute, art. 32). Pertanto:
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devono rispettare la programmazione pubblica,
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non possono agire autonomamente oltre i limiti convenzionati,
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ogni pagamento ottenuto fuori dalle procedure è illecito.
Il ruolo del paziente: informazione e consapevolezza
È obbligo della struttura privata comunicare chiaramente al paziente se la prestazione richiesta non è coperta dal SSN. In questi casi:
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il paziente può scegliere di proseguire, ma a proprie spese;
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la struttura non può far ricadere il costo sul servizio sanitario pubblico.
Conclusione dell’Avv. Iacovino
“In un sistema universalistico, il rispetto dei tetti di spesa è un principio cardine. Le prestazioni extra budget non sono obbligatorie, non sono rimborsabili e non devono gravare sulla collettività. Ogni deviazione rappresenta una violazione del dovere pubblico di equilibrio e trasparenza.”