Il 9 agosto 2022 ci lasciava Mario Fiorentini (Roma, 1918–2022). Oggi, tre anni dopo, il suo nome non è una targa da spolverare ma una lezione di militanza: agire quando è più facile voltarsi dall’altra parte. «Non agire sarebbe stato un errore», ricordava.
Figlio di madre cattolica e padre ebreo, scampa al 16 ottobre 1943, quando i nazisti rastrellano il ghetto di Roma. Quella notte, tra tetti e bombe nascoste, si vede il bivio: resistere o sparire. Mario sceglie la prima strada e non tornerà più indietro.
I GAP a Roma: l’officina del coraggio
Con il nome di battaglia “Giovanni”, guida il GAP “Antonio Gramsci” nella IV zona operativa. È in prima linea:
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Regina Coeli (26 dicembre 1943): attacco al corpo di guardia, in bicicletta, con bombe a mano.
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Via Tomacelli (10 marzo 1944): azione perfetta sul corteo fascista.
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Via Rasella (23 marzo 1944): Mario individua il passaggio del Bozen e contribuisce all’organizzazione dell’attentato.
Nessuna retorica: azione, metodo, responsabilità. Per questo verrà più volte decorato con la Medaglia d’argento al valor militare.
Dopo la liberazione di Roma, la lotta continua. Con l’OSS (Office of Strategic Services) guida la missione “Dingo” tra Emilia e Liguria: sabotaggi, informazione, collegamenti. Non è eroismo romantico: è intelligence partigiana.
La Resistenza non è mai un uomo solo al comando. Accanto a Mario c’è Lucia Ottobrini: staffette, coperture, azioni. Coppia partigiana, coppia politica. Una storia d’amore nata sotto le sirene, cresciuta nella libertà.
Il professore che insegnava a pensare
Finita la guerra, il partigiano non spegne il cervello: lo affila. Diventa matematico di livello internazionale, professore ordinario all’Università di Ferrara. Studia algebra commutativa e geometria algebrica, dialoga con le idee di Grothendieck, porta la matematica nelle scuole. La stessa disciplina delle azioni gappiste diventa rigore scientifico e pedagogia civile.
Fiorentini inchioda alle nostre responsabilità.
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Memoria non come rito, ma come mandato.
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Antifascismo non come formula, ma come pratica quotidiana.
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Cultura non come alibi, ma come strumento di liberazione.
In un tempo in cui l’odio prova a rientrare dalla finestra del revisionismo, la biografia di Mario Fiorentini dice l’essenziale: scegliere. E farlo in fretta.