Teatro Rossetti di Vasto completo in ogni ordine di posto ieri pomeriggio per la rappresentazione teatrale “Chiamateci Partigiane”.
Una partecipazione emozionante, come l’ha definita l’assessora Anna Bosco, del pubblico vastese per l’appuntamento con la “Compagnia dei Merli Bianchi” in occasione della “Festa della Liberazione” al Teatro Rossetti con una partecipazione numerosissima. «Vederlo sold out è stato emozionante, ma ancora di più è stato sentire la vostra presenza viva, attenta, vibrante – hanno dichiarato dalla “Compagnia dei Merli Bianchi” – insieme abbiamo dato voce alle storie di donne che hanno lottato per la libertà, troppo spesso dimenticate, ma ancora capaci di parlare al nostro presente. Vi abbiamo sentiti accanto, e per questo vi diciamo grazie».
Saluti introduttivi, e brevi riflessioni condivisi, dall’assessora alle politiche sociali Anna Bosco, da Licia Zulli dell’associazione Dafne e da Domenico Cavacini dell’Anpi di Vasto. Interventi in cui all’importanza della memoria della Resistenza antifascista di ottant’anni fa si sono intrecciati temi di stringente attualità e riflessioni sulla società odierna. Ha citato Hannah Arendt e tanti episodi di violenza e intolleranza, sociale ed istituzionale, l’assessora Bosco. La banalità del male descritta da Arendt è oggi accanto a noi, rischiamo di assuefarci a violenze che vanno, invece, contrastate con impegno costante.
Una resistenza quotidiana, ha dichiarato Licia Zulli, che per Dafne si realizza accanto alle donne vittime di violenza, contrastando i mille volti della violenza contro le donne con l’impegno costante e quotidiano del centro anti violenza, nelle scuole e in tante altre attività sociali.
Ha rapito il numerosissimo pubblico, emozionato e catturato tutti i presenti, con una forza evocativa straordinaria e il racconto della Resistenza nel dialogo tra generazioni, tra una nonna e la nipote, ricollocando nel giusto ruolo (spesso dimenticato) la partecipazione civile femminile, lo spettacolo “Chiamateci Partigiane”. Spettacolo della “Compagnia dei Merli Bianchi” in co-produzione di Dafne ETS e il sostegno del Centro Studi Internazionale Joyce Lussu APS, con Laura Margherita Di Marco (attrice), Ludovica Trimarelli (violino), Valerio Valerii (chitarra), la regia Dimir Viana, assistente alla regia Cinzia Delbò.
Restituire alla Storia alcune pagine strappate, omesse, sminuite del loro immenso valore. Non per metterle in teche di retorica e sterile celebrazioni, altarini e santini. Ma farle diventare un caldo fiume che irriga l’oggi, l’epoca attuale. Come, fin troppo spesso, non accade.
Non basta riempirsi la bocca di paroloni, di 25 aprile, progresso e democrazia solo nelle “feste comandate”, sbandierare belle ciao come scena teatrale. Ci sono valori e ideali che vanno incarnati quotidianamente, che devono essere non finte oasi nel deserto ma acqua che irriga e fertilizza l’humus della tenace e costante, concreta e reale, presenza nella polis. Guardare alle donne di ottant’anni può essere stella polare del cammino di oggi, farli diventare santini buoni per circoletti da palazzi, che si pongono coccarde del 25 aprile, che lo fanno diventare una sigla buona solo a sé stessi, è offendere la Resistenza e ogni valore umano, democratico, costituzionale.
«La Resistenza non è finita, non è mai solo ricordo: è un esercizio quotidiano, è il coraggio di non abituarsi all’ingiustizia, di non chiudere gli occhi davanti a chi viene escluso, schiacciato, dimenticato – ha sottolineato l’assessora alle politiche sociali Anna Bosco – Un invito ad essere degni del coraggio di quelle donne con l’auspicio che sapremo essere, anche noi, parte viva di quella promessa».
Un impegno quotidiano, un calare la resistenza contro l’assuefazione all’esclusione, ai diritti schiacciati e calpestati, negati, si è intrecciato – nelle ore dello spettacolo – con la campagna referendaria in vista delle consultazioni dell’8 e 9 giugno. Un volantinaggio si è tenuto prima della rappresentazione all’esterno del Teatro Rossetti. «L’8 e il 9 giugno abbiamo un appuntamento importante, si vota per 5 quesiti referendari che toccano temi fondamentali per il nostro presente e il nostro futuro – ha ricordato l’assessora Bosco – Quattro riguardano il lavoro, ovvero contrasto alla precarietà, più tutele contro i licenziamenti illegittimi, maggiore sicurezza, il quinto invece parla di cittadinanza.
L’intento è quello di ridurre da 10 a 5 anni il tempo necessario per richiederla, includere figli minori, riconoscere i diritti a chi nasce, cresce e studia in Italia». «È importante partecipare in quanto serve il 50%+1 perché il referendum sia valido – prosegue la delegata alle politiche sociali e all’inclusione – Ricorda che quest’anno potrai votare anche se studi o lavori in un comune diverso da quello di residenza. Informati e fai girare la voce. Perché scegliere è un diritto, ma prima di tutto è un atto di responsabilità».
Presentazione dello spettacolo:
Lo spettacolo trova il suo seme drammaturgico nell’immaginario dialogo tra una nonna e la nipote con l’intento storico, culturale ed emotivo di ritrovare i luoghi e i passi delle donne partigiane, non solo di quelle definite tali in quanto combattenti. Dalla narrazione ma anche dalle reticenze al ricordare e raccontare della nonna, quasi a voler nascondere o dimenticare i fatti avvenuti tra il ’43 e il ’45, la nipote, come una vera staffetta, raccoglie il testimone dell’esperienza della nonne e di tutte le donne dei suoi racconti. Intervallandosi a questo dialogo intimo, la voce narrante apre spaccati sui contesti storici e culturali che permettono di intrecciare le singole biografie agli eventi della grande storia, spesso declinata solo al maschile relegando la figura femminile a ruoli di supporto o di secondaria importanza. Costruiscono insieme un ponte generazionale che restituisce volti, nomi e voci delle figure femminili che hanno partecipato alla Resistenza, ognuna come ha potuto, saputo e creduto, confermando il senso profondo dell’essere “partigiana”.
Lo spettatore viene condotto, tra narrazione e suggestioni musicali e sceniche, su un crinale letterario, storico ed emozionale che rende comprensibile anche quel silenzio assordante che parla molto più di tante narrazioni fantasiose od escludenti, quel non riuscire spesso a raccontare la violenza subìta, il dolore visto e vissuto da tante donne che invece hanno fatto la storia della Liberazione italiana tanto quanto gli uomini.