Giornalisti sotto attacco: Bartoli denuncia l’abuso degli esposti disciplinari per intimidire la stampa libera
In un contesto segnato da crescenti tensioni nazionali e internazionali, la libertà di stampa torna nel mirino. A sollevare l’allarme è Carlo Bartoli, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, che con una nota ufficiale denuncia un fenomeno inquietante: l’abuso dello strumento dell’esposto disciplinare come arma per colpire chi fa giornalismo scomodo.
«Si sta intensificando l’abuso dello strumento dell’esposto presentato ai Consigli di disciplina nei confronti di molti colleghi colpevoli, in molti casi, solo di avere svolto il proprio dovere».
Con queste parole Bartoli fotografa una tendenza sempre più pericolosa: quella di ricorrere sistematicamente agli esposti per zittire, minacciare o delegittimare i giornalisti impegnati nel racconto dei fatti, specie quelli più scomodi per i potenti.
“Presentatori seriali di esposti”: una nuova forma di censura. Il presidente dell’Ordine punta il dito contro quello che definisce un “rinnovato attivismo” di certi presentatori seriali di esposti, che non hanno alcun interesse nella deontologia professionale, ma che sfruttano i meccanismi interni dell’Ordine per tentare di imbavagliare la stampa.
«Questo rinnovato attivismo ha lo scopo di intimidire e intimorire i colleghi e, come effetto secondario ma non meno importante, quello di svilire lo strumento dell’esposto disciplinare, che deve essere utilizzato per segnalare comportamenti scorretti e non per cercare di mettere a tacere voci sgradite».
Un attacco subdolo, che passa per l’apparenza della legalità, ma che in realtà cela un intento censorio. Una dinamica che colpisce duramente l’integrità e l’indipendenza dell’informazione, e rischia di trasformare l’Ordine in uno strumento inconsapevole di repressione.
Il monito di Bartoli: “Il pluralismo può dar fastidio, ma è essenziale”. La conclusione della nota è un messaggio chiaro, che va ben oltre la difesa della categoria e tocca il cuore della democrazia:
«Il pluralismo può essere talvolta indigesto, ma è l’unica alternativa al pensiero unico, a cui evidentemente certe persone sono affezionate».
Un avvertimento che dovrebbe far riflettere chi oggi, con leggerezza o malafede, trasforma l’esposto disciplinare in un’arma politica o personale. Il giornalismo, quando è libero e indipendente, non fa sconti a nessuno. E per questo motivo è spesso il primo bersaglio di chi il potere non lo vuole condividere, ma solo conservare.
Difendere il giornalismo è difendere la democrazia. Bartoli non parla solo ai giornalisti, ma alla società intera: l’informazione è un presidio di libertà, e ogni tentativo di limitarla – anche attraverso forme burocratiche e legalitarie di intimidazione – è un attacco alla tenuta democratica del Paese.
Serve oggi, più che mai, un Ordine compatto e vigilante, che difenda con fermezza chi fa il proprio lavoro con coscienza e coraggio. E serve una cittadinanza consapevole, che riconosca l’importanza di un’informazione pluralista, libera e non piegata al pensiero unico.





