Sono passati 35 anni da quando l’educatore carcerario, Umberto Mormile, è stato assassinato. Da lì è iniziato un lungo iter di processi volti alla ricerca della verità e giustizia. Ad essere già condannati sono Franco Trovato, Antonio e Domenico Papalia come mandanti e Antonio Cuzzola e Antonio Schettini come esecutori.
Ma l’omicidio dell’educatore è anche un intreccio di interessi convergenti dove trovano al suo centro parte deviata dei servizi segreti con relazioni insieme ai boss di ‘ndrangheta. Infatti ormai non si può discutere sul fatto che l’omicidio di Mormile rientri in un disegno criminoso in quanto aveva scoperto che qualche membro dei servizi era entrato in carcere, sotto falsa identità, per incontrare i boss di ‘ndrangheta. Inoltre l’omicidio è il primo rivendicato dalla sigla “Falange Armata”.
In questo processo sono stati giudicati i collaboratori di giustizia Salvatore Pace e Vittorio Foschini. Entrambi condannati in primo grado a sette anni di reclusione. Foschini non ha fatto ricorso in appello e quindi la sentenza è passata in giudicato.
Pace ha ricorso e, la corte d’appello ribaltando la sentenza di primo grado, lo ha assolto perché “il fatto non sussiste”.
Lo stesso giorno dell’omicidio, come detto, arriva la rivendicazione della sigla Falange Armata all’ANSA di Bologna:
“A proposito di quanto avvenuto a Milano – il terrorismo non è morto. Vogliamo che l’amnistia sia estesa anche ai detenuti politici. Non importa chi sono – ci conoscerete in seguito”
Sei mesi dopo, precisamente il 27 ottobre 1990, alle ore 12.25, la rivendicazione sembrava individuare “nominativamente” il suo mittente con la sigla, allora sconosciuta, di “Falange armata carceraria”, apparente propaggine dell’entità che diverrà ancor più tristemente famosa come “Falange armata”, sigla più volte utilizzata per rivendicare omicidi, delitti di mafia e azioni di terrorismo nonché, e per meglio dire, talvolta per creare depistaggi affinché autori e mandanti (“non mafiosi” ma in concorso con essi) rimanessero ignoti ed impuniti.
La telefonata anonima, registrata:
“Qui Falange Armata Carceraria. All’inizio di quest’anno abbiamo individuato due fronti di lotta armata, uno all’esterno nelle sezioni politico finanziarie giudiziarie e l’altro all’interno delle carceri. Qui abbiamo individuato cinque operatori-educatori che non operativi e cervelli dell’organizzazione della legge Gozzini. Mormile di Milano è già stato giustiziato. Gli altri quattro saranno colpiti al momento giusto e opportuno: educatore Zottola del carcere di Porto Azzurro, educatore Scalone del carcere di Messina, educatore Bacirca – o Vacirca – del carcere di Pavia, educatore Grulli – o Grilli – del carcere di Ancona come esecutori politici del loro ministero e per ragioni di carattere politico sociale. Domani sera avrete a Bologna un comunicato nel cestino dei rifiuti della stazione.”
Dalle sentenze precedenti viene ricostruito ciò che è “irrevocabilmente provato”, compreso la condanna di Foschini passata in giudicato in primo grado.
Nelle motivazioni della sentenza di primo grado riguardante Pace, viene specificato ciò che è emerso nella condanna tra cui la principale fonte di prova posta a fondamento della condanna è
“l’autoincriminazione del PACE rispetto al contributo versato nell‘omicidio di Umberto Mormile”. “Ne consegue che il contributo concorsuale reso dall’imputato deve collocarsi, per stessa ammissione del dichiarante, nella fase preparatoria dell’agguato, a fase deliberativa già avvenuta, ma certamente prima della consumazione del fatto. Il Pace, dunque, “si era messo a disposizione “, nell’ambito e in favore del gruppo “allargato” e coeso che all’epoca, come egli stesso ha dichiarato, famiglie diverse erano riuscite a comporre per il raggiungimento di obiettivi criminali comuni, e al fine di agevolare, nello specifico, la realizzazione dell’azione omicidiaria propostagli, attraverso l’apporto ‘di mezzi “propri”’ (id est: moto rubate), ed invero anche di propri uomini, il tutto con indicazione — specifica — da parte dei “proponenti” del proposito criminoso perseguito attraverso il supporto logistico richiesto: ovvero per uccidere l’educatore di Opera che ‘si era comportato male’”.
Sono diversi i motivi per cui si chiede l’appello e quindi l’impugnazione della sentenza emessa tra cui la parte relativa alle dichiarazioni in precedenti processi di Pace, dichiarato credibile, non essendo mai stato imputato dell’omicidio Mormile:
- come si può condannare Pace che non è mai stato imputato per l’omicidio Mormile nei procedimenti da cui sono nate le sentenze irrevocabili oggi acquisite?
- Come si può condannare Pace se è stato ritenuto collaboratore attendibile e credibile dai giudici a quo, anche a dispetto delle assente chiamate in (cor)reità dei vari Cassaniello, Modesto e Foschini?” in quanto “Salvatore Pace in merito al delitto per cui si procede con le quali quest’ultimo negava di avervi avuto un molo materialmente attivo e di essere stato a conoscenza degli intenti omicidiari a danno dell’educatore Mormile sol perché “…gliene aveva parlato Schettini…”, rammentandogli d’essere stato oblato per fornire una moto da impiegare nella perpetrazione del delitto: implicitamente scagionandolo da ogni addebito, del resto mai mosso nei suoi confronti.”
Inoltre viene prospettata la questione della prescrizione, già citata alla fine del primo grado di giudizio, relativo al delitto omicidiario aggravato dalla premeditazione e dalle aggravanti dell’agevolazione mafiosa. Cosa che, “in prime cure è stata respinta”. Inoltre la difesa di Pace contestava la inutilizzabilità dichiarazioni rese dal Pace il 27 aprile 2018 relative al processo ‘ndrangheta stragista rese alla Corte d’Assise si Reggio Calabria, cosa che è stata accolta in primo grado. Inoltre contestava le dichiarazioni rese alla DDA di Milano rese in questo procedimento il 28 marzo 2019, cosa che il giudice del primo grado ha respinto dichiarando che non solo sono utilizzabili ma fondanti per l’affermazione di penale responsabilità.
Inoltre è impugnato il concorso morale di Pace, per diverse motivazioni richiamando a sentenze precedenti e ad assoluzioni già date. Vengono pure, nell’impugnazione, elencate le dichiarazioni del collaboratori di giustizia che per la difesa sono contrastanti tra di loro o che sono state rese oltre il termine utile dei 180 giorni.
Il 7 marzo 2025 è stata depositata la memoria della parte civile, dall’avvocato dei familiari di Mormile Fabio Repici.
Nella memoria l’avvocato chiede “attività istruttoria, acquisizione di atti e declaratorie di incompatibilità”.
L’avvocato chiama in causa il caso Equalize che ha portato alla custodia cautelare l’ex sostituto commissario della Polizia di Stato Carmine Gallo. Nello stesso procedimento viene indagato l’avvocato Salvatore Verdoliva, avvocato di Salvatore Pace quindi colui che ha scritto i motivi principali dell’appello presentato, per i reati di accesso abusivo a sistemi informatici e rivelazioni di segreti d’ufficio, in concorso con Carmine Gallo.
E a pagina 14 dell’informativa dei carabinieri che hanno portato, in gran parte, alle risultanze delle indagini preliminari, viene scritto:
“L’avv. Verdoliva è stato nominato quale difensore di fiducia dall’imputato Pace qualche giorno dopo la notifica a quest’ultimo dell’avviso dì conclusione delle indagini preliminari, a maggio 2022. Come sopra riportato, in quel momento Pace era a contatto con Gallo per ragioni oggetto delle investigazioni. È in questo torno di tempo che Pace, con ogni probabilità su induzione del sostituto commissario Gallo, nomina per la prima volta quale proprio difensore l’avv. Salvatore Verdoliva. Il predetto professionista in quel momento formalmente risulta domiciliato proprio nella sede della società Equalize guidata da Gallo. (…) Carmine Gallo era l’ufficiale di polizia giudiziaria che collaborò con la Procura della Repubblica di Milano negli anni Novanta per la gestione di innumerevoli collaboratori di giustizia, ivi compresi quelli che hanno riferito sull’omicidio Mormile nel modo, molto peggio che ambiguo, che è stato stigmatizzato dalla sentenza di primo grado.”
E da questo nascono i dubbi sulla richiesta dell’avvocato di Pace sulla inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da Pace stesso nel 2019 e “l’utilizzazione delle sole dichiarazioni dall’imputato rilasciate proprio all’epoca in cui Gallo era protagonista delle indagini della Procura di Milano in materia di criminalità organizzata.”
Inoltre, sempre secondo l’avvocato Repici,
“Occorre rilevare, peraltro, che al riguardo del poliziotto Carmine Gallo risultavano già nel fascicolo le illuminanti dichiarazioni di Antonino Cuzzola, nel suo interrogatorio dell’11 marzo 2019 (pag. 104): «Ci sono state tutte quelle scarcerazioni a Nord-Sud in Appello, una massa di scarcerazioni che hanno fatto accordi coi Papalia e Ciccio Barbaro per liberare la Sgarella. Perché tutti questi accordi li ha fatti pure quello che lavora qua in Tribunale, Gallo […] Questi accordi qua, quello che veniva nella gabbia a parlare e stava ore e ore con Antonio Papalia è Gallo, e l’avete qui in questo Tribunale, è diventato commissario con…”
A seguito di queste risultanze la richiesta dell’avvocato Repici fa riferimento alla incompatibilità dell’avvocato Verdoliva in quanto si trova in conflitto d’interessi proprio per le indagini che lo riguardano in concorso con Gallo “per questioni attinenti proprio, fra l’altro, l’assistenza difensiva dell’imputato Pace, indirizzata da Carmine Gallo.”
“Pur a fronte di un giudizio che si svolge con le forme del giudizio abbreviato, si impone la rinnovazione istruttoria quanto meno per l’esame del tenente colonnello David Pirrera e per l’esame, quale persona indagata in procedimento connesso, del poliziotto Carmine Gallo per accertare, come si può dedurre dall’informativa allegata, l’ingerenza del sostituto commissario Carmine Gallo nella difesa processuale dell’imputato Pace e se ciò derivi dai legami dello stesso Gallo con esponenti dei servizi segreti, al fine di ottenere l’esclusione di esponenti di apparati di sicurezza dal coinvolgimento nell’omicidio di Umberto Mormile.”
A seguito del deposito della memoria di parte civile Salvatore Pace ha revocato l’avvocato Verdoliva per nominare l’avvocato Maria Luisa Marino Borgato. Inoltre, a seguito della memoria depositata è deceduto Carmine Gallo.
In aggiunta l’avvocato Repici chiede
“l’acquisizione di lettera sottoscritta (più precisamente: scritta dai suoi Legali e «per ratifica e approvazione» anche dal defunto Carmine GALLO) con la quali i mittenti si rivolgevano alla Redazione Milano Todav con «DIFFIDA A RIMUOVERE O RETTIFICARE L’ARTICOLO LESIVO DELLA REPUTAZIONE DEL DOTT. CARMINE GALLO».
L’articolo cui i mittenti si riferivano è del 24/02/2025 titolato: «Dal Giornalista Alfano (ucciso) a Squadra Fiore: ecco dove porta l’indagine su Carmine Gallo — in 10 punti», a firma di Fabrizio Gatti.
Nella decisione della corte d’appello le memorie difensive dell’avvocato Repici sono state respinte però “impongono premesse e decisioni preliminari, a principiare dalla esposizione della genesi del processo, non più superflua, come invece sarebbe stata in sua assenza, bensì oltremodo esplicativa e dirimente per l’approdo processuale da raggiungere.” cosa che sarebbe stata superflua in una eventuale assenza delle stesse.
La corte d’appello è, quindi, arrivata a questo giudizio in quanto a suo parere non è emerso nulla di più e nulla di nuovo da vecchie dichiarazioni di collaboratori di giustizia e risultanze processuali. E, di conseguenza, ha assolto l’indagato perché il fatto non sussiste:
“l’attività investigativa ulteriormente compiuta, per individuare altri corresponsabili (morali) e accertare in via definitiva il movente sotteso al crimine commesso, con le sue pretese novità processuali — id est: “confessioni” sopravvenute e precisazioni aggiuntive di (datate) chiamate in correità — con riguardo all’unico tema che si ha titolo per esaminare e decidere (cioè a dire il ruolo giocato da Pace Salvatore nel delitto per cui è causa), depurata da suggestioni e forzature, non ha in realtà apportato, in fatto, nulla di più e di diverso, in termini di verità processuale, di quanto era già stato assicurato agli atti dalla puntuale, scrupolosa, approfondita attività investigativa ed istruttoria del passato”.
In sostanza dalla Corte d’Appello viene accertato che Salvatore Pace, attraverso Cassaniello, consegnò solo una moto non marciante e quindi non utilizzata nell’omicidio e questo, sempre per la corte, non rientra nel concorso nel commettere il reato. Ha fatto decadere, quindi, tutte i punti interrogativi sollevati dalle parti civili e la ricostruzione storica dell’omicidio e di chi potrebbe averlo voluto in quanto non rientri in questo processo.





