A Somma Vesuviana ho portato alla luce ciò che molti conoscevano e pochi osavano pronunciare. La paura è ancora la regina della piazza. I cittadini esitano a parlare, a denunciare, a esporsi. I pregiudicati restano i riferimenti di famiglie radicate; i figli ne ereditano il credo criminale come fosse una professione di famiglia.
Negli anni ho indicato le piazze di spaccio, i tentativi di estorsione, i covi dove si custodivano armi e bombe, la collusione tra insospettabili e criminali. Qualcuno ha provato a fermarmi con minacce, fango e querele. Non ho mai mollato.
Oggi più di ieri vedo due piani che si tengono per mano:
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La strada, pronta a uccidere per uno sguardo di troppo.
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L’economia, che con la prepotenza di noti ex appartenenti alla camorra impone regole nella gestione delle attività commerciali.
A questo si somma l’infiltrazione politica: dalle elezioni in poi, i parenti di pregiudicati fanno campagna, raccolgono preferenze, spingono interessi. Gli abusi edilizi sono moneta di scambio che muove consenso e denaro, in un territorio dove tutto viene ridotto a un comodo “nulla di che”.
Credo nei cittadini onesti e silenziosi, stanchi di vivere sotto un controllo che rende la città invivibile. La sicurezza è un ricordo: strade in mano a gruppi di delinquenti, impunità diffusa, spaccio ovunque. E poi i pestaggi, in pieno centro, in pieno giorno, sotto gli occhi di tutti.
Qui la camorra ha trovato un equilibrio: niente sparatorie mortali, a parte attentati utili a provare le armi. È una regia di vecchio stampo: gente passata dal carcere, che conosce a memoria il sistema della giustizia e sa imporre il comando con ogni mezzo e a qualunque costo.
Dalla politica sommese non ho ricevuto alcun supporto. Dopo le denunce su piscine abusive e su abusi che coinvolgevano (direttamente o indirettamente) politici in carica, sono diventato il nemico numero uno. PEC inviate su canali istituzionali e mai una risposta: un messaggio chiarissimo da una parte ampia della politica locale.
L’onestà ha un prezzo e lo sappiamo. Non so se Somma Vesuviana riuscirà a invertire il declino; il degrado è realtà. Ma perché mollare?
C’è chi mi chiede perché continui. Io penso a chi non ha voce e subisce ogni giorno la violenza di chi vive senza regole. Penso a ciò che Somma sarebbe potuta essere se la politica avesse scelto il bene comune. Penso ai ragazzi perbene che hanno paura e vanno altrove, ai commercianti che subiscono pressioni e quel pizzo mascherato dietro la vendita di rotoloni, alle notti disturbate da bande di balordi che, se richiamati, rispondono con violenza.
Forse sono la voce dei deboli. Di certo, i delinquenti, i collusi, i camorristi temono la denuncia. I risultati concreti ottenuti non sarebbero arrivati senza questa azione. Ma non può restare la voce di uno solo. Servono più voci, più coraggio, più determinazione.
“La mentalità criminale si sconfigge nel quotidiano: con la denuncia, con la sensibilizzazione alla cultura della legalità, con i buoni esempi e con tanta determinazione.”
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Denunciare sempre: i reati non sono opinioni.
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Documentare: foto, video, orari, luoghi; la memoria è prova.
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Non normalizzare: davanti agli abusi edilizi, pestaggi, spaccio, estorsioni.
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Fare rete: cittadini, commercianti, scuole, associazioni per la legalità.
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Educare: portare nelle classi storie, nomi, conseguenze. La cultura sposta aghi.
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Proteggere chi parla: sostegno pubblico e privato a chi si espone.
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Usare i canali ufficiali (anche se ignorano): tracce, PEC, richieste formali ripetute.
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Raccontare: la luce imbarazza chi vive di buio. E il buio, quando lo illumini, perde il vantaggio.
Somma Vesuviana non è condannata al buio.
Ma la luce non arriva da sola: la si accende. Io continuerò a farlo. Perché mollare sarebbe tradire chi non può parlare, e consegnare la città a chi la vuole zitta.