Fratelli d’Italia scrive: “Nessun premio ai boss. Nessuna apertura a chi non si è mai dissociato.” Un messaggio forte, che punta la luce sul fronte carcerario e sull’inasprimento dei benefici penitenziari per i reati di mafia.
Applausi facili, linea dura, identità di partito in primo piano.
Il problema? È un discorso a metà. Mentre si alza la voce contro i boss, nessuno sussurra neppure all’orecchio dei testimoni di giustizia. E senza chi denuncia, l’antimafia è scenografia: toga senza prove, processo senza coraggio.
Parliamo di misure eccezionali, filtrate, con criteri severi, soprattutto per i reati ostativi. Esistono perché la legalità non è vendetta: è Stato di diritto. Il punto non è abolire il diritto per tutti, ma impedire che lo usi chi non ha rotto con il crimine.
Ma l’antimafia non si fa solo con i no ai boss.
Si fa soprattutto con i sì a chi sta dalla parte dello Stato prima e dopo aver testimoniato.
Il buco nero: i testimoni di giustizia
Chi denuncia spesso perde lavoro, casa, radici, reputazione, salute. Le tutele ci sono sulla carta, ma nella vita reale si inceppano: ricollocazioni che non arrivano, ristori a singhiozzo, debiti che marciano, famiglie abbandonate al labirinto amministrativo.
È qui che lo Stato deve essere spietato – non con chi ha parlato, ma con la burocrazia che lo schiaccia.
Se il messaggio politico è solo “più duro coi boss”, il messaggio sociale rischia di diventare “non conviene parlare”. E questa è benzina per i clan.
Ecco cosa serve subito:
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Piano nazionale Testimoni di Giustizia: tempi certi, procedure snelle, sportello unico.
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Ricollocazione lavorativa garantita: canali dedicati nella PA e incentivi veri alle imprese (con controlli, non vetrine).
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Fondo “Vivere dopo la denuncia”: casa, salute, studio figli, mobilità, psicologia.
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Moratorie automatiche su mutui/utenze e tutela del merito creditizio: chi denuncia non dev’essere marchiato a vita.
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Tutor legale-amministrativo per ogni nucleo familiare, fino alla piena autonomia.
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Trasparenza: report trimestrali su tempi, risorse, risultati.
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Formazione obbligatoria per Prefetture, enti locali, forze dell’ordine, aziende: dalla teoria alla pratica.
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Protezione dell’identità digitale e della reputazione: stop al linciaggio social, tutela giudiziaria rapida.
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Rete territoriale (Comuni, Regioni, scuole, sanità): non più favori, diritti esigibili.
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Audizioni periodiche in Commissione Antimafia con testimoni, associazioni e tecnici: meno passerelle, più manutenzione del sistema.
Essere duri coi boss è necessario.
Ma essere affidabili con i testimoni è decisivo. Senza il secondo pilastro, il primo è propaganda.
La legalità non si misura dai post su X ma dalla capacità dello Stato di restare accanto a chi lo ha scelto quando spegne le luci la telecamera.
Le nostre 20 domande
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Chi ha scritto materialmente la mail inviata al Testimone di Giustizia Gennaro Ciliberto?
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Con quale qualifica e con quale mandato è stata firmata quella comunicazione?
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Qual è il ruolo formale della segreteria particolare della Presidenza dentro la Commissione Antimafia, rispetto ai dossier sui Testimoni?
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Quali legami politico–istituzionali ha l’autrice della mail con membri della Commissione o con l’esecutivo?
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La presidente Chiara Colosimo era a conoscenza della mail prima dell’invio? L’ha letta e avallata?
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Perché la presidente avrebbe telefonato direttamente a soggetti in protezione su linee non protette? Chi ha autorizzato? Con quale protocollo?
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Quando la Commissione Antimafia calendarizzerà le audizioni richieste (Ciliberto, Coppola, altri) come prevede l’art. 17 della legge 6/2018?
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Quale protocollo scritto disciplina oggi i contatti tra Commissione e protetti? È pubblico? È stato rispettato?
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L’avv. Angela Verbaro (figlia e nipote di Testimoni di Giustizia) conosce nel merito la condizione reale dei Testimoni e le criticità del programma?
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L’avv. Verbaro conosce la storia di Gennaro Ciliberto?
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Chi l’ha nominata, con quali criteri e procedure?
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Qual è il perimetro dell’incarico dell’avv. Verbaro? Quali atti ha prodotto?
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L’avv. Verbaro era a conoscenza delle mail inviate a Ciliberto?
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Quando presiedeva la Commissione ex art. 10, Alfredo Mantovano che ruolo ebbe nei casi Verbaro?
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L’avv. Verbaro mantiene rapporti istituzionali con Mantovano sul tema Testimoni?
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Il consulente Tano Grasso: quali rapporti con Mantovano e quale perimetro di incarico oggi?
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L’interesse del sottosegretario Mantovano sui lavori antimafia in materia di Testimoni è diretto? In che cosa si traduce?
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Chi ha proposto le nomine di Verbaro e Grasso e con quali criteri?
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I consulenti percepiscono compensi o rimborsi? Quanto e su quali capitoli?
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Presidenza del Consiglio e Governo sono formalmente informati dei fatti segnalati (mail, telefonate, disvelamenti, audizioni mancate)? Quale indirizzo politico assumono subito?
Duri coi boss, bene. Adesso dimostrate di essere leali con i testimoni.
Perché senza di loro lo Stato parla da solo e la mafia, nel silenzio, ascolta e sorride.
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