Diamo spazio alla nota inviata dal PCL Molise
Il 10 settembre 1943, Isernia fu devastata dalle bombe americane. Una città rasa al suolo, centinaia di vittime innocenti, famiglie spezzate. Una strage inutile, che i sopravvissuti hanno raccontato con dolore per generazioni, lasciando un monito indelebile: cosa significa essere un popolo bersaglio quotidiano dei bombardamenti.
Oggi, quell’esperienza di morte e resistenza diventa un ponte con l’attualità. La memoria delle vittime di Isernia del ’43 è in viaggio ideale con la Flotilla per Gaza, simbolo di solidarietà verso il popolo palestinese, vittima a sua volta di bombardamenti indiscriminati e di un genocidio pianificato e sostenuto dai poteri imperialisti.
Allora, come oggi, la logica era la stessa: la popolazione civile ridotta a bersaglio. Da un lato le truppe naziste di Hitler e i loro lacchè fascisti, che trascinarono l’Italia in guerra al fianco di un regime criminale. Dall’altro l’esercito statunitense, pronto a disseminare bombe su città, beni culturali e vite innocenti, con un disprezzo venato di razzismo.
Il dopoguerra non cambiò la sostanza: gli imperialismi occidentali riciclarono i fascisti, proseguendo la loro “missione storica” contro i movimenti popolari e socialisti. Oggi, quegli stessi poteri si ritrovano a sostegno del crimine sionista contro il popolo palestinese, con armi, affari e protezione diplomatica.
Il ruolo dell’Italia è chiaro: complicità politica, militare e diplomatica con chi perpetua massacri quotidiani a Gaza.
Un sostegno che trova eco anche in settori della stampa compiacente e di pseudostorici pronti a minimizzare, quando non a giustificare, l’indicibile. Ma la storia, prima o poi, presenta il conto.
La memoria come resistenza
La memoria delle bombe di Isernia del 1943 non appartiene solo al passato: oggi è parte del viaggio della Flotilla verso Gaza, un atto di resistenza civile e popolare contro il genocidio.
Il legame è diretto: chi ha conosciuto, raccontato e custodito il dolore della distruzione di Isernia non può restare indifferente di fronte ai massacri in Palestina. La memoria, se è viva, diventa lotta.
E la storia insegna: chi oggi sostiene la barbarie, come ieri, finirà nella pattumiera della storia, condannato dalle nuove generazioni.