Un romanzo fatto di cieli e inquietudini
David Szalay, autore di Tutto quello che è un uomo, torna con Turbolenza (Adelphi, 2019, traduzione di Anna Rusconi) e mette in scena una geografia umana instabile, dove i protagonisti non hanno più radici sulla terra ma viaggiano costantemente in aria, senza possibilità di nascondersi.
Il titolo è perfetto: la turbolenza non è solo atmosferica, frutto dei cambiamenti climatici e delle imprevedibili correnti che scuotono i voli. È soprattutto esistenziale, fatta di smarrimento, fragilità, paura di non avere più un approdo sicuro.
Dodici personaggi, un unico respiro narrativo
Il romanzo è costruito come una catena: dodici capitoli, dodici personaggi che si passano il testimone in modo quasi invisibile, uno scivolando dentro la vita dell’altro. Un viaggiatore lascia spazio al prossimo, e la continuità narrativa diventa un mosaico che si legge d’un fiato.
Non ci sono eroi, non ci sono protagonisti assoluti: ci sono vite comuni travolte dall’imprevisto, tra terminal aeroportuali e cabine pressurizzate, tra conversazioni sospese e paure taciute. Szalay riesce a trasformare ogni episodio in una rivelazione, con una scrittura asciutta, precisa, quasi chirurgica.
Se nei romanzi precedenti gli uomini di Szalay potevano ancora cercare rifugio sulla terra, qui non c’è più spazio: l’umanità è sospesa nell’aria, come i passeggeri di un volo che non controllano né rotta né destino.
È il riflesso di un mondo globale, connesso, frenetico, ma al tempo stesso fragile e impaurito. Un mondo che conosce il rischio, ma sceglie lo stesso di attraversarlo. Turbolenza diventa così una metafora perfetta del nostro tempo, fatto di precarietà, di legami fugaci, di tentativi disperati di fuga.
Szalay non indulge, non spiega troppo. Ogni capitolo è breve, tagliente, ma lascia un’eco che si prolunga. È come se lo scrittore sapesse che, in un’epoca di voli low cost e ansie globali, anche la letteratura deve adeguarsi a un ritmo rapido ma intenso, capace di lasciare segni profondi in poche pagine.
La traduzione di Anna Rusconi restituisce in pieno la limpidezza e la tensione dell’originale, confermando la forza di un autore che sa raccontare l’umanità smarrita senza retorica, ma con precisione quasi spietata.
Perché leggere Turbolenza
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Perché è un romanzo breve ma densissimo, capace di lasciare un segno.
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Perché racconta il nostro tempo globale, sospeso tra arrivi e partenze, senza mai scivolare nel banale.
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Perché mette in scena la paura più grande: non sapere cosa accadrà, e non poter scendere dal volo della vita.
Turbolenza di David Szalay è un piccolo gioiello narrativo, un romanzo che ci obbliga a guardare in faccia l’instabilità del presente. Dodici storie collegate da un filo invisibile, dodici vite che vibrano come gli aerei nel cielo attraversato dalle correnti.
Una lettura perfetta per chi ama la letteratura contemporanea che sa farsi specchio della realtà, con uno stile essenziale ma capace di toccare corde profonde.