Il 7 ottobre 2024 la Corte d’Assise di Palermo, presieduta dal dott. Sergio Gullotta, ha condannato Gaetano Scotto come colpevole dell’omicidio dell’agente di polizia Nino Agostino, avvenuta il 5 agosto 1989 insieme alla moglie incinta Ida Castelluccio, esclusa, limitatamente all’omicidio commesso in pregiudizio della moglie, la circostanza aggravante della premeditazione, e, per l’effetto, lo condanna alla pena dell’ergastolo, con isolamento diurno per la durata di mesi diciotto.
Ha invece assolto Francesco Paolo Rizzuto perché il fatto non sussiste.
In più di 280 pagine i giudici hanno ricostruito tutto l’iter giudiziario che ha portato a questa sentenza dalle modalità dell’omicidio alle prime indagini e la pista “Aversa”, ovvero il depistaggio sulla presunta ritorsione dei familiari di Rosalia Aversa, ex fidanzata di Nino Agostino, a seguito della rottura del fidanzamento tra i due giovani.
È stata ben approfondita l’attività di ricerca dei latitanti svolta da diversi agenti per conto del SISDE, tra cui Nino Agostino. Tema, questo, approfondito dalle dichiarazioni di diversi testimoni di giustizia, tra cui Vito Galatolo, Francesco Onorato, Giovanni Brusca e altri e, mano a mano, confermati, tra gli altri, dall’amico e collega La Monica. È stato confermato la presenza di un “prezziario, contenente l’indicazione delle taglie per la cattura di latitanti”. Confermato, questo,
“dalle dichiarazioni rese anche nel presente dibattimento dal commissario Antinoro, dirigente del Commissariato di San Lorenzo, e dal capitano Grigani, appartenente al SISDE, il quale di tale diffusione si era personalmente occupato; – da tutte le emergenze acquisite nel processo concluso con le condanne per l’omicidio in pregiudizio di Emanuele Piazza, peraltro riversate anche nel presente dibattimento, quali le dichiarazioni dei collaboratori Giovan Battista Ferrante e Francesco Onorato e quelle rese dai familiari della vittima, Piazza Andrea e Piazza Giustino; ed ancora dalle dichiarazioni, rese o comunque acquisite nel presente processo, dai collaboratori di giustizia Giovanni Brusca e Antonino Giuffre.”
Inoltre viene confermato che vi
“è emerso. infatti, in termini ancor più specifici, che tale attività l’Agostino la svolgeva certamente nel “cuore” del mandamento di Resuttana, ossia proprio nei pressi di quel vicolo Pipitone.”
Vengono, mano a mano, analizzate le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, e in ordine: Vito Galatolo, Oreste Pagano, Giovanni Brusca, Vito Lo Forte, Francesco Onorato, Giovanna Galatolo, Angelo Fontana, Francesco Di Carlo, Antonino Giuffrè, Giuseppe Marchese e Francesco Marino Mannoia.
Sono stati approfonditi tutte le possibilità relative alla responsabilità del boss Gaetano Scotto, del ruolo di Nino Madonia all’interno del mandamento di Resuttana e dei collegamenti proprio con Scotto; le ragioni dell’uccisione e della sua matrice mafiosa riferibili sempre a Gaetano Scotto; la sequenza di omicidi commessi dal mese di maggio 1989 fino a marzo 1990 e riconducibili a simili cause, tra cui quello di Giacomo Palazzolo, Gaetano Genova e Emanuele Piazza proprio per la loro attività di ricerca o di aiuto alla ricerca dei latitanti; le attività svolte da Nino Agostino all’interno del mandamento di Resuttana e la presenza in vicolo Pipitone di soggetti appartenenti alle istituzioni e i rapporti con Nino Madonia e Gaetano Scotto. In particolare viene confermato
“che effettivamente l’agente Agostino possa essere venuto a conoscenza di “innaturali” rapporti tra la cosca Madonia e rappresentanti delle Forze dell’ordine, in specie dei servizi segreti, risulta confermato da una serie di univoche e convergenti emergenze probatorie.”
Infatti vengono prese in considerazione le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia:
Giuseppe Marchese, il quale ha dichiarato:
“che ce l’hanno sempre avuto loro sti contatti…in particolare i Madonia”, circostanza che egli conosceva per averne parlato con gli stessi Madonia, oltre che con altri importanti capimafia, quali Mariano Agate e Leoluca Bagarella. Ha quindi aggiunto, sia pure utilizzando una perifrasi per vero assai vaga, che “rientrava….nel contesto dell’omicidio Agostino….” un appartenente ai “servizi segreti che aveva un volto “Trippuso” (sfregiato, butterato), il quale forniva informazioni a Cosa Nostra” (chiaramente identificabile in Giovanni Aiello), senza tuttavia sapere riferire null’altro di preciso in ordine a tale presunto coinvolgimento, “guardi non mi ricordo dottore…”
Francesco Marino Mannoia, il quale aveva appreso da Franco Adelfio
[“fonte” ben più che qualificata, in quanto “era stato il sottocapo della famiglia di Villagrazia, di cui apparteneva al nostro mandamento, il mandamento di Stefano Bontade, Santa Maria di Gesù, quindi con lui io, oltre ad avere qualche delitto pure in comune, avevamo un rapporto molto intimo e quindi si parla di alcune cose, nell’intimità non si parla con chiunque”], che “MADONIA sapeva perfettamente che Agostino era poliziotto ed aveva rapporti con i servizi”, tanto da concludere che l’omicidio non aveva interessato soltanto “cosa nostra”.
Ulteriore conferma si trae anche dalle dichiarazioni, sia pur sul punto generiche, del collaboratore di giustizia Francesco Di Carlo, il quale nel riferire di aver saputo da Antonino Gioè, esponente di assoluto rilievo dell’associazione mafiosa “cosa nostra“, che responsabili dell’omicidio Agostino erano stati i Madonia, ha aggiunto che questi ultimi avevano rapporti ad “alti livelli“.
Anche il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca ha fornito elementi sul punto, in particolare facendo riferito a collegamenti dei Madonia con componenti della Questura di Palermo, grazie ai quali essi erano in condizione di ricevere notizie riservate, anche in relazione agli agenti dediti alla ricerca dei latitanti
[“…loro avevano troppe notizie da parte della Questura, ma non solo nell’89… … ….non glielo chiedevo mai, però loro conoscevano fatti, misfatti……..Molte volte non c’è bisogno di dire, sai c’è tizio, caio e Sempronio che mi stanno passando notizie, a destra e a manca, c’è “и sbirru”, c’è “u sbirriceddu” che mi sta passando tutte le notizie immaginabili e possibili…. … ….Notizie di queste persone che cercavano, latitanti, che cercavano indizi…”].
Si è visto, inoltre, come l’esistenza di tali rapporti emerga anche dalla viva voce di Salvatore Riina, il quale, nel corso di una conversazione in carcere il compagno di merende Alberto Lorusso, in data dell’8/11/2013, escludeva che i MADONIA fossero “cunfirenti” dei servizi segreti, ossia fossero degli “spioni“, confermando che piuttosto “inc… erano in contatto coi servizi segreti”.
“In tale contesto, si inseriscono poi, e trovano quindi pieno riscontro, le ulteriori dichiarazioni che, in maniera più specifica, confermano tali collegamenti istituzionali dei Madonia ed anche dell’odierno imputato Scotto Gaetano, in particolare individuando gli esponenti delle Forze dell’Ordine e dei Servizi di sicurezza che siffatti rapporti, a vario titolo, intrattenevano, nonché collocandoli sovente proprio all’interno di vicolo Pipitone, ancora una volta a conferma della loro riconducibilità agli interessi mafiosi del mandamento di Resuttana.”
Per l’omicidio della moglie incita, Ida Castelluccio, facendo cadere la premeditazione dell’omicidio, e considerandola solo una vittima collaterale, il reato è stato prescritto per decorrenza dei termini.
Ce lo aveva anticipato il nipote Nino Morana, il 21 marzo a Trapani, in questa intervista il voler ricorrere alla Corte Europea de Diritti dell’Uomo in quanto lo “Stato italiano non abbia adempiuto ai propri obblighi di verità e giustizia”. Così la CEDU ha deciso di ritenere ammissibile il ricorso riconoscendo la rilevanza delle questioni sollevate.
Cassazione: «Sentenza d’appello illogica». Morana: «Continueremo a cercare la verità»