Un film che mostra la realtà della Cisgiordania
No Other Land è un film scomodo, perché mostra senza filtri e senza retorica come vivono i palestinesi in Cisgiordania, come viene boicottata ogni forma di sussistenza, e quali violenze sistematiche subisce quel popolo.
Non è solo un documentario di denuncia: è anche un racconto sull’amicizia, sulla solidarietà umana e su quel filo sottile che potrebbe ancora permettere una convivenza possibile.
La decisione della Rai di non trasmetterlo rappresenta un atto di censura informativa che la dice lunga sullo stato della libertà di espressione nel nostro Paese. Quando un film viene oscurato perché mostra una verità scomoda, significa che il potere dell’informazione è diventato terreno di scontro politico e ideologico.
La verità che rompe la narrazione dominante
Il potere si misura anche nel controllo della narrazione.
Per decenni, l’opinione pubblica è stata orientata verso una visione parziale del conflitto israelo-palestinese, dove il tentativo di genocidio di un popolo veniva travestito da “operazione di sicurezza”.
Oggi, però, quel controllo si incrina: le immagini dello sterminio di Gaza, i video dei villaggi devastati in Cisgiordania, la distruzione di migliaia di ulivi e la proibizione della raccolta delle olive non possono più essere nascosti.
Dietro le quinte di questa guerra c’è una battaglia per la verità, e il film No Other Land la combatte mostrando ciò che i media mainstream evitano di mostrare.
L’informazione come arma di propaganda
Il controllo dell’informazione non riguarda solo la Palestina.
È la stessa macchina comunicativa che cerca di convincerci che la Russia vuole invadere l’Europa, che dobbiamo sacrificare risorse e diritti per armarci, e che la guerra è inevitabile.
È un linguaggio studiato per creare paura, conformismo e accettazione passiva.
Eppure qualcosa si sta rompendo.
Una reazione popolare prende forma, fuori dai circuiti ufficiali, alimentata dalla rete, da cittadini e giornalisti indipendenti.
Non è un caso che oltre 200 giornalisti palestinesi siano stati uccisi negli ultimi mesi, vittime di azioni mirate per mettere a tacere chi osava raccontare ciò che stava accadendo.
E non è un caso che Israele impedisca l’accesso a Gaza a reporter e osservatori internazionali.
Il neoliberismo in crisi e il rischio del pensiero unico
Viviamo in una fase in cui il neoliberismo, ormai in crisi, non riesce più a controllare le popolazioni, ma solo le élite.
Le istituzioni, prive di una reale visione alternativa, lasciano spazio a un pensiero unico, dove la guerra torna a essere vista come una soluzione possibile.
È un momento pericoloso, perché in assenza di riferimenti credibili, può accadere di tutto.
Non è un caso che oggi l’esercito entri nelle scuole, con progetti “educativi” che mirano a normalizzare il concetto di guerra fin dalle nuove generazioni.
Dietro la retorica della “difesa della patria” si cela una pedagogia dell’obbedienza, un modo per preparare la società all’idea che il conflitto sia parte del futuro.
No Other Land non è solo un film. È uno specchio del nostro tempo: ci mostra quanto sia fragile la verità in un mondo dove chi la racconta rischia la vita o viene silenziato.
Ma mostra anche che il controllo totale è impossibile, che le crepe nel muro dell’informazione si stanno allargando e che la verità, una volta mostrata, non può più essere taciuta.
L’informazione è potere, ma solo se resta libera.




