La camorra a Castellammare di Stabia non è mai andata in letargo. Cambiano i protagonisti, cambiano i metodi, ma resta identico l’obiettivo: controllare i business più redditizi, condizionare il territorio, imporre paura. È dentro questo scenario che si inserisce la nuova frattura tra il clan D’Alessandro e il clan Cesarano, una guerra d’affari che affonda le mani in due settori storicamente “sensibili”: le pompe funebri e i servizi di trasporto sanitario ed emergenza.
L’ultima indagine ha scoperchiato un progetto criminale più ampio di quanto si immaginasse. Il controllo sui trasferimenti delle salme e dei pazienti dell’ospedale San Leonardo era soltanto la prima tessera di un mosaico criminale che puntava molto più in alto: la scalata al mercato funerario, storicamente dominio dei Cesarano.
Il piano dei D’Alessandro: prendere tutto
La struttura interna dei D’Alessandro — riorganizzata e rafforzata negli ultimi anni — aveva iniziato a muoversi su più fronti: trasporti sanitari, servizi di emergenza, trasporto salme, e infine il settore funebre. Un settore che, numeri alla mano, vale milioni l’anno e che in territorio stabiese è da sempre attraversato da ombre lunghe, intimidazioni e imposizioni.
Un quadro già visto: il passato ricorda le faide sanguinarie tra i due clan, combattute proprio per il controllo delle pompe funebri. Oggi, invece delle pistole, si usano pressioni, prestanomi, interdittive aggirate e infiltrazioni nelle imprese.
Secondo quanto emerso, l’idea dei D’Alessandro era semplice e brutale: ridimensionare i Cesarano, togliere loro spazio, togliere loro affari, togliere loro controllo sociale.
E la paura, come sempre, gioca un ruolo centrale. A Castellammare — raccontano investigatori e imprenditori — c’è chi si rivolge ai Cesarano non per scelta, ma per timore. Il cognome pesa. Il cognome incute. Il cognome decide.
Pasquale Esposito: il nome che ritorna
Nel nuovo quadro criminale emerge nuovamente Pasquale Esposito, genero di Luigi D’Alessandro detto “Giginiello” e cognato di Michele “Michelino”. Un nome che ritorna come un eco, un ingranaggio di collegamento tra affari, parentele e dinamiche di potere.
Esposito è oggi indagato per aver imposto forniture di caffè a due esercizi commerciali nel 2021, un metodo vecchio stile: o accetti, o paghi le conseguenze.
Dal fascicolo saltano fuori anche l’arresto di Daniele Amendola, prestanome della ditta di trasporto infermi New Life, e il ruolo di Antonio Rossetti, figura apicale del gruppo di Scanzano. Senza contare la posizione di Luigi Staiano, che avrebbe tentato di conquistare l’esclusiva del bar allo stadio “Menti” attraverso intimidazioni.
Una rete di interessi che mostra quanto il clan avesse iniziato a investire, infiltrare, radicarsi in ogni settore connesso alla salute, al dolore, alla morte.
La testimonianza dell’imprenditore: tra pressioni e scelte sbagliate
Il racconto di un imprenditore funerario — ascoltato in un’audizione dello scorso inverno — è lo specchio perfetto di come la camorra sappia insinuarsi ovunque. Prima le pressioni di Saturno Cesarano, poi la convinzione che assumere Pasquale Esposito potesse funzionare come una forma di protezione, uno scudo. Un errore di valutazione che sarebbe esploso di lì a poco.
L’imprenditore aveva aperto nel 2023 una sede a Castellammare. Nonostante un’interdittiva, la ditta riconducibile ai Cesarano continuava ad operare. L’uomo, spaventato dalle incursioni, decide di assumere Esposito pensando di garantirsi una tregua.
Ma la tregua non è mai arrivata.
In breve tempo, i rapporti si ribaltano: Esposito non è più l’uomo che doveva tenere lontani i Cesarano, ma diventa il protagonista di una manovra aggressiva. Durante un controllo dei carabinieri nella sede di via Roma, emerge l’incredibile: l’insegna RDC era stata sostituita con “Esposito Funerali”, come se l’azienda fosse stata rilevata d’imperio.
Un gesto che gli inquirenti considerano un punto di svolta, la prova concreta dell’espansione dei D’Alessandro nel settore funerario.
Un territorio soffocato dal monopolio mafioso
La fotografia che emerge è cupa e nitida: Castellammare è un territorio dove dolore e morte diventano business, dove la scelta dell’agenzia funebre non è libera ma condizionata dalla paura, dove un ospedale può trasformarsi in un bancone controllato dalle cosche.
La guerra tra i clan non è una guerra di sangue (non ancora), ma una guerra di affari, di infiltrazioni, di segnali, di soprusi.
Una guerra silenziosa che, come spesso accade, si combatte sulle spalle degli imprenditori e dei cittadini, costretti a muoversi in un labirinto fatto di minacce, parentele, intimidazioni e false protezioni.
Immagine AI





