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Canusía: tra cultura popolare e impegno civile

by Alessio Di Florio
26 Gennaio 2020
in L'Opinione
Reading Time: 8 mins read
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I Canusia sono nati nel 2006 dall’incontro tra Annamaria Giorgi e Mauro D’Addia. In questi anni hanno pubblicato alcuni dischi e molte loro composizioni sono disponibili sul loro canale youtube. In questi anni hanno portato avanti una poderosa opera di riscoperta dei canti popolari e di protesta soprattutto del loro territorio, i monti Lepini e l’Agro Pontino. Un lavoro che non è nostalgia dei tempi passati ma soprattutto un impegno civile e sociale, intrecciando la voce delle antiche proteste contadine e operaie e le attuali battaglie per i diritti sociali e dei più deboli. Tra le canzoni che hanno riscoperto e che arricchiscono la loro offerta possiamo segnalare una vivace interpretazione degli storici «stornelli anticlericali». Tra le attuali battaglie più forti e determinanti in Italia c’è la denuncia e il contrasto all’oppressione mafiosa e i Canusia non si sono mai tirati indietro: con i loro concerti e anche dedicando una vibrante ballata a Lea Garofalo. Abbiamo cercato di ripercorrere questi 14 anni e farci raccontare il loro impegno ad Annamaria Giorgi. Nell’intervista Annamaria cita il premio nazionale di storia contemporanea dedicato a Luigi Di Rosa, assassinato il il 28 maggio 1976 a Sezze. Quel giorno nel paese si tenne un comizio del Movimento Sociale Italiano, contestato perché avvenne il giorno del secondo anniversario della strage di Piazza della Loggia a Brescia. Dopo il comizio Sandro Saccucci,  un ordinovista che aveva partecipato al golpe Borghese ed era stato eletto in parlamento con il Msi nel 1972, mentre si allontanava dalla piazza aprendo il fuoco contro la folla insieme al suo seguito dove spiccava la presenza il maresciallo del Sid Troccia. Nel 2016 la sorella di Luigi Di Rosa, Mariella, in una lettera aperta ha denunciato che non c’è ancora stata giustizia per l’assassinio del fratello: due anni prima la Corte di Cassazione ha assolto Saccucci e ridotto notevolmente le pene per gli altri imputati. Nella lettera aperta Mariella Di Rosa ha posto anche pesanti interrogativi sulla gestione dell’ordine pubblico quel giorno: «perché le forze dell’ordine presenti in piazza non sono intervenute per impedire la sparatoria ma, anzi, l’hanno consentita? Sarebbe stato sufficiente sequestrare le armi, sciogliere il comizio e accompagnare fuori dal paese Saccucci e il suo seguito per impedire l’omicidio. Invece, accompagnati da un agente dei Servizi Segreti Militari, un carabiniere di Sezze che conosceva le strade del paese, un manipolo di fascisti guidato da Saccucci ha proseguito continuando a sparare all’impazzata senza nessuna valida ragione, dato che si stavano allontanando liberamente e senza ostacoli».

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«Ritengo legittimo domandare – scrive ancora la sorella di Luigi nella lettera che fu pubblicata dalla testata online Democratica – della morte di mio fratello non è responsabile anche lo stato, oltre agli impuniti autori materiali? Ove tutto ciò non bastasse, la memoria di Luigi è stata oltraggiata anche successivamente: per lo stato italiano non è vittima del terrorismo e della violenza politica, ma è morto per caso. La domanda da me presentata al Ministero dell’Interno è stata respinta proprio con questa motivazione. Al contrario, la persona che quella sera guidava la macchina del Saccucci dalla quale sono partiti i colpi, ucciso qualche anno dopo sotto la sua abitazione, è stato riconosciuto vittima del terrorismo e risarcito».

 

La prima domanda è quasi d’obbligo. Come è nato il vostro incontro e perché avete deciso di intraprendere questa strada musicale?

Mauro D’Addia prima dei Canusia aveva un altro gruppo con il quale portava avanti spettacoli di musica popolare, Duo Dorante. Ci siamo conosciuti durante alcuni loro spettacoli e da lì è nata l’amicizia, mi sono appassionata anch’io alla musica popolare e sono sorti i Canusia. All’inizio i nostri spettacoli erano abbastanza standard, in un secondo momento abbiamo cominciato ad interessarci alla cultura musicale del nostro territorio.

 

Nella vostra musica si segnalano gli stornelli e i canti «a longo». Ci spieghi il perché di questa scelta particolare e cosa rappresentano nella storia della musica popolare e di protesta italiana?

I canti a longo hanno diverse forme, li abbiamo scoperti facendo ricerche storiche, e sono soprattutto canti legati al lavoro. Sono chiamati a longo, cioè a distesa, in maniera lenta e senza tempi musicali precisi che accompagnavano le giornate di lavoro.

 

Tra le figure che vi ispirano si segnalano Gabriella Ferri e Graziella Di Prospero, definita «la voce del Lazio» per il suo contributo alla valorizzazione della cultura musicale popolare. Come vi hanno ispirato e ci racconti come il poderoso lavoro di Graziella Di Prospero si è incontrato con la vostra musica e la sua importanza?

Gabriella Ferri è stata un faro per come ha riportato in auge la musica popolare romana, in una maniera originale perché tradizionalmente viene cantata in maniera abbastanza delicata e soffocata mentre la Ferri aveva una personalità molto forte che si rispecchiava anche nel suo canto. Con una teatralità e capacità di portarla anche in trasmissioni televisive nazionali. La musica popolare, e Gabriella Ferri lo ha dimostrato, può essere ancora attuale (anche, se non soprattutto, nelle condizioni lavorative simili decenni fa ad oggi) e non solo legata ad un passato sempre più remoto.  

Graziella Di Prospero era di Sezze, il mio stesso paese, ed era una folk singer che realizzò una vastissima raccolta dei canti popolari dei Monti Lepini e di tutto il Lazio, che realizzò ascoltando gli anziani (come facciamo anche noi) che noi chiamamo «alberi sonori», testimoni della cultura musicale popolare. Graziella è stata l’unica, insieme al Canzoniere del Lazio, ha portare avanti questa ricerca nella nostra regione.  

Tra gli stornelli si segnalano quelli anticlericali. Ci racconti la loro storia? Nel video presente sul vostro canale youtube si intrecciano alcune persone nei campi, intenti al lavoro e fieri nel loro cantare, e alcuni personaggi in giacca e cravatta che arrivano apparendo estranei al contesto per finire immersi nei campi e nei lavoratori. Una scelta che sembra significativa e voler trasmettere qualche messaggio. E’ così? Ce lo racconti?

Gli stornelli anticlericali sono nati da una ricerca a Sezze di Graziella Di Prospero, soprattutto tra le donne che raccoglievano l’insalata nei campi. Qui la Chiesa deteneva ricchezze e potere, gli stornelli anticlericali erano contro questo potere clericale con la speranza che un giorno non ci sarà più e anche i preti diventeranno lavoratori come gli altri. La melodia partiva dal canto delle tre bandiera in un territorio che ha avuto una fortissima impronta socialista, la canzone è molto legata al primo voto delle donne nel 1948 e testimonia una fortissima presenza femminile in un contesto quasi matriarcale. Nel video presente sul nostro canale youtube ci siamo ispirati a fatti storici reali: alla periferia di Sezze ci furono degli «scioperi alla rovescia» (come Danilo Dolci in Sicilia) negli anni 1950 e 1951. Il video è stato girato su una strada, tutt’ora esistente, realizzata con gli scioperi alla rovescia, la stoccacollo (in italiano rompicollo per le sue insidiose curve). Uno sciopero dove si è mostrata la forza femminile che dicevo. La parte finale del video vuol trasmettere l’idea che un giorno si potranno cambiare i potenti e  farli diventare lavoratori e quindi parte del popolo.   

Il tessuto sociale e culturale di quegli anni si è in larga parte perso. Ma ci sono ancora sacche di resistenza, alcuni ragazzi per esempio ancora oggi portano avanti il ricordo dell’assassinio per mano fascista di Luigi Di Rosa, alla cui memoria è dedicato un annuale premio nazionale di storia contemporanea.  

In questi anni avete partecipato a tanti eventi in sostegno delle lotte dei lavoratori e dei diritti civili. Ci spieghi quanto è importante per un gruppo musicale l’impegno civile e come un repertorio come il vostro si intreccia con le attuali lotte civili e sociali in Italia?

Consideriamo fondamentale quest’attività, secondo noi la musica può fare tantissimo ed ha un suo vissuto e una sua storia sociale. Siamo quindi contenti di poter abbracciare cause sociali e civili che sono a noi cari come quelle per i diritti civili, contro le guerre e dei lavoratori che lottano. La musica popolare racconta poi un mondo che esiste ancora, le ricchezze e il potere clericale denunciato negli stornelli esistono ancora. In altri canti si raccontano storie di donne sfruttate per molte ore al giorno, senza neanche fermarsi per il pranzo, un tema sociale ancora oggi attualissimo.

 

Avete dedicato una intensa e vibrante ballata a Lea Garofalo, ci racconti come i Canusia hanno conosciuto la storia di Lea e come è nata questa ballata?

Abbiamo scoperto la storia di Lea Garofalo in occasione di una manifestazione alla quale partecipò anche Paolo De Chiara presentando il libro che ha scritto per ricordarla. In Calabria c’è una cantastorie, Francesca Prestia, che è autrice della ballata per Lea in dialetto calabrese. Questa ballata introdusse la presentazione del libro di Paolo e ci chiamarono per farlo. Così scoprimmo questa ballata spettacolare e la storia drammatica di Lea. La prima volta che l’abbiamo cantata è stata faticosissima, mentre cantavo non nascondo che le lacrime uscirono copiose. Ci sono state altre occasioni, anche insieme a presentazioni di Paolo De Chiara, in cui l’abbiamo riproposta.

 

 

uploads/images/image_750x422_5e2c9edfd4f31.jpg

2020-01-26 15:01:43

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Alessio Di Florio

Vicedirettore WordNews.it - È nato ad Atessa (Chieti), nel 1984. Attivista e volontario di varie associazioni e movimenti culturali, ambientalisti, pacifisti e di lotta alle mafie. Collaboratore della redazione abruzzese di Pressenza e di TeleJato.it. Ha collaborato con Adista, Primadanoi, Terre di Frontiera, Unimondo, Libera Informazione, Popoff Quotidiano e SocialPress. Ha curato, per oltre dieci anni, il sito personale del giornalista e regista RAI Stefano Mencherini, dove è stata curata la diffusione e la pubblicizzazione del documentario d’inchiesta «Schiavi. Le rotte di nuove forme di sfruttamento», con il quale è stata portata avanti la “Campagna di sensibilizzazione per l’informazione sociale”, in collaborazione con MeltingPot e Articolo21, e per la creazione di un Laboratorio permanente di inchiesta e documentari sociali in RAI, nata per rompere la censura televisiva del documentario d’inchiesta “Mare Nostrum”. Articoli su tematiche sociali e culturali sono stati pubblicati dal mensile Vasto Domani. Per contatti: redazione@wordnews.it

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