Di fronte al rischio COVID in alcune Regioni si è costretti a scegliere tra il rischio di contagio e il rischio di peggiorare le condizioni di salute per mancanza di aderenza terapeutica. Da diversi anni le associazioni di persone affette da malattie rare chiedono una maggiore diffusione delle terapie domiciliari: “laddove la natura dei farmaci e la condizione di salute lo consenta”, si legge nell’appello già inviato a tutta la commissione Sanità del Parlamento.
In alcune regioni questo “è già una realtà e in questi giorni di emergenza ne abbiamo visti i vantaggi: chi era già in terapia domiciliare ha continuato a curarsi con regolarità, molti di quelli che invece dovevano recarsi in ospedale hanno visto slittare gli appuntamenti o non se la sono sentiti di andare, perché per noi un contagio avrebbe davvero grossi rischi di complicanza. In alcuni casi sono stati gli ospedali stessi a sospendere le somministrazioni delle terapie per non esporre i pazienti a rischio di contagio”.
La soluzione, per i firmatari dell’appello, risiederebbe nell’incentivazione della terapia domiciliare in una cornice di regole chiare: “è giusto che vengano stabilite delle regole, perché su sicurezza e appropriatezza non si possono fare deroghe. Dobbiamo però anche considerare che in questo momento non sappiamo come sarebbe possibile mandare personale del SSN a casa, visto lo sforzo straordinario che medici e infermieri stanno già facendo per assistere i contagiati in ospedale”. Proposte contenute nelle “Raccomandazioni a carattere eccezionale per la somministrazione domiciliare dei farmaci per terapia enzimatica sostitutiva – ERT” dell’Aifa.
Per i rappresentati dei malati affetti da malattie rare, però, bisogna fare un un piccolo passo in più: “occorre che queste raccomandazioni di Aifa vengano trasposte in qualcosa di più vincolante e che ci sia una esplicita apertura anche alla compartecipazione del privato (cooperative di infermieri ad esempio o aziende private supportate dalle aziende farmaceutiche, ad esempio) ai servizi domiciliari”.
Non sarebbe una strada nuova o azzardata, più della metà delle regioni italiane ricorrono a questi servizi privati già da anni, con personale infermieristico esperto e dietro protocolli di comprovata sicurezza, che agiscono dietro esclusiva richiesta e valutazione clinica del medico prescrittore, con soddisfazione dei clinici e dei pazienti e realizzando anche un risparmio.
“Questa emergenza – concludono le 24 Associazioni di malati rari – ci sta mostrando come per soddisfare tutti i bisogni in un momento di emergenza – e a volte anche al di fuori di emergenze come il COVID – anche l’aiuto di soggetti privati, purché normato e controllato dalla Stato, può essere una valida soluzione. E quindi, purché tutti rispettino i criteri che garantiscono la sicurezza, ben venga il coinvolgimento del privato a supporto degli sforzi del SSN. Ci appelliamo quindi alla Commissione Bilancio e al Senato tutto affinché sostengano questo emendamento e permettano anche a noi malati rari di uscire dalla pandemia senza dover interrompere le terapie”.
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2020-04-04 08:33:27
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