“L’Impressionismo è una condizione dello spirito, e la scelta di portare l’arte impressionista in un museo militare significa la conquista di spazi militari. È la fine della guerra. Gli Impressionisti sono la negazione della guerra. L’idea di conquistare questi spazi con la bellezza di donne, di fiori, di colazioni, di momenti di festa, è come dire: l’umanità non può andare avanti con la guerra. I popoli hanno bisogno di pace e questa è una mostra di pace. L’idea di conquistare uno spazio di guerra come questo museo, con una mostra d’arte, è un segnale di pace”.
Con queste parole il critico d’arte Vittorio Sgarbi ha aperto la conferenza stampa di presentazione della mostra: Impressionisti – L’alba della modernità che da sabato 30 marzo apre al pubblico al Museo della Fanteria a Roma (Piazza Santa Croce in Gerusalemme). L’esposizione, che celebra i 150 anni dalla nascita del movimento artistico dell’Impressionismo, secondo Sgarbi, rappresenta, per i visitatori, l’opportunità di capire semplicemente che è capitato qualcosa e poter riflette sul momento particolare della percezione del mondo.
“L’Impressionismo è la vita, la rinascita, è la capacità di rappresentare stati d’animo, un valore interiore. Lo stato d’animo di chi guarda il mondo senza la responsabilità dell’artista di far vedere qualcosa che sembri il mondo - ha concluso Sgarbi -. Non è un movimento, è un passaggio storico ad un’epoca, la nostra, rappresentata dalla Francia, da Parigi, dove risiedeva lo spirito del mondo, un mondo nuovo”.
Sono oltre 180 le opere presenti di 66 artisti, tra cui spiccano Degas, Manet, Renoir e l’italiano De Nittis, tutte provenienti da collezioni private italiane e francesi. L’esposizione, prodotta da Navigare srl e organizzata con il supporto del comitato scientifico composto da Gilles Chazal, Vincenzo Sanfo e Maithé Vallès-Bled, presenta un’ampia galleria di dipinti, disegni, acquerelli, sculture, ceramiche e incisioni di artisti che contribuirono, sperimentando stili e tecniche differenti, all’originalità dell’Impressionismo e che parteciparono alle otto mostre parigine organizzate sino al 1886. In particolare, l’esposizione nella Capitale evidenzia un aspetto poco conosciuto della ricerca impressionista, dedicato al disegno, all’incisione e alle tecniche di stampa, influenzati dalla recente invenzione della fotografia.
Per scandire il racconto filologico dell’esposizione, il percorso si articola in tre sezioni: Da Ingres a L’École de Barbizon, i fermenti dell’Impressionismo; L’Impressionismo e L’eredità dell’Impressionismo, abbracciando così un arco temporale che va da inizio ‘800, con opere di Ingres, Corot, Delacroix e Dorè, arrivando agli eredi Toulouse-Lautrec, Permeke, Derain, Dufy e Vlaminck per concludersi al 1968, con un’acquaforte di Pablo Picasso, omaggio agli artisti Degas e Desboutin.
La mostra presenta un ulteriore tratto di originalità. Accanto alle opere poco conosciute dei grandi protagonisti del movimento, come Pissarro, Degas, Cézanne, Sisley, Monet, Morisot, Renoir, che parteciparono alla prima esposizione del 1874, si presentano allo sguardo del visitatore anche quelle di artisti comprimari, come Bracquemond, Forain, Desboutin, Lepic, Millet, Firmin-Girard e Lecomte, il cui delicato dipinto a olio Bateau sur la riviere è stata scelta come immagine simbolo della mostra.
A completamento della mostra celebrativa dell’Impressionismo, oltre le numerose opere, anche materiali documentali, come lettere, fotografie, libri e oggetti che offrono uno spaccato della società e della sensibilità dell’Ottocento in cui si formarono i rivoluzionari artisti impressionisti. La mostra Impressionisti – L’alba della modernità sarà aperta tutti i giorni con orario continuato: lunedì-venerdì ore 9:30 – 19:30; sabato, domenica e festivi ore 9:30 – 20:30. Biglietto intero 15 euro (feriali), 13 euro (weekend).
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2024-04-01 16:26:43
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