In terre arse dal sole, sotto cieli troppo ampi,
camminano figure, ombre lunghe nel tramonto,
le pance vuote echeggiano il silenzio del mondo,
un grido soffocato, troppo spesso ignorato.
Il chicco di riso, un tesoro prezioso,
caduto su suoli che sognano solo acqua,
mentre i bambini giocano a fare i conti,
contano giorni, non giocattoli, in mani sporche di fango.
Nei villaggi dimenticati, dove le case sono di stoffa,
e le strade non portano a domani,
madri tessono speranze con fili troppo sottili,
e nutrono i figli con storie invece che pane.
Dove la terra si spacca, come i sogni dei suoi figli,
il raccolto è solo polvere, il lavoro una preghiera,
e ogni giorno è un domanda sospesa,
"Avremo abbastanza?", mentre il mondo si volta altrove.
Le città lontane brillano, piene di voci e di luci,
ignare delle stelle spente in occhi troppo grandi,
dove la fame è padrona, e il futuro è un pasto mancato,
un ciclo senza fine di vuoto contro pienezza.
Oh, quanto pesa un grano di compassione?
Potrebbe nutrire il cuore di chi ha troppo poco,
sollevare l'anima di un mondo che guarda ma non vede,
perché la fame più grande è quella di umanità.
Che le nostre mani si tendano, ponti sopra gli abissi,
che i nostri tavoli si allunghino, coperti di condivisione,
perché ogni bambino che si addormenta con lo stomaco pieno,
è una stella che ritorna a brillare nel cielo dell'umanità.
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2024-04-21 15:52:51
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