L’attualità della Resistenza,
anche nel Molise
Il controverso rinvio al 2-3 maggio delle iniziative previste a Isernia per il 25 Aprile ha scatenato una protesta corale di associazioni, giovani, ANPI e CGIL. La decisione – giustificata con il lutto nazionale per la morte del Papa – è letta da molti come l’ennesimo segnale di pressione politica di un governo post-fascista che, a livello nazionale, invita addirittura alla “sobrietà” nelle celebrazioni della Liberazione.
La ricorrenza della Liberazione è una festa civile e laica; spostarla o ridurla a una formalità ne svuota il significato. In Molise, terra di staffette partigiane e teatro di episodi eroici come la caduta di Monte Marrone, la memoria non è folclore ma bussola per affrontare le disuguaglianze odierne: precarietà, sanità al collasso, nuove guerre e rigurgiti sovranisti.
I valori dei partigiani operai e contadini, desiderosi di “spezzare la continuità” tra fascismo e poteri economici, parlano ancora oggi alle vertenze del lavoro, ai movimenti per la pace e ai diritti civili. Recuperarli significa costruire un fronte sociale unitario contro le destre al governo nazionale e regionale, capace di connettere le istanze locali alle battaglie globali contro genocidi e imperialismi.
A Isernia resiste ancora l’intitolazione di via Giovanni Berta, esaltazione dello squadrismo fascista altrove rimossa. Sostituirla con via Jaime Pintor, giovane scrittore-partigiano morto su una mina molisana, sarebbe un gesto concreto di pedagogia civica: la toponomastica racconta chi vogliamo essere.
Celebrare il 25 Aprile in piazza, senza rinvii, significa difendere la democrazia qui e ora. È l’occasione per rilanciare campagne comuni: lavoro dignitoso, sanità pubblica, accoglienza, lotta a fascismi vecchi e nuovi. In questo senso il Molise può diventare laboratorio di un antifascismo radicato, popolare e intergenerazionale.
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