Una nuova frontiera del crimine: TikTok come strumento di riciclaggio
Non più solo droga, estorsioni e armi. Oggi la Camorra investe sul web, e in particolare su TikTok, la piattaforma cinese utilizzata da milioni di adolescenti in tutto il mondo. Secondo fonti investigative, interi clan avrebbero messo in piedi un sistema sofisticato di riciclaggio di denaro attraverso le sfide in diretta, i cosiddetti “match”.
Un meccanismo tanto semplice quanto efficace: utenti apparentemente insospettabili ricevono donazioni durante i match, trasformando denaro rubato in denaro “pulito”.
Il trucco è nei dettagli. Il denaro delle donazioni – spesso caricato tramite carte clonate – finisce su account gestiti da TikToker con legami con ambienti criminali. La piattaforma trattiene circa il 50% della somma, il resto viene bonificato al vincitore del match, che provvede poi a redistribuirlo attraverso una rete di prestanome e carte Postepay, eludendo controlli e tracciabilità.
Questa rete, secondo quanto emerge da fonti riservate, utilizza connessioni da server esteri o Wi-Fi pubblici per evitare geolocalizzazioni e intercettazioni. Il risultato? Milioni di euro “ripuliti” ogni mese, senza muovere un grammo di droga né sparare un colpo.
TikTok, in tutto questo, incassa e tace. Nessun controllo effettivo sulle transazioni, nessuna verifica sulla provenienza dei fondi. Il modello di business della piattaforma sembra alimentare indirettamente questo meccanismo criminale, premiando l’engagement senza badare alla legalità.
La domanda è: quanto sa TikTok? E cosa sta facendo per impedire che il suo sistema venga usato dalla criminalità organizzata?
Molti dei protagonisti di questa nuova economia parallela risultano ufficialmente nullatenenti. Eppure sfoggiano auto di lusso, abiti firmati, vacanze esotiche. È fondamentale che le autorità monitorino i flussi economici legati ai profili social, individuando i punti di contatto tra spettacolo, truffa e camorra.
Il denaro delle pubblicità, spesso non fatturato, viene “lavato” nei match, evitando ogni controllo fiscale. Una vera e propria evasione digitale organizzata.
Le carte clonate vengono utilizzate per generare flussi continui verso i profili TikTok affiliati. Gli introiti vengono poi spartiti tra gli operatori della rete: i TikToker complici, i tecnici delle frodi informatiche, i referenti dei clan.
Il sistema è talmente redditizio da aver già generato scontri interni tra gruppi criminali nell’area nord di Napoli e nei comuni vesuviani. Faide, minacce e regolamenti di conti per il controllo delle “dirette più lucrative”.
In un contesto dove la criminalità si evolve più in fretta dello Stato, è urgente l’intervento della magistratura. Le procure antimafia devono aprire fascicoli su questo nuovo fronte criminale, monitorando flussi digitali, transazioni sospette e il tenore di vita dei personaggi social.
L’appello va al Procuratore Nicola Gratteri, da sempre in prima linea nella lotta ai sistemi criminali: serve una nuova task force per la cyber-mafia, capace di colpire anche dove la criminalità si fa “intrattenimento”.
La Camorra 2.0 ha trovato la sua miniera d’oro nei like e nei doni virtuali. Ma dietro le luci colorate dei match TikTok si cela un sistema feroce, cinico, che ruba ai cittadini e alimenta le casse dei clan.
L’Italia deve decidere se restare a guardare o rispondere con fermezza. Perché quando la mafia inizia a monetizzare con i social, è il segnale che lo Stato sta arretrando.





