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Camorra a Somma Vesuviana, agguato al figlio di un ex boss: vendetta o avvertimento?

L'aggressione in pieno giorno riaccende i riflettori sulla presenza dei clan vesuviani. Silenzio istituzionale, omertà diffusa e ritorno dei vecchi nomi della criminalità organizzata.

by Gennaro Ciliberto
1 Agosto 2025
in Attualità
Reading Time: 6 mins read
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Un agguato in stile mafioso consumatosi a Somma Vesuviana, in provincia di Napoli, riporta in primo piano una verità mai sopita: la camorra non è scomparsa, ha semplicemente cambiato pelle. A farne le spese, questa volta, è stato il figlio di un ex boss della camorra, aggredito a viso scoperto in pieno giorno, nel cuore del paese. La domanda è chiara: si tratta di una vendetta o di un messaggio mafioso diretto?

L’agguato è avvenuto in via Aldo Moro, nelle vicinanze dell’attività del politico e Assessore alla Legalità Crescenzo De Falco, che avevamo in passato intervistato. Il politico durante la campagna elettorale era presente con una lista con il suo nome (come capolista) e tra le sue fila risultava candidata la convivente del soggetto destinatario del pestaggio. Ci farebbe piacere sapere se l’Assessore alla Legalità ha saputo di questo barbaro pestaggio o si trovava nella sua attività nel momento dell’agguato. Abbiamo provato a chiederlo direttamente a lui, ma non siamo stati fortunati. E non siamo stati richiamati. 

L’aggressione, avvenuta intorno alle 13:00 in un’area centrale e affollata, non è stata un episodio isolato né frutto di un’escalation casuale. Al contrario, le modalità fanno pensare a una predeterminazione criminale, con la presenza di noti pregiudicati legati ai clan storici della camorra vesuviana attivi tra Somma Vesuviana, Brusciano, Marigliano e Sant’Anastasia.

La scelta dell’orario e del luogo è indicativa: chi ha colpito non temeva né testimoni né reazioni. Un segnale forte, un atto dimostrativo destinato a far parlare. Ma proprio il silenzio dei presenti, il vuoto di dichiarazioni e testimonianze, racconta molto di più dell’aggressione stessa. La camorra, ancora una volta, detta le sue regole, imponendo l’omertà come legge non scritta.

Due possibili piste investigative

Le forze dell’ordine e la magistratura stanno vagliando due piste principali:

  • Un avvertimento di chi oggi comanda: l’aggressione potrebbe essere un messaggio diretto ai vecchi boss e ai loro familiari. Un modo per ribadire che oggi il controllo del territorio è in mano ad altri, e che le vecchie glorie della camorra non sono più gradite.

  • Un regolamento di conti per vecchi rancori: il pestaggio potrebbe affondare le radici nel passato criminale del padre della vittima. Il ragazzo sarebbe stato riconosciuto e colpito proprio perché figlio di un ex boss oggi collaboratore di giustizia, le cui dichiarazioni hanno determinato arresti e condanne eccellenti, con carcerati ora tornati in libertà.

In entrambi i casi, l’aggressione rappresenta un campanello d’allarme per un territorio già segnato dalla criminalità organizzata, in cui le dinamiche mafiose sono tutt’altro che archiviate.

Il ritorno dei fratelli D’Avino?

Poco dopo l’agguato, secondo le nostre fonti, sono stati avvistati a Somma Vesuviana i fratelli Fiore e Luigi D’Avino, un tempo boss temuti e rispettati, oggi ex collaboratori di giustizia. Uno dei due, pare, ha terminato la pena e ha fatto ritorno nella zona. La loro presenza non è casuale: la ferita del passato è ancora aperta, e molti clan non hanno mai perdonato il tradimento della collaborazione con lo Stato. Erano proprio i fratelli D’Avino?

Abbiamo contattato il legale di Fiore D’Avino, l’avvocato Antonio Bucci. Non sapeva nulla dell’accaduto. 
«E quando è avvenuta questa cosa?»
Nelle scorse ore. Un agguato a Somma Vesuviana, è stato malmenato il figlio di Fiore D’Avino.
«Non lo so»
Sul territorio è tornato, dopo questo fatto, il suo assistito D’Avino? Azi i fratelli D’Avino sono tornati sul territorio? Lei è a conoscenza?
«Il mio assistito (Fiore D’Avino, nda) è agli arresti domiciliari».
Perciò la sto chiamando avvocato. 
«Fino al momento è agli arresti domiciliari. Non mi ha fornito alcun mandato relativamente alla richiesta di permesso per recarsi a Somma Vesuviana, fuori dal Comune dove sta scontando la sua condanna. Quindi che io sappia, non ho ricevuto istante da proporre alla Sorveglianza».
Lo conferma?
«Un rientro sul territorio, formalmente, non è stato fatto al momento. Poi se qualcuno l’ha visto si assume la responsabilità».
Va bene, avvocato, la ringrazio.
«La ringrazio per avermi chiamato ma al momento è quello che io so, del resto non so nient’altro».
(Intervista realizzata da Paolo De Chiara)

I D’Avino, negli anni ’90, gestivano affari milionari, appalti pubblici, estorsioni, omicidi su commissione. La loro rete era così estesa da influenzare amministrazioni locali e imprenditoria. Eppure, per salvare sé stessi, hanno spezzato il patto di sangue con la camorra, contribuendo allo smantellamento di diverse organizzazioni criminali.

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La verità, cruda e senza edulcorazioni, è questa: la camorra non è mai andata via da Somma Vesuviana. Si è solo fatta più discreta, meno eclatante, ma altrettanto pervasiva. Il clan De Bernardo Mazzarella Correale, attivo nel traffico di droga e nella gestione delle piazze di spaccio, continua a controllare il territorio senza opposizione visibile.

Eppure, il silenzio della politica locale è assordante. Nessuna dichiarazione, nessuna presa di posizione, nessun segnale di attenzione verso una popolazione che, ancora oggi, paga il pizzo, subisce intimidazioni e vive nella paura. In un clima dove il ricatto è normalità e il ricordo dei vecchi boss è quasi celebrato, ogni episodio come questo non può essere ignorato.

Questo agguato è solo la punta dell’iceberg. È il riflesso di un sistema che continua a prosperare nel silenzio e nella complicità. Finché si continuerà a minimizzare, a non denunciare, a non investire in prevenzione e cultura, la camorra avrà sempre la meglio. E la mentalità criminale, quella che glorifica chi ha sparso sangue e imposto terrore, resterà il vero nemico da combattere.

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