Ha colpito l’attenzione nazionale nei giorni scorsi l’esistenza di un gruppo facebook, denominato “Mamma mia”, in cui decine di migliaia di uomini hanno condiviso video e foto di mogli, fidanzate, sorelle, figlie anche minorenni. Dopo le prime denunce alla Polizia Postale è emerso un universo di quello che viene definito “stupro online” con post sempre più violenti, abusanti, disumanizzanti.
Meta ha chiuso il gruppo ma, come emerso da alcuni articoli della stampa nazionale, dopo poche ore è stato ricreato su telegram. Col passare dei giorni l’interesse mediatico diminuirà fino alla fine di questa bufera agostana e si passerà oltre. Ma non può essere accettabile, non ci si può fermare al clamore di pochi giorni e poi normalizzare andando oltre. “Normalizzare” è anche quel che lobby e organizzazioni para pedofilia cercano di realizzare da decenni. Sono esistiti partiti, movimenti, associazioni, personaggi pubblici che hanno cercato di sminuire il peso violento e criminale dei pedocrimini e, passo dopo passo, tentare di alzare l’asticella di quel che si fa considerare “normale” e “accettabile” nella società con l’obiettivo finale di sdoganarli. Don Fortunato Di Noto e Meter lo denunciano, come varie volte riportato nei nostri articoli, almeno dalla metà degli anni novanta.
La “normalizzazione” dello stupro, portata avanti nei luoghi più diversi e che sulla Rete ha trovato praterie sconfinate, esiste ed alimenta la base e vari gradini di quella che viene definita la “piramide” della “cultura dello stupro” che sdogana molestie, abusi, sessualizzazione spinta, quella ideologia sessuale che oggettivizza il corpo femminile in nome di ogni turpe perversione di dominio, schiavizzazione e sfruttamento sessuale. Se si considera oggetto la donna non c’è età che tenga e quindi, come abbiamo documentato varie volte, dilagano piattaforme pornografiche in cui proliferano categorie che fanno riferimento ad adolescenza e minore età. Così come, Sex Industry is violence (costretta a rinominarsi su instagram exposing6buyers per la censura di Meta, censura che non scatta automaticamente per pagine e gruppi che alimentano tutto quanto stiamo raccontando anche in quest’articolo…) lo documenta da anni, ci sono stupratori paganti che si esaltano e scatenano quando stuprano donne prostituite minorenni o che appaiono adolescenti. Viviamo in una società in cui mettere in discussione la “normalizzazione” e la “legittimità” della “prostituzione” e della pornografia è sempre più minoritario, ostacolato, isolato. Sono propagandati e portati avanti da un sempre più ampio arco politico, sociale, “culturale”. Le piattaforme pornografiche, nel nostro archivio ci sono ampie inchieste e approfondimenti a documentarlo, sono diffusori di stupri, abusi, perpetuano una “sessualizzazione” che oggettifica il corpo femminile e lo violenta, disumanizza. La “prostituzione” è stupro organizzato e strutturato. Tutto questo alimenta quelle reti che giungono a gruppi come “Mamma mia”, fanno dilagare la violenza sessuale, permettono a mafie di ogni tipo di lucrare, avanzare e consolidare. Esistono mafie, come quella nigeriana e albanese, che basano il loro avanzare e consolidare, il loro strutturarsi soprattutto sulla schiavitù sessuale, sullo sfruttamento dello “stupro a pagamento”. Ed esistono, come Meter denuncia da decenni (abbiamo riportato tempo fa una infografica di inizio millennio), mafie pedofile.
La dinamica di “Mamma mia” e la sua riproposizione su Telegram poche ore dopo la chiusura non è una novità. E su Telegram e Signal dilagano canali esplicitamente pedopornografici. Negli stessi giorni del diffondersi del clamore intorno al gruppo facebook Meter ha denunciato l’ennesimo canale pedopornografico su Telegram.
«Si chiama Dipreisti. Un gruppo Telegram che da 6 anni infetta la rete. Dentro, uomini che si scambiano foto e video delle proprie figlie, mogli, fidanzate. E in privato — lo scriviamo con rabbia e disgusto — persino bambine. Eliminato più volte dalla Polizia Postale o da Telegram, rinasce ogni volta. Sempre con un “gruppo di riserva” pronto, alimentato da chi pur di mostrare l’intimità delle proprie partner sarebbe disposto a pagare. Oggi conta 15.833 membri. Quasi sedicimila uomini che trasformano la fiducia e l’amore in moneta di scambio. Donne ignare, tradite, rese “contenuti”, svuotate della propria dignità, ridotte a merce da branco da chi avrebbe dovuto proteggerle».
Giovedì 21 agosto
«Il gruppo Telegram denunciato ieri è ancora attivo. Scambiano Revenge Porn e Pedøpørnografia. Non è una novità, è attivo dal 2019. Da 6 anni il gruppo infetta la rete, riaprendo puntualmente anche dopo gli interventi della Polizia Postale o le chiusure di Telegram. Ogni volta con un “gruppo di riserva” pronto. Dentro si scambiano foto e video di mogli, fidanzate, figlie e – in privato – persino bambine. Donne tradite, rese “contenuti” senza consenso. Conta 15.833 iscritti. Quasi sedicimila uomini che trasformano l’amore e la fiducia delle donne in merce da branco».
Venerdì 22 agosto
«Il gruppo Telegram Dipreisti è apertamente contro di noi, che da sempre siamo impegnati nella tutela dei bambini e delle persone vulnerabili. Dopo la nostra denuncia, il gruppo è ancora aperto e continua a diffondere e scambiare foto e video di mogli, fidanzate, figlie e, in privato, persino bambine. Ci attaccano perché difendiamo chi non ha voce, mentre loro alimentano circuiti di revenge porn e pedøpørnografia. Nonostante le nostre segnalazioni – anche ieri – permane un assordante silenzio mediatico. Siamo lasciati soli, senza strumenti concreti per fermare i criminali, salvare le vittime e garantire giustizia. Non possiamo accettare che nel 2025 la difesa dei minori e adolescenti resti isolata, mentre chi li sfrutta agisce indisturbato. Dato il silenzio di gran parte dei media, anche stavolta saremo soli, senza la possibilità di salvare vittime di Revenge Porn e Pedopornografia».
Sabato 23 agosto
Domenica 24 agosto
[…]il messaggio che ci fa più orrore è quello che propone video in streaming di ragazzini di 13 e 15 anni. A scriverlo è il padre. L’abisso diventa sempre più oscuro: Qualche genitore abruzzese che pratica incest bisognoso di consistente e duraturo supporto economico? Preferibilmente single, mentalità molto aperta richiesta oltre che residenza in Abruzzo. Un altro: Mi sono strusciato su mia madre. E ancora: «Qualcuno in casa con figli, ora?». L’abisso continua su Telegram: i gruppi dove gli utenti si scambiano foto e video di mogli e figli […] «È ora di chiamare le cose con il loro nome» dichiara Fortunato Di Noto, fondatore di Meter, un’associazione che da decenni combatte contro la pedofilia e abusi. «Questi non sono gruppi di intrattenimento, ma centrali di violenza sessuale digitale che devastano le vite di donne, ragazze e bambine; non basta rimuovere il gruppo: è necessario identificare e perseguire le persone che da sei anni lo alimentano e lo fanno rinascere a ogni chiusura. Bisogna agire subito e con fermezza».
Corriere della Sera, 23 agosto