La sanità molisana è una ferita aperta. Una ferita che pulsa, che non smette di sanguinare e che continua a essere ricoperta da cerotti improvvisati, mentre cittadini, medici, infermieri e famiglie restano sospesi in un limbo di attese infinite, reparti dimezzati.
Nella sesta puntata di “30 minuti con…”, il format condotto da Paolo De Chiara e trasmesso su WordNews.it, è andato in scena un confronto diretto, senza anestesia: da una parte Lucio Pastore, ex primario del Pronto Soccorso di Isernia, voce storica della critica alla deriva del sistema sanitario pubblico; dall’altra Angelo Michele Iorio, oggi assessore regionale, già presidente della Regione Molise, figura centrale delle scelte politiche dell’ultimo ventennio.
In studio il nostro collaboratore Antonino Schilirò.
Una puntata intensa, che ha messo sul tavolo tre parole pesanti come macigni: commissariamento, debito, responsabilità.
L’introduzione del programma ha ricordato agli spettatori il filo rosso che lega tutte le puntate precedenti: dalle mafie alla politica deviata, dai misteri irrisolti ai testimoni di giustizia traditi. Un mosaico che porta sempre alla stessa domanda: chi tutela davvero i cittadini? E quando si parla di sanità pubblica, la domanda brucia ancora di più.
Sedici anni di commissariamento: un buco nero che nessuno vuole guardare
Iorio lo dice chiaramente:
“Il Molise non gestisce la sanità da oltre 15 anni. Il fondo è insufficiente”.
Pochi soldi per una regione piccola, ospedali chiusi, personale che manca, servizi ridotti all’osso.
Ma Pastore ribalta il tavolo:
“Come si fa a dire che i soldi sono pochi se non si sa dove vanno, come vengono spesi e da dove nasce il debito? Nessuno ha mai fatto un’analisi seria”.
Sedici anni di commissariamento e nessuno, né Stato né Regione, ha mai spiegato chiaramente l’origine di un debito che cresce mentre gli ospedali si svuotano. Una contraddizione così enorme da sembrare una barzelletta.
Ospedali chiusi, debito aumentato: la domanda vietata
Dopo tre ospedali chiusi, resta la domanda più semplice e più scomoda: se chiudere gli ospedali avrebbe dovuto ridurre la spesa perché il debito è aumentato?
La risposta non c’è. O meglio: c’è, ma nessuno la vuole pronunciare.
Per Pastore:
“È stata una scelta politica: destrutturare il pubblico per favorire il privato. Il Molise è un laboratorio sperimentale di privatizzazione”.
Iorio rispedisce al mittente:
“Non esiste nessuna privatizzazione selvaggia. I privati sono indispensabili”.
Due visioni opposte. Nel mezzo, i cittadini.
Pronto Soccorso allo stremo: turni massacranti, reparti fantasma
Pastore riporta la realtà:
“Lavoro ancora due volte a settimana nel PS. È un colabrodo. Reparti chiusi, ortopedia che non copre le 24 ore, ambulanze che trasferiscono pazienti come pacchi. È uno sfascio”.
Un’immagine che scava. Che fa male. Perché è l’immagine che ogni molisano riconosce.
Il privato convenzionato: il cavallo di Troia nella sanità pubblica
Uno dei passaggi più dirompenti del confronto:
“Il privato convenzionato prende soldi dallo stesso fondo del pubblico. Più cresce il privato, meno risorse restano agli ospedali pubblici”.
Una frattura che Pastore definisce “strutturale”, un meccanismo perverso che porta inevitabilmente alla privatizzazione.
Iorio ribatte:
“I privati erogano prestazioni che il pubblico non può fare”.
Ma Pastore non ci sta:
“Quelle prestazioni potevano essere nel pubblico. Non si è voluto”.
La politica non vede?
Pastore sgancia la bomba:
“La politica sa perfettamente che c’è uno sfascio. Non lo dice perché deve pilotare il passaggio dal pubblico al privato. È una volontà nazionale, trasversale. Destra e sinistra uguali”.
Un’accusa dura, netta, priva di diplomazia.
E i cittadini? Dove sono stati finora?
“I cittadini percepiscono il disagio, ma non arrivano a capire la responsabilità politica. Manca una cultura del bene comune. Manca una politica che difende il pubblico”.
La via d’uscita? Una rivoluzione culturale
“Servirebbero politici seri. E questa è la cosa più difficile”.
Conclusione: la sanità molisana è una grande metafora italiana
Questa puntata è stata più di un confronto: è stata una radiografia del Paese. Un Paese che parla di diritti mentre li smantella. Che chiude ospedali mentre aumenta la spesa militare. Che lascia i cittadini a scegliere tra attese infinite e privatizzazioni travestite da efficienza. È una storia che riguarda il Molise, certo.
Ma è anche la storia dell’Italia.
Una storia che dobbiamo smettere di subire e iniziare a raccontare.
“La gente si deve svegliare. Perché stanno bollendo la rana. Piano piano”.





