Il volumetto "Tre manifesti per la libertà" (edito da edizioni E/O nella collana "Assolo") contiene tre memorie difensive in cui Ahmet Altan, condannato lo scorso 7 gennaio in via definitiva a oltre 15 anni di carcere, si difende dalle accuse arbitrarie costruite contro di lui.
Lo scrittore turco, con uno stile chiaro, secco e conciso, smonta punto per punto lo scandaloso atto di accusa che lo ha portato in carcere e alla successiva condanna definitiva. Semplici sospetti, testimoni chiaramente corrotti e indottrinati, supposizioni e indizi del tutto vaghi e inconsistenti: tutta l'accusa dei magistrati turchi si regge su fondamenta senza sostegno. Senza alcuna prova "schiacciante" Altan è dunque accusato di aver offeso e denigrato il regime di Erdogan e di essere stato tra i fautori e sostenitori del fallito golpe in Turchia del 2016.
"Analizzando passo dopo passo il documento- ha scritto Altan– vi mostrerò la terribile malattia contratta dalla giustizia. Non lo farò in base all'ingenua convinzione che oggi in Turchia esista un sistema giudiziario sensato e indipendente. Sono ben consapevole che viviamo in un'era di vergogna e tirannia, in cui i detenuti rilasciati dal Tribunale vengono arrestati di nuovo non appena mettono piede fuori dall'aula, e sono altrettanto ben consapevole che io stesso, proprio mentre assisto al dispiegarsi dei suoi effetti, vengo messo sotto accusa da quella tirannia che per mano degli avvocati ha intrapreso un massacro della legalità".
Cosa successe dunque quella fatidica notte?
La sera del 15 luglio 2016, in Turchia, una fazione dissidente dell’esercito turco imbastì un tentativo di colpo di stato rapidamente soppresso dalle autorità fedeli ad Erdogan. In quella notte terribile di violenze e repressioni, in seguito al fallito colpo di Stato, centinaia di persone morirono e migliaia rimasero ferite. Ristabilita la situazione, il governo turco ha accusato Fethullah Gülen, religioso con sede negli Stati Uniti, e i suoi seguaci appartenenti al movimento "Organizzazione terrorista fethullahista" (FETÖ/PDY), di aver cospirato insieme ad un numero imprecisato di intellettuali turchi al fine di rovesciare il governo di Erdogan e prendere il potere. Il 20 luglio 2016 il governo Turco ha dichiarato lo stato di emergenza, durato due anni, e nei mesi successivi gli organi di governo preposti hanno condotto una capillare e massiccia repressione, colpendo giornalisti, scrittori, giudici e pubblici ministeri accusati di essere stati critici nei confronti del governo di Erdogan: in seguito a tale dura repressione molti di loro sono stati incarcerati e tra questi vi era anche Ahmet Altan.
Il volume si apre con una lettera aperta firmata da 51 premi Nobel nella quale gli stessi richiedono il rilascio di alcuni giornalisti e intellettuali incarcerati dal regime tirannico di Erdogan, nonchè il ristabilimento dello stato di diritto in Turchia. Un j'accuse potente, coraggioso, l'ultimo atto di una battaglia votata interamente alla libertà di pensiero e di espressione e al ripristino della democrazia e dello stato di diritto.Altan non difende solo se stesso e il proprio operato ma anche quello dei tanti accademici, professori ed intellettuali licenziati e quello degli oltre 160 giornalisti imprigionati, accusati a vario titolo di golpismo.
"Non c'è più libertà in questo paese, a parte quella del pubblico ministero di raccontare bugie."
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2020-06-09 12:53:03
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