L’installazione di Mariangela Calabrese è ispirata al XXXIII canto del Paradiso dantesco e racconta la ricerca del sacro tramite la dialettica dell’arte tra realtà e utopia, attraverso una rappresentazione indiretta fatta di accenni e frammenti allusivi, in dialogo con lo spazio che l’accoglie.
Seguendo la “via celeste” rappresentata da una lunga tela adagiata sul pavimento della Chiesa, e accompagnati da una serie di figure antropomorfe (immagini dell’intera umanità), i “visitatori” giungono infine all’altare, dove un trittico rappresenta con un’allegoria cromatica l’ascesa verso il Divino, meta finale di questo viaggio simbolico.
C’è un lavoro che più di altri sembra accogliere e risolvere la preferenzialità poetica di Mariangela Calabrese perché l’articolata “scrittura” dell’opera poggia su piani autonomi ma confinanti, in un sottile gioco di supposizioni, di riferimenti predati, di intervalli decodificati. Finanche la titolazione, “Trentatreesimocanto” è una sorta di offerta dovuta, percepita come viaggio introspettivo nei possibilismi di una verità celata. Verità storica, spirituale, intima. E come ogni verità, assediata dal dubbio.
L’opera segna il recupero di un pluralismo espressivo – e pertanto linguistico – assai caro a Mariangela Calabrese, ovvero quella “dimensione aperta” in cui l’artista rimescola le carte del suo personale sillabario covando, nello spazio, l’equilibrata ed efficace mistura di simboli e artifici. L’opera sembra snodarsi in un formulario comunque strutturato tra piani, volumi, identità tonali, indizi di memoria, prospettive di luce. Come ci fosse una sorta di solidarietà incalzante tra l’autrice e gli “strumenti del dire”. Senza privilegio alcuno nei rapporti di forza – materia, trasparenze, sguardi – piuttosto spogliando ogni disciplina della propria identità narrativa per ricomporle tutte in una sorta di recuperato “cortile” dove l’uso/abuso della scrittura suggerisce una inedita visione.
E’ in quello spirito di costruzione culturale – nell’intimo palinsesto di Mariangela Calabrese – che il “Trentatreesimo canto” si delinea come percorso capace di integrare, accogliere e mediare l’apparente intransigenza di ogni modello espressivo. E’ allora che le sagome scultoree si fanno interlocutori tonali e lo spazio alveo di umori e residenza di un ininterrotto incedere. E’ allora che le cromie dell’oro, della biacca e del lapislazzuli si fanno cielo di intenti e di stupore.
Trentatreesimocanto di Mariangela Calabrese – Chiesa di San Severo al Pendino, Via Duomo 286, Napoli – dal 17 al 28 settembre – a cura del Comune di Napoli, dell’Associazione Connessioni Culture Contemporanee, di ad Arte in Dimora DISCOVERY OF URBAN SITES – Direzione artistica Giovanni Mangiacapra – testi critici Marcello Carlino, Rocco Zani.
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2020-09-10 19:14:57
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