Negli ultimi anni ci sono state diverse riforme sulla giustizia. Partiamo dall’inizio, dalla riforma Cartabia, riforma della quale stiamo iniziando a subire gli effetti. In che cosa consiste e che effetti ha riversato nel mondo giudiziario?
Parlo del settore penale di cui ho cognizione teorica e pratica. In questo campo, per sommi capi, il legislatore ha voluto rivedere i termini di durata massima delle indagini preliminari, si è cercato di valorizzare il ruolo deflattivo dei riti alternativi e di predisporre maggiori filtri per la celebrazione dei processi. Si è inciso anche sul sistema dell’esecuzione penale. Nella sostanza, gli intenti di chi ha riformato non credo attualmente siano stati raggiunti. Non mi piace la trasformazione di alcuni reati procedibili d’ufficio che ora potranno essere perseguiti soltanto mediante presentazione di querela. Un altro aspetto criticabile è quello che estende le misure alternative a un grandissimo numero di detenuti, con il pericolo che tutto questo si traduca in scarcerazioni di massa. Quando si modifica il sistema penale ritengo si debba riformare complessivamente e non a macchia di leopardo. Ad oggi, purtroppo, non vedo ancora chi voglia dibattere e ragionare su una riforma complessiva del sistema penale italiano.
Il 29 maggio di quest’anno, invece, è stata approvata in CdM la riforma della giustizia. Si parla di separazione delle carriere, di nascita di un nuovo CSM, oltre a quello già esistente e di Alta Corte disciplinare sui magistrati. Addirittura, si dice che sarà la fine della mala-magistratura. A cosa serve, concretamente, questa riforma? In tal contesto è stato citato diverse volte Giovanni Falcone e si parla di realtà che volevano Berlusconi, Craxi e per ultimo Licio Gelli con la P2… Cosa ne pensa in merito?
Anche in questo caso dobbiamo fare chiarezza sugli intenti concreti di una riforma. Riformare vuol dire migliorare l’esistente. Il settore giustizia attualmente vive una crisi senza precedenti nella storia repubblicana. Separare le carriere non è un monstrum se il contesto è il processo accusatorio che vige attualmente. Il pubblico ministero nel nostro sistema processuale penale è parte. Per cui l’eventuale separazione delle carriere non mi preoccupa. Sul ruolo del CSM ritengo che si debba ancora agire per renderlo realmente un organo di autogoverno fondato sul merito e sulla imparzialità. Sono favorevole al sorteggio per l’assegnazione degli incarichi direttivi. Renderei il sistema elettivo su base distrettuale e non nazionale. Sull’Alta Corte che dovrebbe giudicare i magistrati avrei optato per una composizione diversa magari fatta da giudici costituzionali e amministrativi. Sul nome di Giovanni Falcone non mi pronuncio per non correre alcun rischio di strumentalizzazione. Basta tuttavia leggere i suoi scritti per comprendere bene quale fosse il suo pensiero in merito. Quello che volevano Berlusconi, Craxi e Gelli è una distorsione del sistema giustizia che credo potrebbe presentarsi anche in questa riforma.
Andiamo al DdL Nordio, approvato in Senato prima e alla Camera poi e partiamo proprio dall’abolizione dell’abuso d’ufficio. Abolendo l’abuso d’ufficio, per alcuni addirittura era la paura della firma per gli amministratori, che cosa succede?
Non sono assolutamente d’accordo con la sua abrogazione. La ritengo intrisa di incostituzionalità e in violazione palese di accordi assunti in ambito europeo. Il delitto de quo andava riformato e reso maggiormente compatibile con il principio costituzionale di legalità e nel caso di specie con la tassatività e la determinatezza di cui necessitano le norme incriminatrici. Occorreva semplicemente una migliore descrizione normativa e una più congrua applicabilità ai casi concreti. Si è preferito abrogare. Vedremo gli effetti deleteri molto presto. Il primo è sicuramente la chiusura dei processi in corso per abuso d’ufficio dovendosi applicare in materia penale la legge più favorevole al reo.
Altro punto cardine è la limitazione delle intercettazioni… che ne pensa?
Le intercettazioni sono un mezzo di ricerca della prova tra i più fruttuosi in ambito investigativo. Ridurle o ridimensionarle è assolutamente un gravissimo errore, soprattutto per quei reati di grande allarme sociale quali la corruzione, i delitti di mafia, di terrorismo e quelli economico-finanziari. Più che toccare il settore delle intercettazioni, mi concentrerei sul segreto istruttorio che a oggi è semplicemente un obbligo soltanto sulla carta, giacché è violato molto spesso, per non dire sempre.
Andiamo alle misure cautelari. Verrà introdotto un organo collegiale, formato da tre giudici, per l’adozione della custodia cautelare invece del giudice monocratico, al quale era affidato fino ad ora. Il giudice, inoltre, prima di disporre una misura cautelare, dovrà interrogare l’indagato previo deposito degli atti, in modo da consentire la difesa preventiva. Non c’è il pericolo di fuga da parte dell’indagato, visto che verrà informato prima delle indagini, e un dispendio inutile di risorse e tempi che riguarda il nuovo organo?
La parte in cui si dice che prima di arrestare un indagato servirà procedere al suo interrogatorio presenta un equivoco di fondo. L’indagato andrà avvisato “almeno cinque giorni prima”, tranne nei casi in cui “il giudice ritenga di abbreviare il termine, purché sia lasciato il tempo necessario per comparire”. La regola dell’interrogatorio preventivo non si applica in caso di pericolo di fuga o inquinamento delle prove, ma anche quando c’è il rischio di reiterazione dei reati più gravi (mafia, terrorismo, violenze sessuali, stalking) o quelli commessi con l’uso delle armi. Nella nuova norma sono tenuti fuori i delitti di colletti bianchi, cosa assolutamente non condivisibile sia sotto il profilo della prevenzione generale sia speciale. Se fosse stata in vigore anni fa avremmo dovuto chiamare Mario Chiesa e avvertirlo che avremmo voluto arrestarlo? Non concordo neanche che sulle misure cautelari non sarà più il giudice monocratico a decidere ma quello collegiale. Sicuramente gli uffici giudiziari più piccoli o quelli con rilevanti carenze di organico avranno grosse difficoltà di attuazione pratica. Si rischia il blocco in base alle norme sulle incompatibilità. Condivido invece il divieto di pubblicazione dei dialoghi che non siano stati riprodotti “dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzati nel corso del dibattimento”.
È giusto limitare di proporre l’appello del pubblico ministero contro le sentenze assolutorie di primo grado?
Norma equivoca sulla quale si era già espressa la Corte Costituzionale, quando si trattava di inappellabilità di tutte le sentenze di assoluzione da parte del pubblico ministero. La norma fu dichiarata costituzionalmente illegittima, perché in contrasto con il principio del giusto processo, ex art. 111 Cost., nella parte in cui vietava al pubblico ministero di appellare le sentenze di proscioglimento. L’alterazione del trattamento paritario dei contendenti, indotta dalla norma in esame, infatti, non può essere giustificata, in termini di adeguatezza e proporzionalità, sulla base delle rationes che, alla stregua dei lavori parlamentari, si collocano alla radice della riforma. Vedremo presto cosa dirà la Corte Costituzionale anche su questa nuova modifica normativa.
Per cercare di salvarsi la faccia con il DdL carceri è stata reintrodotta la vecchia fattispecie di reato del “peculato per distrazione”. Può realmente andare a sostituire l’abuso d’ufficio?
Assolutamente no! Come ebbe a osservare la Consulta, fin dalla sentenza n. 448/1991, l’abolizione del peculato per distrazione non ha significato la decriminalizzazione di tutte le condotte ivi ricomprese, dato che molte di esse rientravano proprio nel delitto di abuso d’ufficio che però ora non esiste più. L’abuso di ufficio era un reato spia, sia per il sistema criminale che coinvolge la corruzione, sia per quello relativo alle infiltrazioni mafiose. Come ho già detto più volte la sua abrogazione porterà gli inquirenti a contestare i delitti di corruzione e, di fatto, ritroveremo amministratori pubblici che dovranno rispondere di un delitto più grave. Al danno si aggiunge la beffa.
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