Nel 2024, alcune Regioni provano a cambiare passo. Dopo anni di spot roboanti e storytelling patinato, prende piede un nuovo approccio: la narrazione locale dei fondi europei. Più vicina, più concreta, più umana. In una parola: più credibile.
Sotto lo slogan “Qui l’Europa c’è”, compaiono murales nelle periferie urbane, podcast registrati nei quartieri, progetti raccontati da chi li vive. L’idea è chiara: rendere visibile l’Europa nei luoghi reali. Abbandonare l’astrazione e parlare il linguaggio delle comunità.
In Emilia-Romagna, un ciclo di incontri itineranti “Raccontare l’Europa sotto casa” porta i progetti UE nei centri civici e nelle biblioteche. In Toscana, un progetto finanziato con il FESR dà voce a rifugiati e operatori sociali attraverso una webserie girata nei centri SPRAR. In Trentino, uno “sportello mobile” attraversa le valli per spiegare bandi e opportunità a chi vive in aree interne.
Non è solo comunicazione: è riappropriazione di senso, è coesione concreta.
Ma non ovunque il vento è cambiato. In molte Regioni del Mezzogiorno la comunicazione resta burocratica, verticale, spesso inesistente. I siti regionali sono ancora deserti digitali. Le campagne, quando ci sono, si riducono a cartelloni stradali e pagine stampa autoreferenziali.
Il divario Nord-Sud nella capacità di comunicare i fondi si allarga, riflettendo un problema strutturale: mancanza di competenze, visione e volontà politica.
Nel frattempo, i fondi 2021-2027 avanzano. Ma senza una comunicazione efficace, inclusiva e trasparente, restano invisibili. E se un progetto non viene conosciuto, non viene né monitorato né difeso. È come non esistesse.
La Commissione UE continua a raccomandare agli Stati membri campagne basate su accountability, feedback e partecipazione. Ma l’Italia resta indietro, in molti casi ancora senza indicatori di impatto, senza consultazioni pubbliche, senza trasparenza sui criteri di selezione.
“Qui l’Europa c’è” non può essere solo uno slogan: deve essere una responsabilità condivisa. Comunicare i fondi europei non significa solo dire dove finiscono i soldi, ma costruire fiducia, consapevolezza e protagonismo civico.
Perché se l’Europa esiste solo nei cartelloni, nessuno la sentirà propria. Ma se la trovi sotto casa, se ne parli al mercato o in biblioteca, se ne vedi i risultati e conosci i nomi… allora sì: l’Europa c’è. E ci riguarda.